Il messaggio.

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"El revolucionario cree en el hombre,

en los seres humanos.

Quien no cree en el ser humano,

no es revolucionario."


"Il rivoluzionario crede nell'uomo,

negli esseri umani.

Chi non crede nell'essere umano,

non è rivoluzionario."





«Comandante.»

Fidel alzò la testa, il mento e le guance ancora bianche di schiuma e le palpebre socchiuse di chi non dorme da giorni. Abbassò la lametta e si scostò dal piccolo specchio incollato sulla trave del capannone. «Cienfuegos. Già sveglio così presto?»

Il tenente restò per un secondo sull'uscio semiaperto, impacciato come un ragazzino. Non sapeva cosa rispondere, ma rimase comunque con la bocca aperta a mezz'aria e un'espressione confusa sul viso.

Fidel tornò di fronte allo specchio. «Entra, avanti, non stare lì sulla porta.» Notando lo sguardo spaesato di Cienfuegos riflesso davanti ai suoi occhi, aggiunse, qualche secondo dopo: «C'è del caffè in cucina.»

Cienfuegos camminò goffo fino all'altra stanzetta e si servì senza fare complimenti.

Fidel sentì il rumore del fucile che sbatteva contro le fragili pareti di compensato, e non poté fare a meno di sorridere. Per un guerrillero, abituato per anni a vivere nella foresta, era difficile tornare a muoversi dentro una gabbia di legno e di vetro.

Ma non c'era tempo per ragionare: doveva sbrigarsi, ed era già in ritardo. Fin'ora aveva potuto prendersela comoda soltanto perché la guerra sembrava essere finita, ma c'erano ancora così tante faccende da portare a termine che spesso Fidel ne perdeva il conto e pure la consapevolezza.

Si era svegliato prima del solito per radersi la barba – sarebbe stata la prima volta in quasi otto anni –, ma Cienfuegos, con la sua aria stralunata, gliene aveva già fatto passare la voglia.

Sbuffando, Fidel agguantò l'asciugamano e si ripulì la faccia, prima di gettare furibondo lo straccio nell'armadio con le ante scardinate e tornare di fronte a Cienfuegos. Non era il giorno giusto, evidentemente.

In quella specie di sgabuzzino che fungeva da cucina, il tenente aveva già provveduto a riempire la sua tazza con un'abbondante dose di caffè nero fumante.

«Notizie da Ernesto?» domandò Fidel.

Cienfuegos inghiottì nervoso e fece segno al comandante di guardarsi la barba.

«Oh, ora non ho più tempo per lavarmi.» Fidel si passò di fretta la manica sul mento per togliere gli ultimi residui di schiuma. «Allora. Cosa sei venuto a dirmi?»

Cienfuegos estrasse una grossa tabacchiera di metallo dal taschino della divisa e l'allungò al comandante. «Da parte del colonnello.»

Fidel sapeva già cosa aspettarsi, e ringraziò mentalmente il suo mentore.

Altri sigari, grazie a Dio. Poteva già quasi avvertirne l'odore solleticargli le narici.

Impaziente, aprì subito la tabacchiera, ma quello che vi trovò dentro non assomigliava né ad un sigaro né ad un qualche altro genere di conforto.

Un biglietto.

Era un biglietto telegrafato.

Fidel spostò gli occhi dal messaggio e li puntò dritti sul tenente. «Te l'ha dato lui?»

Cienfuegos annuì, mentre finiva di vuotare la tazza.

«E ti ha detto qualcosa?» chiese Fidel.

«Solo di fartelo leggere, comandante.»

Fidel srotolò il biglietto. Nella sua piena lunghezza, misurava all'incirca una spanna. Le lettere erano scritte così piccole che Fidel dovette praticamente appiccare gli occhi alla carta.


"Catturato traditore. Stop. Pericoloso tenerlo vivo. Stop.

Venire immediatamente. Stop. Ritrovo ad Arroyo Naranjo. Stop.

Portare squadra. Stop. Hasta la victoria siempre. Stop."


Fidel sorrise, nel leggere la formula di congedo. Ogni volta che quella frase veniva trascritta sui messaggi in codice, incisa nel terreno, o dipinta sui muri crivellati dai proiettili, era come sentirla urlare direttamente dalla bocca di Ernesto.

«Devo preparare il camion, comandante?» Cienfuegos si era alzato in piedi dopo aver sbrigativamente ripulito la tazza e averla rimessa nella saccoccia, accanto alle munizioni e al coltello di servizio.

Fidel restituì la tabacchiera, ripiegò il biglietto e se lo infilò in tasca. «Sì. E chiama i ragazzi.» Agguantò il suo fucile dalla mensola saggiandone lo stato con la punta delle dita, in religioso silenzio. Poi raccattò il berretto e se lo calcò in testa, scostandosi le ciocche nere dalla fronte. «Si va a scannare una carogna.»

Mi mejor enemigoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora