Quando scrivi una fanfic sugli skz, ascoltando i bts, sclerando per il rinnovo delle blackpink, essendo ossessionata dal comeback delle aespa e pensando alle fanart su google e pinterest decidendo cosa disegnare dopo ariana grande e peeta da hunger games (probabilmente suga).
Apro gli occhi.
Non realizzo subito dove mi trovo, sento solo il martellare incessante della pioggia sul tetto, ovattato dalla stoffa morbida di una felpa che non ricordo di aver messo. Alzo la testa dal misero riparo che le mie braccia costituiscono e mi guardo intorno. Non sono a casa di mio padre, né nella casa nella quale ho vissuto con Ha-eun. Nessun suono é udibile fuori dalla porta che chiude la stanza semi-buia nella quale sono rannicchiata. È strano. Sento due colpi forti, ed è come vivere un deja vu: mi ricordo di quello che Ha-eun mi ha detto nel sogno. Mi alzo a fatica, sento le gambe dolore sotto il peso del mio corpo, ma avanzo, aprendo di scatto la porta. Ma fuori non c'è nessuno. Era solamente la pioggia che era caduta più forte.Silenzio.
Ancora una volta la tristezza prende il sopravvento sulla parte migliore di me e chiudo la porta con forza: lo schianto generato era veramente forte, potrei aver disturbato.
"Anche in questa situazione pensi più agli altri che a te, sai che novità" una vocina scocciante dice nella mia testa. "Zitta" la ammutolisco, sedendomi sul letto freddo.
Sono consapevole del fatto che non mi faccia bene stare da sola in un momento del genere, ma non voglio stare con nessuno. Sono combattuta tra il pensiero allettante di affogare lentamente nella mia tristezza, e guardare l'ora, cercando qualcosa di produttivo da fare che non disturbi gli altri; vorrei tanto scegliere la prima, ma so già che una volta varcata la soglia del labirinto spinoso della mia mente sarebbe stato difficile uscirne, quindi opto per la seconda, di malavoglia. Vorrei cantare o suonare come faccio di solito per sfogarmi, ma non sono sicura che le pareti siano insonorizzate.
Le lancette dell'orologio si muovo inesorabilmente in avanti, scolpendo i secondi nella mia mente, quel ticchettio fastidioso ma insistente che non cessa.
Prendo un taccuino, che mi porto sempre appresso in una borsa di tela bianca e celeste, e una matita morbida per cominciare un bozzetto provvisorio non troppo calcato, in modo che se un dettaglio non mi convince posso correggerlo e l'errore sarà meno evidente rispetto ad uno fatto con l'inchiostro della penna o con una matita più decisa. Avvicino alla scrivania la candida sedia bianca, tamburellando con il gommino della 2H che ho scelto di utilizzare, sula superficie liscia e candida del vanco di lavoro. Il panico iniziale del foglio bianco, del non sapere cosa rappresentare e come rappresentarlo, la confusione che voglio mettere in bianco e nero sulla pagina di fattura piuttosto grezza.Chiudo gli occhi, lascio che i ricordi, che le esperienze e gli eventi delle ultime ore invadano ogni centimetro del mio corpo, riversando la loro dolorosa forza sulle dita della mano, che leste si apprestano a raffigurare emozioni così malinconicamente remote e intensamente recenti che sono faticose da reggere tutte insieme. Apro gli occhi: il foglio non è più bianco. Un enorme e alquanto astratto disegno di un pianoforte con Ha-eun che lo suona campeggiano proprio al centro della superficie un tempo immacolata. Lo vedo bagnarsi, impregnarsi piano di lente gocce che non riesco ad identificare. Capisco dopo che vengono dai miei occhi. Mi rannicchio sulla sedia, non un singhiozzo lascia le mie labbra, non un sospiro, ormai mi sembra di piangere solo per inerzia.
