Capitolo 15

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Sono passate delle settimane da tutto quel...

Hades sta bene, io sto bene.

Non ho scoperto cos'è successo quel giorno in ospedale (quando Hades è corso fuori dalla mia stanza gridando) e nessuno me lo vuole dire.

Vado a fare una passeggiata, lontano.

Ho bisogno di andare a quel parco, il parco dove ho chiesto a Hades cosa vedesse in cielo e lui mi ha risposto "un uccello che vola e la mia vita".

L'erba è ancora così, come me la ricordavo.

«Anche tu qui?» mi fa una voce vicina.

Mi giro e vedo Hades.

«Com'è andata la vacanza?» gli domando.

«Benissimo, grazie. Tu?» mi fa.

«Diciamo di sì.»

«Non credere che sia stato facile per me.»

«Cosa intendi?»

«Chi ha orecchie per intendere, intenda.»

Avevo pensato subito al significato, ma l'avevo lasciato perdere perché ora ho ancora troppo in testa e non voglio...

«E gli altri in camper.» gli rispondo.

«Vedo che l'umorismo non ti manca, Rosita.» mi fa.

«Basta Rosita e Banderas per un po'. Ti prego.»

Inutile dire che quel periodo d'inferno ha lasciato tracce e ferite che hanno solo la crosta e non si sono rimarginate.

«Ho ancora tutto quello che è successo per la testa.» gli faccio.

«E vuoi dimenticare.» mi dice.

«Questo è certo.»

«Ma almeno ricordati che c'è stato un periodo della tua vita in cui hai preso coraggio e hai affrontato le cose di petto.»

«Vuoi dire che tutto quel coraggio l'ho perso?!»

«Voglio dire che prima ti liberi di quei ricordi e meglio stai!»

«E chi ti ha detto che non sto cercando di farlo?!»

«Ne parleresti allora!»

«Ho un problema, ok?! Ti devo per forza dire tutto?! E non ne voglio parlare perché fa troppo male, ok?!»

«Hai iniziato ad affrontare le cose di petto e ora sei tornata al punto di partenza!»

«Posso prendermi del tempo?! Ho un problema e sto cercando di risolverlo! Non ci vogliono due minuti per risistemare le cose!»

È ormai da un po' che stiamo urlando e la gente inizia a guardarci.

«Ciao Hades.» faccio mentre gli do le spalle e vado verso casa.

Non ricevo nessuna risposta e questo può solo significare che è finita, qualsiasi cosa fosse iniziata, ora è finita.

Mi sdraio sul letto.

È da tanto che ho questo problema, da un bel po' di anni. Ho sempre fatto difficoltà a parlare delle mie cose agli altri; i ricordi dolorosi sono stati quelli impossibili da abbattere, li ho sempre tenuti per me e non li ho mai dati a vedere, preferisco sfogarli piangendo da sola.

Piangerò come na fontana, anche di fronte agli altri, ma davanti a terzi, mi sono sempre sentita imbarazzata. Che c'è di male a piangere? Niente, almeno credo, ma è una cosa che non riesco ad affrontare. Sì, va bene, davanti a Hades ho pianto, ma non mi sono mai sentita libera di farlo e senza preoccupazioni.

I miei problemi, ho cercato di tenerli per me, praticamente sempre.

Ecco perché mi fa male stare sdraiata sul letto ed ecco perché mi fa male pensare. Parto con la testa e non mi ferma più nessuno. Spesso parlo di un argomento e mi ritrovo a parlare d'altro dopo cinque minuti.

Sono passate tre ore e non riesco a non pensare al litigio tra Hades e me. Mi sento... L'unica persona che finalmente... se ne è andato, beh, lo fatto andare via io.

Spero solo che capisca come mi sento perché io non ho intenzione di scusarmi con lui. Non credo di aver detto cose sbagliate, ho solo urlato, ma quello era perché ero incazzata.

Solo la musica riesce a non farmi pensare.

Come se fosse stato il destino, potrebbe benissimo essere stato lui se ci si credesse, appena accendo la radio, parte una delle mie canzone preferite.

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