10-3 nella pineta

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Il risveglio della domenica è torpido per Genni, impastato di sonno e di un vago senso di colpa per aver costretto Teresa e Massi a sentire tutto quello che le è uscito dalla bocca durante la notte. Io credo che l'abbiano sentito molto bene anche fuori dal camper, ma lascio Genni alle sue convinzioni. Per quanto mi riguarda, dopo le scariche di ossitocina e le endorfine rilasciate dal sesso, ho osservato Genni cedere al sonno e addormentarsi nonostante la sua voglia di restare sveglia. Di nuovo solo e lucido, esaurito anche l'effetto della marja, mi sono disposto all'ennesima veglia osservando i sogni sconnessi della ragazza mentre ascoltavo i suoni notturni acquietarsi e sopraggiungere quelli del nuovo giorno.

Lei e Simo sono rimasti gli ultimi ad alzarsi: il camper è vuoto. Simo a dire il vero dorme ancora e russa. Genni non ci prova nemmeno a svegliarlo, lo copre col lenzuolo, si riveste ed esce. Dopo aver saltato a pie' pari la colazione fa una veloce fermata al bagno, infila un bikini giallo limone, un vivace prendisole verde e punta verso la spiaggia attraverso la pineta. Mette le cuffie e dalla playlist sul cellulare sceglie uno dei pezzi che tanto le piacciono, Tonica di una certa Beba. Genni lo adora, io no. Forse sono solo troppo vecchio per apprezzarlo o forse le nuove generazioni hanno perso del tutto il buon gusto per la musica. Cerco di non ascoltare mentre sento che Genni non vuole restare sola con i suoi pensieri. Ha paura di me e lo capisco. La lascio in pace, non mi va di procurarle un altro attacco di panico, visto anche che siamo soli.

Il sole delle undici entra caldo e luminoso tra le chiome dei pini, fastidioso per una che ha dormito poco e che si è appena svegliata. Genni cerca gli occhiali da sole sul fondo della borsa mentre avanza lungo il sentiero di sabbia, tra le sterpaglie. Un paio di volte incespica e impreca, anche perché gli occhiali non riesce a trovarli. Alla fine ci rinuncia: o li ha lasciati nel camper o si sono infilati da qualche parte sul fondo, sotto l'asciugamano. Per fortuna adesso gli alberi sono più fitti e non c'è più così tanta luce. Beba nelle cuffie ha smesso di "cantare" e ora c'è Blanco con Mi fai impazzire. Tutta questa cultura trap me la risparmiavo volentieri.

Quando, assieme alla sabbia, nelle infradito entra anche un qualcosa pieno di punte Genni è costretta a fermarsi. Impreca di nuovo, perché quello che si rivela uno stronzo rametto le ha fatto male e perché è stufa di quel sentiero che non fa altro che salire e scendere. Ora è in una specie di avvallamento tra due dossi e da dove si trova non riesce a vedere nient'altro che pini e boscaglia. Prova a scrollare la ciabatta, ma l'intruso non si decide ad andarsene. Non ricorda che il sentiero, ieri, fosse così tortuoso. Forse ne ha preso un altro, forse è solo un'impressione, ma non le era sembrato nemmeno così lungo. Genni infila un dito tra piede e infradito per togliere il rametto mentre si guarda attorno. Il sentiero è deserto e gli alberi così fitti che sembra la stiano accerchiando. E da quando l'ombra si è fatta così scura? Spegne la musica e ascolta l'assoluto silenzio tra gli alberi: non ci sono voci di persone, né il suono della risacca e nemmeno quello del vento. Un'occhiata al cellulare le dice che non c'è neanche campo. Combatte l'inquietudine crescente dandosi della sciocca: non dovrebbe avere paura, è solo un sentiero in una pineta. Al tempo stesso però riprende a camminare con passo più svelto verso il mare. Non si era resa conto di quanto la sabbia sul sentiero si sia fatta fredda- quasi gelida - né di come le ombre e il bosco stesso sembrino muoversi dietro di lei. Continua a darsi della scema per quella paura strisciante e del tutto irrazionale che le fa accelerare ancora di più il passo e continuando a dirsi che non è niente - solo una pineta deserta - quasi si mette a correre mentre torna a guardarsi dietro.

