XXX - Miao

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Luce

Gli occhi fissavano la scena con un misto di curiosità e preoccupazione. Ricordavo vividamente le ferite, sia fisiche che emotive, che la madre aveva inflitto a quel bambino che non avevo mai potuto vedere prima di ora.

Vedevo i suoi occhi verdi ed erano identici a quelli di Adriel, tanto da farmi rabbrividire.

C'era una complessa mescolanza di pietà, rabbia repressa e incredulità nel vedere la donna che gli aveva causato tanto dolore riapparire nella sua vita. La sua mente si intrecciava tra il desiderio di comprensione e la difficoltà nel perdonare, poiché i ricordi delle notti insonni in cui il ragazzo cercava rifugio e consolazione la assalivano.

Avvertivo la tensione nell'aria mentre le emozioni si scontravano. La speranza di una riconciliazione si scontrava con la realtà cruda del passato, creando un groppo di sentimenti contrastanti.

Mi ritrovai a navigare tra la delusione e l'incertezza, cercando di capire come tutto ciò avrebbe influito sul futuro del ragazzo al mio fianco, che fino a qualche mese fa era uno sconosciuto, ma poi era piombato nella mia vita, stravolgendola.

Non riuscivo a guardare quella donna dall'aspetto rovinoso senza pensare che Adriel avesse sofferto per lei. Era una cosa che non le avrei mai perdonato e, mentre scopriva i denti gialli e spezzati, si voltò verso di me.

Sorrideva, ma mi metteva disagio. Allo stesso tempo, parlava con voce flebile, spezzata, come se avesse paura del mondo. Era talmente gracile e malmessa che un soffio di vento avrebbe potuto lanciarla dall'altro lato del paese. Mi porse la mano, timida. Fissai la sua pelle graffiata e macchiata di sudiciume. Presi un respiro profondo, riempiendomi i polmoni.

Poi, avvertii la presenza di Adriel al mio fianco, il suo naso tra i miei capelli, mi sfiorava l'orecchio e il suo profumo mi stordiva.

«Non sei obbligata» sussurrò.

Cosa aveva capito? Io volevo che mi raccontasse i suoi mostri e sconfiggerli con lui.

Mi aprii in un fervido sorriso, agganciai la sua mano in una presa ferrea e decisa.
«Molto piacere, sono Luce De Angelis»

Alla donna, brillarono gli occhi.
«Europea» sussurrò, con la voce gracchiante.

«Italiana» precisai in maniera dolce. Mi faceva tenerezza, ma poi avvertii Adriel al mio fianco, rigido come un pezzo di ghiaccio. Mi ricordai che quella era la stessa donna che aveva ammazzato suo padre e tornai a stringere le labbra in una linea sottile.

Ma Louise tornò a fissare suo figlio. Lo guardava come un adone greco, sconvolta e spiazzata che fosse uscito proprio da lei. Immaginai che non lo vedesse da quindici anni, che non potesse neanche lontanamente immaginare che fosse diventato così.

Chissà com'era quando era solo un bambino e quando ancora credeva che la mamma non potesse fargli del male.

Invece lui guardava dritto di fronte a sé, bloccato in un luogo che non potevo raggiungere.

«Sei cresciuto» mormorò la donna.

Adriel si schiarì la voce, «Sono passati quindici anni» precisò con tono piccato.

La donna mi guardò, come a cercare un appiglio. Non glielo diedi, lei parve indietreggiare.

«La buona condotta e la diagnosi psichiatrica mi hanno permesso di tornare a casa solo ora» sussurrò, in maniera flebile.

«Gli assassini meritano l'ergastolo»

Inghiottii una palla di saliva grande quando una casa.

I miei occhi e quelli della donna si scontrarono, un paio feriti, l'altro paio spaventati.
Agguantai un braccio di Adriel e lo tirai qualche passo indietro, rivolgendo un sorriso di scuse a Louise.

CUPID IS A LIAR Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora