"Matar a un hombre no es defender una doctrina,
es matar a un hombre."
"Uccidere un uomo non è difendere una dottrina,
è uccidere un uomo."
Aveva affondato la mano nei suoi capelli, stringendolo a sé in un abbraccio.
C'era stato un momento... in cui aveva temuto che avesse smesso di respirare.
Ma poi aveva sentito il piccolo cuore del traditore ricominciare a battere ancora, e ancora, sempre più forte, finché non aveva avvertito quei colpi riecheggiare nel suo stesso corpo, come fossero diventati una cosa sola.
«Er... nesto...» mormorò. «Apri... gli occhi...»
Ernesto obbedì. Socchiuse le palpebre: tutte e due, anche quella trasformata in un grumo sanguinolento dalle percosse dei soldati. Ernesto vide il muro della cella dietro le spalle di Ernesto. Alzò lo sguardo, e seguì il volo di una zanzara intorno alla luce della lampada. «Fi... Fidel?»
Fidel era sicuro che se Ernesto avesse avuto le mani libere avrebbe risposto all'abbraccio. «Parla piano, Ernesto, potrebbero sentirci.»
«Che... cosa dici?» Ernesto ancora non si capacitava di essere ancora vivo. «Tu non mi hai...»
«Sssh.» Fidel gli intimò di abbassare la voce. Lo lasciò andare a malincuore, indietreggiando verso il cono di luce. «Guarda dietro di te.»
Ernesto si voltò. Il proiettile aveva aperto un foro nel muro alle sue spalle, in perfetta traiettoria con la sua testa.
«Ci sono ancora due proiettili» spiegò Fidel, indicando la Colt. «Uno è per Cienfuegos, quando aprirà la porta. L'altro è per chiunque osi sbarrarmi il cammino quando ti porterò via da qui.»
Ernesto ansimava dalla gioia. «Fidel, io non so come...»
«Dei ringraziamenti ci occuperemo più tardi» replicò Fidel. «Ora pensiamo ad uscire da qui.» E, detto questo, si avvicinò alla porta. Lo spioncino si era richiuso, naturalmente. «Ehi! Cienfuegos! Qui ho finito, lurido figlio di troia!»
Il pertugio si riaprì dopo qualche secondo. Ma Fidel non trovò la pistola del tenente ad accoglierlo: quelli che brillavano sinistri oltre le sbarre erano gli occhi da gatto del colonnello.
«Ma davvero, Fidel?» La sua voce rauca graffiò l'orecchio ferito del comandante. «Mmh, a quanto pare Cienfuegos ha dovuto metterci del suo, per convincerti una volta per tutte.»
«Perché non apri la porta?» domandò Fidel.
Il colonnello non sbatteva le palpebre. Pareva un rettile. «Perché tu mi hai preso in giro, Fidel. Io ti ho detto di ucciderlo. Io ti ho ordinato di uccidere il traditore, e tu osi parlare con me, e chiedermi di aprire la porta.»
Fidel puntò la Colt fra le sbarre, in mezzo agli occhi del colonnello. «Giuro su Dio che ora ti apro in due la testa, figlio di puttana!»
«Non confondiamo i soggetti, Fidel» ridacchiò il colonnello, richiudendo in tutta fretta il pertugio. «Non sono io quello a cui devi aprire in due la testa.»
L'urlo di Fidel s'infranse contro la porta metallica della cella, irrimediabilmente ancora chiusa.
«Non sprecare energie preziose, Fidel» continuò a mormorare il colonnello. «Uccidi il traditore, e sarai ancora salutato da eroe.»
«Non mi interessa!» sbraitò Fidel, sbattendo la pistola contro lo spioncino nel vano tentativo di aprirlo. «Mi hai sentito?! Lasciaci andare!»
«Non posso farlo, Fidel. Tu mi servi.»
