Luce
«Dimmelo»
«No»
«Dio, sei così irritante»
«Dimmi qualcosa che non so»
«Ora ti dirò qualcosa che non so e che voglio sapere: il suo nome»
«Avresti potuto prestargli più attenzione mentre parlava»
«Di solito non ascolto persone che non hanno il mio cognome»
«Arrangiati, Luce»E Adriel sparì, entrando nella porta dell'edificio universitario. Io rimasi lì, a fissare il mio riflesso, con il petto gonfio di collera e le guance arrossate dalla rabbia.
Lo avevo atteso per un'ora e mezza fuori dall'ala di Lettere, ma lui non mi aveva nemmeno guardato in faccia.
Forse ce l'aveva ancora con me? Non potevamo definirci amici, forse al massimo conoscenti. Credo. Ma lì si conoscevano tutti come le proprie unghie dei piedi ed ero sicura che avesse la risposta, ma non seppi perché non volle darmela.Avevo finito le mie lezioni e Diego era scappato via. Si era iscritto al club del libro. Qualcosa mi fece sospettare del fatto che lo avesse fatto perché lo teneva Dakota Tempest. Scacciai l'idea con un cenno della mano o avrei rischiato di vomitarmi sulle calze di Gucci.
Mi andai così a rintanare nella mia camera. Come previsto, il letto di Dakota era vuoto poiché si trovava al club del libro. Ma, con mia grande sfortuna, Piper era seduta a gambe incrociate, con i piedi nudi e sporchi di terreno e una spiga incastrata tra i denti. Mi bloccai sull'uscio della porta. Lei mi guardò di sbieco, sbuffò e riportò gli occhi sul libro.
Avanzai piano, sedendomi sul letto disfatto per metà. Non ero in grado di rifarmelo. Quelle erano le prime volte. Di solito ci pensava Cordelia, la cameriera di famiglia. Solo lei aveva il diritto di entrare nelle nostre camere, era una cosa più intima. Quando aprii il comodino per riporre i libri che avevo in mano, una chitarra attirò la mia attenzione. Se ne stava lì, appoggiata alla parete, con una corda saltata e qualche scheggia conficcata. Storsi le labbra, ma non troppo. Trovavo qualcosa di familiare in tutto quell'incubo.
Mi accovacciai alla sua altezza. La sfiorai con i polpastrelli, senza rendermene conto.
«Ehi, ma che fai?» sentii sbraitare alle mie spalle. La chitarra sparì, venendo sollevata in alto. Sobbalzai appena e mi tirai su, voltandomi e trovandomi di fronte una Piper furente.
«È tua?» i miei occhi erano incollati su quello strumento.
«Fatti gli affari tuoi, principessa» ringhiò, riponendola sul suo letto. Non riuscivo a staccare il mio sguardo da quel legno lucido. Mi attirava come una falena alla luce di una fioca lampadina. Le mie dita fremevano di toccare quelle corde. Sentire qualcosa che sapesse di casa, che mi estraniasse da tutto.
Mi sedetti sul mio letto. Piper faceva avanti e indietro dal bagno. Si stava... preparando? Acconciava i capelli nelle sue solite trecce castane e stava infilando una camicia a quadri su di una canottiera bianca.
«Suoni in una banda? Nel coro?» tentai. Per la prima volta, ero incerta mentre parlavo con loro. Volevo delle informazioni e non me ne sentivo all'altezza e quella verità mi bruciava dentro come un fuoco ardente.
Piper scoppiò a ridere, gettando la testa all'indietro.
Si calmò sotto ai miei occhi interrogativi.«È solo il club di musica. Ci stiamo preparando per la Festa della Brughiera» spiegò in maniera annoiata, mentre si specchiava con uno strano interesse.
Mi cinsi le mani in grembo.
«E cos'altro suonate, al club? Violoncello? Flauto dolce? Clarinetto? Arpa? Corno francese?»Piper si voltò verso di me con uno scatto. Mi fissò come se fossi un alieno.
«Io non so che concezione di musica tu abbia, ma non esistono solo gli spettacoli di musica classica che vai a guardare alla Scala di Milano» roteò gli occhi al cielo, «al club suoniamo solo la chitarra, il banjo e la fisarmonica».
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CUPID IS A LIAR
Romance«È un affare italiano, Scintilla» Nel cuore tormentato di un amore che non osava confessarsi, si annidavano segreti che bruciavano come braci ardenti e bugie che diventavano sussurri avvelenati, intrappolando i loro cuori in un vortice di desiderio...