"Y si vale la pena arriesgar,
yo juego el último fragmento del corazón."
"E se vale la pena rischiare,
io mi gioco anche l'ultimo frammento di cuore."
Ernesto aveva ancora gli occhi aperti, Fidel non si prese la briga di richiuderglieli.
Lasciò che lo fissassero immobili, ad eterna prova del suo crimine.
Gridò per un tempo che gli parve infinito, con la testa di Ernesto stretta fra le sue braccia.
Il sangue gli inondò le mani.
Più lui cercava di mondarsi da quelle accuse indelebili, più il sangue gli si appiccava addosso, sulla faccia, sui vestiti, in bocca, nel cuore.
«Er... nesto...»
Si sarebbe svegliato ancora, come aveva sempre fatto.
Fidel lo sapeva.
«Ernesto, adesso puoi parlare, sai?»
Lui non rispose.
Fidel gli sfiorò le ciocche brune. Tirò. La testa ciondolò di lato, inerte.
«Ernesto...»
Si ritrovò sul pavimento.
Non sapeva come avesse fatto a a finire laggiù. Di sicuro, però, Ernesto c'entrava qualcosa. Ernesto e la sua maledetta canzone.
Fidel ne ricordava ancora le esatte parole: «C-Cuando sepas que he muerto, no pronuncies mi nombre...»
Si rimise seduto e si domandò perché mai Ernesto non cantasse con lui. Dopotutto, il proiettile non l'aveva colpito. Non aveva visto il sangue scorrere. Per sincerarsene, lanciò uno sguardo al pavimento. Un indice rossastro si stava allungando nella sua direzione, lungo le venature della ceramica. Un altro stupido scherzo.
«...porque se detendrá la muerte y el reposo...»
Si alzò in piedi. Le dita corsero da sole alla pistola del colonnello. Dopotutto, la stingeva ancora in mano. Controllò il caricatore e vi trovò l'ultimo proiettile. Sorrise.
«Cuando sepas que he muerto di sílabas extrañas... pronuncia flor, abeja, lágrima, pan, tormenta...»
Sollevò la mano. Il colonnello stava urlando qualcosa, là fuori, ma Fidel aveva deciso di non ascoltarlo. Lui, ora, aveva orecchie solo per quella canzone.
«No dejes que tus labios hallen mis once letras...»
Sentì la porta cigolare, doveva fare presto.
Si puntò la pistola alla tempia.
«Raddrizza la schiena» si disse, ed obbedì.
«Prendi la mira» si ordinò, ed eseguì il comando.
«Raddrizza il braccio» mormorò, e fu quello che fece.
Fidel avvicinò il dito al grilletto.
La voce di Ernesto terminò la canzone per lui: «Tengo sueño, he amado, he ganado el silencio...»
«Premi il grilletto.»
Fidel annuì.
Premette il grilletto.
Ora avrebbe potuto dire ad Ernesto che non era mai stato uno sporco bugiardo.
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Mi mejor enemigo
Historical FictionCuba, 1958. Ormai niente può più ostacolare la sua avanzata verso L'Avana. Il dittatore è caduto, e la notizia dei preparativi per la sua fuga in Portogallo sembra essere tutt'altro che falsa. A Fidel Castro resta solamente un'ultima missione da por...