Anche io sono spaventato, anzi atterrito e non cerco minimamente di placare la paura. Tutti i sensi di Genni sono in allarme e non sbagliano, lo sento in ogni fibra del mio essere (anima?).

«Smettila!» grida improvvisa Genni, rivolta a me. «Smettila subito!» Avverte il mio terrore, ne è contagiata ed è furiosa perché crede che sia io la causa di tutto questo.

«Genni non...»

«Basta!» grida Genni, guardandosi ancora dietro. Netto come gli alberi sempre più scabri, vediamo il sentiero alle nostre spalle inghiottito dalla tenebra. Genni urla atterrita e inizia a correre. Davanti i rami hanno invaso il sentiero, le artigliano la pelle e il vestito graffiandola e strappando la stoffa leggera.

«Non sono io!» le grido, ma non mi crede. Come potrebbe?

Poi lo vediamo.

Il sorriso giallo si dischiude enorme, unico dettaglio visibile sulla figura in ombra. Dentigialli è davanti a noi e ci sbarra la strada di un sentiero che viene divorato dal buio alle nostre spalle. Genni si arresta colma d'orrore. Lo riconosce come il tipo del sogno che ha fatto, ma scopro che quello che la terrorizza è che ha già visto quel sorriso. È stato nel riflesso di una vetrina, mentre ero fuori uso a causa dei sonniferi.

«Genni scappa!» grido, ma non c'è via di fuga nella pineta e non c'è modo di svegliarsi poiché nessuno dei due sta dormendo. Non mi sono addormentato, vero?

Dentigialli fa un passo avanti, gli occhi azzurri sgranati puntati su Genni. Indossa un camice celeste e zoccoli bianchi, da dottore. I suoi colori, nel buio della pineta, sembrano assurdamente vividi.

«Scappa» ripeto disperato mentre dal sorriso di Dentigialli affiorano nuove file di incisivi su gengive rosso pomodoro.

Genni invece non si muove mentre Dentigialli fa un altro passo verso di noi. Riesce solo a staccargli gli occhi di dosso il tempo necessario per vedere alle nostre spalle il sentiero divorato dalla tenebra sempre più vicina.

Lui scuote la testa come se avessimo fatto una grossa sciocchezza. «Signor Landi» mi chiama col tono adatto a riprendere un ragazzo che ha fatto una cazzata. «Signor Landi, non è stato cortese il suo gesto. Niente affatto.»

«Genni...» supplico come se lei potesse portarmi via o fare qualcosa.

«Signor Landi, suvvia, può smettere di nascondersi. Io la vedo benissimo.»

«No!» protesto disperato e la mia voce esce dalla bocca di Genni.

«Signor Landi, avanti mi segua» mi fa cenno Dentigialli, sorride ancora, mai suoi occhi no. I suoi occhi azzurri puntati nei miei sono severi, non ammettono disobbedienza. «Lo sa che deve venire con me. Non può stare qua.»

Sento odore di disinfettante, mi ferisce le narici. Adesso non c'è più nessuna pineta davanti a noi, ma un lungo corridoio pieno di porte, illuminato da una baluginante luce artificiale.

«Signor Landi avanti, la porto nella sua camera» mi sorride Dentigialli mentre i suoi occhi sgranati non mi lasciano andare. Abbasso lo sguardo, cercando di sfuggire a quegli occhi, e vedo me. Niente più Genni.

Indosso una felpa nera con cappuccio (come quella di Genni, il primo giorno),pantaloni di una tuta grigia (li aveva anche Attilio il suo ultimo giorno?) e qualcosa di caldo lungo le gambe mi dice che me la sono fatta sotto.

«Chiamo un'infermiera e la faccio cambiare appena saremo nella sua camera, Signor Landi» dice comprensivo Dentigialli, ma sopra il sorriso il naso si storce per il disgusto. Non provo nemmeno a reagire, so di essere spacciato. Dentigialli mi prende (afferra) la mano e mi (porta via) indica la direzione in cui devo andare.

Non posso oppormi, ma mi volto indietro e guardo Genni, immobile sul sentiero della pineta che mi fissa nel suo prendisole verde, le mani strette convulsamente attorno alla borsa da mare. Così questa è la fine?

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