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Acqua che scorre.

«Ho bisogno di aiuto!» grida la voce di Stevia. Che cosa ci fa Stevia qui?

«Giorgio chiama la Dottoressa! Ha avuto una sincope e non si riprende!»

Sono io? Sono ancora stesa nel corridoio? E quale corridoio poi? No, io sono in piedi e sento acqua che scorre. Acqua calda che mi cade addosso.

La voce di Giorgio che parla al telefono e quella di Stevia che chiama (chiama me?) si confondono sotto lo scroscio dell'acqua che scorre. La mia testa si sposta sotto il getto, l'acqua mi avvolge, mi passa sul viso, sulla bocca poi anche sul naso. È piacevole, ma non riesco a respirare. Annaspo, mi scosto e apro gli occhi.

Sono in un locale docce, un vecchio stanzone piastrellato con i tubi dell'acqua a vista. Davanti a me ci sono dei grossi rubinetti a manopola. Li aveva mia nonna dei rubinetti come questi. Ce ne sono altri sia a destra che a sinistra: ogni postazione ne ha due. Ma che ci faccio qui? Come ci sono arrivata?

Chiudo l'acqua e mi guardo attorno. La stanza è piena di vapore e, in alto, c'è un grosso finestrone appannato da cui entra una luce pallida. Non c'è alcuna traccia dei miei vestiti, né di un asciugamano quindi mi ravvio i capelli come posso e mi incammino verso l'uscita. Sono tranquilla, troppo tranquilla, mi viene da pensare, ma la mia mente non ha troppa voglia di preoccuparsi. Una doccia ci voleva, mi suggerisce il mio inconscio e io sono d'accordo con lei. Lui, faccio per correggermi, ma no, il mio inconscio è donna. Ne sono sicura. Subito dopo realizzo di essere fatta. Cazzo! Fatta, fattissima! Bumma buona, direbbe Leo. A proposito, dov'è Leo?

Dalla stanza delle docce esco in quello che sembra uno spogliatoio. C'è Golfino ad aspettarmi. Mi indica un abito verdognolo sulla panca.

«Svelta, il Dottor Dentigialli la vuole vedere» mi dice, e la cosa mi fa ridere perché non è possibile che un mostro sia anche Dottore. O sì? Leo non l'aveva chiamato "esimio Dottor Dentigialli"?

«Dov'è Leo?» domando con la voce impastata. Golfino mi ignora e mi aiuta a indossare un camice che mi arriva fino alle ginocchia, ma che è aperto sul retro. La cosa non mi piace troppo.

«Ehi!» protesto cercando di infilare le ciabatte. «Così mi si vede il culo!» Sono schifose ciabatte di panno. Sono proprio come quelle all'altro ospedale. Quello dove Stevia mi ha ripresa al volo mentre perdevo i sensi. Quando è successo?

Usciamo nel corridoio. Golfino mi tiene per il braccio e io cerco di coprirmi il sedere. C'è un bel frescolino là dietro, un bel sollievo dopo il caldo nell'appartamento di Viola, ma è anche imbarazzante. Spero che abbia letto il mio messaggio e stia venendo a prendermi.

Noto il poster del fantastico spettacolo di magia. Io e Leo dovremmo proprio andare a vederlo, magari con Viola e Becca. Leo piacerebbe a entrambe, ne sono sicura. Quasi inciampo nel naspo srotolato a terra. Alla mia sinistra leggo i numeri delle stanze 311, 312, 313. Come la targa di Paperino, ricordo. E Leo è lì, oltre la porta di quella stanza. Lo vedo attraverso il piccolo vetro sulla porta. Mi vede anche lui, urla il mio nome e si lancia contro la porta. È atterrito e questo mi turba.

«Non credergli!» mi grida. La porta sobbalza per una spallata. «Genni non credere a quello che...» il resto non riesco a capirlo. Mi volto a guardarlo mentre Golfino apre la porta del giuperlescale. È là che mi sta portando? Saluto Leo con la mano. Perché sono sicura che la cosa non mi piacerà? Provo a divincolarmi, ma Golfino è molto più forte di me.

***

«GENNI!!» la chiamo di nuovo. Lei mi saluta e scompare oltre le porte a vetro delle scale, trascinata via da Golfino. «NO!» grido e mi scaglio di nuovo contro la porta, e continuo a farlo fino a quando il dolore alla spalla e l'evidente inutilità dei miei sforzi non mi fa crollare a terra.

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