"General, tu tanque es una máquina de gran alcance
allana el bosque y rompe cien hombres.
Pero tiene un defecto:
que necesita un conductor.
General, tu bombardero es poderoso.
Las moscas más rápido que una tormenta y lleva más de un elefante.
Pero tiene un defecto:
necesita un mecánico.
General, el hombre hace todo.
Puede volar y puede matar.
Pero tiene un defecto: puede pensar ."
"Generale,
il tuo carro armato è una macchina potente
spiana un bosco e sfracella cento uomini.
Ma ha un difetto:
ha bisogno di un carrista.
Generale, il tuo bombardiere è potente.
Vola più rapido d'una tempesta e porta più di un elefante.
Ma ha un difetto:
ha bisogno di un meccanico.
Generale, l'uomo fa di tutto.
Può volare e può uccidere.
Ma ha un difetto: può pensare."
Arroyo Naranjo distava meno di dieci miglia da L'Avana. Un villaggio di poche anime e molta sabbia, dove il sole aveva deciso di brillare trecentosessantacinque giorni l'anno.
Sferragliando e scoppiettando, il camion dei guerrilleros attraversò quella che aveva tutta l'aria di essere la strada principale.
Ancora in pieno dormiveglia, Fidel schiuse le palpebre e scrutò il panorama oltre il vetro. Non c'era anima viva. Neanche un bambino, neanche un reduce dalla barba bianca. Soltanto case fantasma, con il silenzio a regnare sovrano.
Eppure, meno di dieci anni prima, a Fidel quel paesino solitario era parso il paradiso in terra. Rammentava bene la conquista della caserma del villaggio, e il sangue sgorgato a fiumi dentro i canali di scolo. Li avevano chiamati eroi, avevano urlato a squarciagola i loro nomi. Il suo e quello di Ernesto.
Ma era stato molto tempo fa.
«Sei sicuro che sia questo il posto?» gli chiese Raul.
Fidel riprese in mano il biglietto del colonnello e lo rilesse senza alcuna fretta. Quelle tredici lettere erano inequivocabili: il luogo d'incontro era proprio Arroyo Naranjo. «È questo, Raul.» Si voltò verso Machado e gli indicò il cartello scrostato appeso al muro di una villa disabitata. «Segui l'indicazione.»
Machado vide la freccia che segnalava la vecchia caserma e svoltò a sinistra come da programma.
Fidel si concentrò sulla sua immagine riflessa nello specchietto retrovisore. Lo faceva sempre, prima di una missione, ed ora non poteva essere diverso. Avrebbe dovuto dare il colpo di grazia ad un traditore della rivoluzione, un disertore del suo stesso esercito. Controllò per l'ennesima volta la carica del fucile, lo stesso che dieci anni prima il colonnello gli aveva dato in dotazione. Lo stesso che aveva accolto quegli stupidi cinque proiettili dopo che lui era stato costretto a dividerli con Ernesto. Presto Fidel l'avrebbe rivisto, questo era poco ma sicuro. Se il colonnello non gli aveva fornito particolari notizie, significava che tutto era andato come previsto, che la missione di Ernesto era filata liscia come l'olio e che ora si trovava già al villaggio, ad aspettarlo.
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Mi mejor enemigo
أدب تاريخيCuba, 1958. Ormai niente può più ostacolare la sua avanzata verso L'Avana. Il dittatore è caduto, e la notizia dei preparativi per la sua fuga in Portogallo sembra essere tutt'altro che falsa. A Fidel Castro resta solamente un'ultima missione da por...