Capitolo 4

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Le gocce di pioggia scivolano sulle foglie, inclinandole al loro passaggio.

La pioggia è da ore che continua a battere sul cemento. Chi è il cretino che ha deciso così?!

Mi alzo con lo stomaco in subbuglio per la fame.

I miei non sono in casa, il che è strano essendo domenica. Li chiamo ma nessuno risponde. Passano ore e di loro nessuna traccia. Li richiamo per la trecentoventiquattromillesima volta: telefono non raggiungibile.

Esco di casa e stramaledettamente mi maledico per non aver preso l'ombrello (che poi non so neanche dove è).

Giro per la città.

I negozi sono chiusi, non ci sono né macchine in giro, né parcheggiate, non c'è nessuno per strada, sui balconi o chissà dove.

Vado a trovare mia nonna, tanto non ho niente da fare e almeno non sto sotto la pioggia rischiando di prendere il raffreddore (quanto lo odio).

La porta è aperta.

«Nonna!» chiamo.

Nessuna risposta.

Entro in casa e perlustro ogni angolo ma di mia nonna nessuna traccia.

Ora inizio a preoccuparmi.

Giro per la città, corro sul marciapiede, attraverso senza aspettare il verde (le strade sono deserte, non c'è neanche una macchina parcheggiata)...

Non c'è traccia di nessuno.

Papà, mamma, nonna, nonno, zii, cugini...

Qualcuno mi spiega che sta accadendo?!

Mi siedo sulla prima panchina che capita.

Mi passo le mani tra i capelli e sospiro. Poggio i gomiti sulle ginocchia e le mani in viso. Mi rendo conto che sto tremando. Alex, cazzo, calmati!

Prendo il telefono in mano (è già tanto se non cade da quanto mi tremano le mani) e cerco qualcuno da poter contattare...

Hades!

Buup, buuup, buup...

«Cazzo rispondi!» impreco ad alta voce.

Buuup, buup, buuup...

«Pronto?» chiede.

«Almeno tu mi hai risposto...» faccio con voce tremante.

«Che succede?» fa, allarmato dalla mia voce.

«Nessuno mi risponde al telefono... I negozi sono chiusi... Le case deserte... In strada non c'è manco na macchina... Aiuto...»

«Dimmi dove sei»

«Ti raggiungo io, non ce la faccio a stare ferma qui, ho bisogno di correre...»

«Sono a casa. Ti aspetto davanti al portone.»

«Arrivo...»

Chiudo la telefonata tutta tremante e corro sotto l'acquazzone verso casa di Hades.

Ho i capelli spalmati meravigliosamente in faccia, gli occhiali con le gocce di pioggia (se li levo è molto probabile che mi schianto contro un palo da quanto sono talpa), sono fradicia e ho male alla milza... o allo stomaco... non lo so. Per di più ho la resistenza fatta alla cazzo...

Mi fermo mezzo secondo per riprendere fiato e poi riparto di corsa.

Arrivo e vedo Hades. Gli corro incontro e lo abbraccio.

«Che succede?» mi chiede spostandomi i capelli appiccicati alla fronte.

«Non lo so... Non lo so...» gli rispondo.

«Vieni dentro.»

Come dico sempre io: gli abbracci risolvono tutto. Un po' mi sono calmata.

Prendiamo l'ascensore. Fisso le luci bianche sopra la mia testa. Si aprono le porte.

«Vieni.» mi fa Hades.

Lo seguo fino dentro casa.

«Che bella casa...» faccio.

«Grazie.» risponde.

Guardo in giro per il salotto, curiosa.

«Mi hai bagnato, pulcino fradicio.» mi fa e si leva la maglia.

Ok, imbarazzante.

«Vado a prenderti qualcosa prima che ti ammali... e io mi vado a cambiare.» dice.

Aspetto lì, mentre guardo curiosamente la stanza: le foto, i mobili...

«Alex...» mi fa Hades spuntato da chissà dove.

«Mh» faccio girandomi verso di lui.

«Tieni»

Mi dà in mano una felpa gigante (amo le felpe giganti).

«Dov'è il bagno?» domando.

Mi dà le indicazioni e poi mi ci chiudo dentro.

Mi cambio. Quanto amo sta felpa! È così calda!

Torno i salotto, dove c'è Hades con due tazze di cioccolata calda in mano. Ci sediamo sul divano e gli racconto tutto.

«È strano...» dice quando finisco di raccontare.

«Che facciamo?» domando.

«Aspettare, credo.»

Anche le sue piccole insicurezze si fanno vedere ed è evidente che neanche lui sa bene cosa fare, cosa aspettare...

«Sei un pulcino fradicio con i baffi.» mi fa il ragazzo accanto a me ridendo.

Lo guardo con aria interrogativa.

Mi porge un tovagliolo.

Mi metto a ridere e mi pulisco dai baffi di cioccolata.

Sulla finestra continuano a sbattere piccole gocce di pioggia.

«Ma perché solo noi?» chiedo.

«Non lo so...» mi risponde.

«Che succederà?»

«Si sistemerà tutto, pulcino fradicio con i baffi...»

Mi abbraccia.

Cerco un piccolo posticino sul suo petto, per sentirmi sicura fra le sue braccia calde, mentre tutto il resto è ignoto.


Ps: Spero vi piaccia. Commentate e votate, eh! :P

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