«Non voglio ascoltarti!» Fidel dette una violenta spallata alla porta. «Era Ernesto quello che ti serviva, non io! Non io!»
«Ernesto mi ha profondamente deluso, Fidel. Ormai dovresti averlo capito. A che serve un soldato che non esegue gli ordini?»
«Quelli non erano ordini!» Fidel si lasciò scivolare a terra, la fronte appoggiata contro la porta della cella. «Quelli... non erano... ordini...»
«Fidel, io ti avevo avvertito. Ti avevo detto che avere un amico ti avrebbe distrutto, ma tu non mi hai dato retta. Ragazzo mio, gli amici sono buoni soltanto per essere sfruttati nei momenti peggiori... Quando vieni ferito al ventre da un proiettile, per esempio. Non hanno altra utilità, Fidel: è questa la verità. Sono soltanto degli animaletti da compagnia che prima o poi finiscono per ritorcersi contro di te.»
«No...» biascicò Fidel. «Questo non è vero... non è...»
«Questa è la verità, Fidel, e farai meglio ad abituartici. Ora, ammazza il traditore e finiamo questa farsa.»
Fidel posò le labbra contro la porta. «Io non lo farò.»
«Oh, sì, tu lo farai, Fidel. Gli spappolerai il cranio con la Colt che mi hai regalato il giorno del mio cinquantatreesimo compleanno e tutti torneremo a casa felici.»
«Tu sei pazzo...»
«E tu non lo sei, Fidel?» Il sorriso ironico del colonnello era facilmente percepibile anche dietro dieci centimetri di metallo. «Ed Ernesto non è forse il più pazzo di tutti? Non prendiamoci in giro. Tu sei destinato a grandi cose, Fidel. Io lo so. L'ho saputo non appena ti ho trovato. Tu diventerai il líder di questa nazione, ma solo se prima ti libererai da quel serpente velenoso.»
Fidel aveva sentito abbastanza. Avrebbe voluto spararsi anche all'altro orecchio per non sentire mai più. Basta. Basta. Era una tortura. Doveva farla finita. Basta. Lui, il líder? Doveva essere uno scherzo.
«Sei pazzo...» ripeté Fidel. «Completamente pazzo.»
«Io sono realista, Fidel. E ti dico che tu sarai nominato presidente quest'anno stesso. Ma solo se prima ammazzi quel traditore.»
Per la prima volta dopo diversi minuti, Fidel si voltò verso Ernesto. Si fissarono. Impossibile sapere cosa si dissero con quel rapido scambio di sguardi.
«Ammazzami» sussurrò Ernesto, così piano che Fidel lo sentì a malapena.
«Sta' zitto» replicò, facendogli segno di tacere.
«Vuoi che la guerra continui, Fidel?» domandò il colonnello. «Vuoi che scorra altro sangue? Vuoi vedere altri bambini massacrati, altre donne stuprate, altre città rase al suolo dalle bombe? Vuoi questo?» Fidel percepì il tintinnio delle medaglie sul petto del colonnello. «Io ero convinto che tu volessi la pace e la prosperità dell'isola.»
«Non così» ribatté Fidel. «Non così.»
«Tu l'hai mai avuto un amico, colonnello?»
«No» risponde l'ufficiale. «Non potrei mai fidarmi a tal punto di una persona. Gli amici finiscono quasi sempre per tradirti.»
«Lui è mio fratello...»
«Lui è tuo amico» replicò il colonnello. «C'è una bella differenza. E sei fortunato che lui sia solo questo, per te.»
«Solo?» ripeté Fidel. Spalancò la bocca, urlò: «Solo?!»
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Mi mejor enemigo
Historical FictionCuba, 1958. Ormai niente può più ostacolare la sua avanzata verso L'Avana. Il dittatore è caduto, e la notizia dei preparativi per la sua fuga in Portogallo sembra essere tutt'altro che falsa. A Fidel Castro resta solamente un'ultima missione da por...