Capitolo 3

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Ci sono le nuvole e minaccia pioggia.

Me ne frego altamente ed esco di casa senza ombrello.

Cammino per tutta la città alla ricerca di un posto dove stare sola per il resto della mia giornata.

Quando trovo un prato, mi sdraio sull'erba e fisso il cielo grigio.

Ed ecco che mi torna in mente il fatto che Hades non risponde ai miei messaggi da forse più di un mese. Va bene, forse gliene ho mandati troppi, fatto sta che non mi ha mai risposto.

Sta male? Ha cambiato telefono? Mi odia? Pensa che io sia una rompipalle? Che cazzo succede?! Vi prego spiegatemelo!

Sono tornata alla mia solitudine. Cretina io che per una volta ho sperato nel bene.

Ma che cazzo di vita è?! Spiegatemelo!

Mi siedo, magari così mi circola meglio il sangue in testa e così la smetto di pensare a tutto questo.

Contemplo i fili d'erba e poi decido di andare via da questo posto che porta solo ricordi.

Mi alzo. Noto degli uccelli che volano sopra la mia testa. Allora mi ricordo di... No, Alex, no. Niente ricordi, ok?!

Qualche metro più in là, noto un ragazzo... Sembra... No, sto sparando robe a caso... O forse no...

Gli corro incontro. Se non è lui faccio una figura di merda ma fa lo stesso. Lo abbraccio come se non lo vedessi da mesi (il che è vero).

È... È davvero lui! E... sta in piedi!

«Ora mi sento davvero bassa...» è l'unica cosa che riesco a dire.

Scoppiamo in una risata.

«Allora...» faccio.

«Scusami se non ho risposto ai messaggi è che sono andato via per un mese e mi sono dimenticato il telefono a casa...» mi risponde Hades.

«E adesso...»

«Sto in piedi...»

Sorrido timidamente chinando la testa e cerco di sottrarmi da quell'abbraccio che sta durando ore e che mi rende nervosa e imbarazzata. Hades sembra non volersi sottrarre a quell'abbraccio, cosa che non vorrei fare neanche io, da una parte, ma... particolari.

Inizia a diluviare e anche forte e fitto, possibile?! Perché la pioggia è così puntualmente rompipalle?!

«Teoricamente se non ci volessimo...» faccio.

Corriamo fino al primo posto coperto, ovvero la pensilina della fermata dell'autobus.

Io ho i capelli spalmati in faccia peggio del cugino Itt, la maglia a pois giganti per la pioggia, le scarpe e i calzini mizzi.

Lui bagnato quanto me, con la maglia bianca praticamente trasparente e i capelli spiaccicati in faccia (soltanto che lui non sembra il cugino Itt).

Ok, forse mi metto a fissarlo un po' troppo perché mi guarda con aria interrogativa.

«Che c'è?» mi chiede.

«Cosa?» dico riemergendo dai miei pensieri.

«Niente, niente.»

Sorride e fissa il cemento.

E poi quella strana sono io.

Va bene, anche io ogni tanto fisso il vuoto e sorrido...

Ma perché in lui devo trovare sempre qualcosa che ricorda me stessa? Come cavolo è possibile?

Appena finisce di piovere, lo riaccompagno a casa (da vera gentlewoman).

Appena davanti al portone mi fa:

«Non ti invito a salire in casa solo perché mia madre ci farebbe il terzo grado.»

Una vecchietta (volevo dire "un'anziana") esce dal portone e ci sorride.

«Spero solo che in questo palazzo non girino voci...» faccio.

«Spero che quella vecchietta non incontri mia madre...» mi risponde.

«Siamo messi male...»

«Sono pronto al terzo grado... Dimmi addio...»

Ci mettiamo a ridere entrambi.

Tutti e due aspettiamo almeno un minuto prima di dire contemporaneamente:

«Ciao.»

Tornata a casa, mi sdraio sul letto.

Com'è possibile che ci assomigliamo tanto e allo stesso tempo siamo diversi?

Lui ha una forza di volontà tale da riuscire a tornare in piedi, io è già tanto se riesco ad alzarmi dal letto...

Tanto uguali e tanto diversi...

Il mio δαίμωνDove le storie prendono vita. Scoprilo ora