Knock knock
Qualcuno bussa sulla superficie di legno della porta. Non ho fatto rumore...non è possibile che mi abbiano sentito, s'altronde sono le 4 di mattina.
Knock knock
Rieccoli. Mi alzo tremante, attraversando i pochi metri che mi separano dalla porta: hi potrebbe essere?
Afferro la maniglia di metallo freddo e opaco, abbassandola e aprendo la porta solo di uno spiraglio, giusto per vedere chi sia. Una chioma bionda e soffice compare alla mia vista, accompagnata da un invitante profumo cioccolatoso. "Felix?" la mia voce esce flebile e leggermente roca. Lui sorride, sussurrando come se fosse un segreto "Posso entrare? Ho portato i brownies". Aggiunge poi con aria da cospiratore "Sono tutti per noi, non ho detto niente agli altri". Non riesco a dirgli di no, in parte per l'effetto che hanno sortito su di me i suoi famosi dolcetti, dall'altro canto perché Felix in pigiama sembra un bimbo piccino e innocente. Magari avere qualcuno qui per me in questo momento non mi farà male. Apro la porta un po' di più per permettergli di entrare e lui fa il suo ingresso trionfante, non prima di essersi guardato intorno circospetto, giusto per essere sicuro di non essere seguito. Alla vista sorrido, sinceramente divertita, chiudendo poi la porta alle sue spalle. Felix lascia la scatola con i brownies sulla scrivania, guardandosi intorno e poi accomodandosi sul mio letto. "Serviti pure!" asclama dopo qualche secondo di silenzio, indicando il contenitore. Io gli sorrido lievemente, prendendo un brownie e mordendolo: un delizioso sapore zuccherino si espande sul mio palato, la consistenza morbida e la copertura leggermente croccante danno un contrasto perfetto. "Non credevo che esistesse il paradise fatto dolce" dico a Felix che, soddisfatto, sorride dolcemente. Prendo un altro morso dallo snack preparato da lui, porgendogliene un pezzetto che accetta volentieri. Stiamo così, in un silenzio confortante che abbraccia le nostre membra stanche e provate, perché a volte non c'è bisogno di parole e la gente parla troppo. Sgranocchiamo lentamente il nostro pezzetto di dolce , nessuna fretta, nessuno pressione. Jessi, prima di cominciare una giornata lavorativa, ci diceva sempre che la fretta esiste solo perché qualcuno, o addirittura noi stessi, ce la impone. Stesso cosa per l'ansia. È sempre stata brava a darci la carica e a calmarci nei momenti che richiedevano sangue freddo e concentrazione.
Volgo il mio sguardo sul ragazzo seduto sul mio letto tranquillamente che mi osserva, come a cercare di capire cosa mi stia passando per la testa.
"Quindi, cosa mi volevi dire?"IO VI CHIEDO SCUSA NON ERA MIA INTENZJONE LASCIARVI COSI MA È STATO PROPRIO UN PERIODACCIO A SCUOLA E NON HO AVUTO IL TEMPO NEANCHE DI DISEGNARE O DI METTERE IN ORDINE I MIEI APPUNTI. Detto questo spero ceh questo capitolo, per quanto abbastanza inutile, vi piacerà. Come sempre se volte lasciare un commento o una stellina sono sempre benvenuti <3
Rickrdatevi di mangiare, di bere e di prendersi cura di voi stesso soprattutto nei momenti difficili.
So luv and take care bubs<33
PS complimenti a mi_mi____ che ha consegnato con successo il suo esame <3Non sono riuscita a correggerlo questo capitolo lo farò aloena avrò tempo, grazie per la pazienza🙌🏻
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skz and you
Fanfictionciao a tutti, questa è la prima storia :) cercherò di evitare errori grammaticali. La storia parla di come tu incontri gli stray kids e di come finisci a vivere con loro, perché insomma, chi non lo vorrebbe? WARNING: -dramma e tristezza in quanti...