Bugie.

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"La vida tiene la misma lógica de un sueño, 

a veces una pesadilla. 

Un sueño o una pesadilla, 

que tarde o temprano va a terminar, 

y usted es libre."


"La vita ha la stessa logica di un sogno, 

a volte di un incubo. 

Un sogno, o un incubo, 

che prima o poi finirà, 

e tu sarai libero."




Fidel sollevò tremante la testa. Era rimasto prostrato sul pavimento lurido della cella fino a quell'istante, come svenuto. Troppo scioccato perfino per sostenere la vista di Ernesto legato alla sedia.

«Fidel...» biascicò l'argentino. Il fiotto di sangue era arrivato a sporcargli il colletto dell'uniforme, ed ora quella specie di nastro scarlatto pareva l'ennesimo distintivo al valor militare. «F-Fidel, guardami, ti prego...»

Fidel dovette farsi violenza, per spostare lo sguardo sull'amico. No, ancora non ci credeva, e mai l'avrebbe potuto fare. Ernesto, un traditore della guerrilla? Lui era il più fulgido astro della rivoluzione, un combattente instancabile, un guerriero nato per vendicare il popolo. Non poteva essere vero. Non poteva essere un traditore.

«Ernesto...» Fidel si passò la manica sulla faccia umida di lacrime. «È uno scherzo, vero...? È solo uno stupido scherzo. Una... una prova, non è così?»

Ernesto tossì. Una cascata di sangue sgorgò dalla bocca spalancata. Evidentemente i calci dei soldati del colonnello avevano colpito molto più in profondità di un semplice livido all'occhio. «Sei... sempre il solito stupido, Fidel...» Nonostante la situazione, riuscì persino ad abbozzare un sorriso. «Non sei cambiato affatto.»

Fidel scoprì con orrore che aveva la Colt ancora stretta nella mano, ed allentò subito la presa. Calciò via la pistola, mandandola a sbattere contro il muro. Poi si alzò e si avvicinò ad Ernesto. Gli girò intorno, fin quando non si trovò di fronte alle manette; allora si inginocchiò e cominciò a studiarne la serratura dopo aver scacciato nuovamente le lacrime. «Sono a chiusura semplice, per fortuna. Con un po' di fil di ferro dovrei riuscire a levartele.» Si tastò la tasca e prese quel che gli serviva.

«Fidel... Fidel, smettila, ti prego.» Ernesto voltò la testa per poter guardare l'amico almeno con la coda dell'occhio. «Ma non capisci...? Non ci faranno mai uscire di qui...»

«Stai zitto» ribatté Fidel, tutto intento a ripiegare il filo per dargli la forma della toppa.

«Fidel, ascoltami. Fidel!» Ernesto dovette scrollare le manette contro lo schienale della sedia, per essere sicuro di avere l'attenzione dell'amico. «Devi uccidermi. Sono io il traditore. Devi... devi uccidermi ora.»

A quelle parole, Fidel si alzò di scatto e gli fu subito davanti. «Perché parli così?! Sei forse impazzito?!»

Ernesto abbassò la testa. «Uccidimi, Fidel... uccidimi ed esci di qui.»

Fidel gli circondò il viso con le proprie mani, incurante del sangue. Lo costrinse a guardarlo in faccia, senza alcuna via di scampo. «Ma che diavolo stai dicendo, Ernesto? Non capisci? Questa non è nient'altro che una farsa messa in scena dal colonnello!»

«Fidel, guardami bene...» disse Ernesto. «Pensi che... che mi abbiano conciato così... solo per farti uno scherzo?»

Fidel si staccò d'un tratto da Ernesto e indietreggiò d'un passo. «Perché...? Perché hai permesso che ti picchiassero?»

«Perché io... io sono un traditore, Fidel» rispose Ernesto. «E tu ora mi devi uccidere.» Abbassò lo sguardo sulla pistola abbandonata nella penombra. «Con quella.»

«Smettila!» Fidel si portò le mani alle orecchie, il corpo scosso dai singhiozzi. «Smettila di dire bugie!»

«Non sono io... che dico bugie, Fidel...» sorrise Ernesto. «Ricordi...? Eri tu lo "sporco bugiardo"...» 

Ansimando, Fidel cadde di nuovo sul pavimento. Strinse a sé le ginocchia e nascose il volto dentro le braccia conserte. 

Mi mejor enemigoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora