7

506 13 1
                                    

                                           Nadine

"Mattia, non c'è la faccio... io... ho bisogno di te."

Sapevo che ritornare qui, sarebbe stato doloroso... ma non credevo così tanto.
Rivedere lui e Celine. I miei amici che reputavo la mia famiglia, Nerissa mamma...

"Nadine, una sola parola e ti raggiungo."
"Io... non voglio scombussolare i tuoi piani, so che devi lavorare ma..." ho bisogno di te.
"Chi se ne frega del lavoro, ascolta... il tempo di preparare la valigia e di prendere l'aereo e sono da te. Tu cerca di stare tranquilla, ok?"
"Non so come ringraziarti, Mattia."
"Non mi ringraziare, aspettami. Sarò lì da te al più presto, adesso chiudo così vado a preparare la valigia. Tu, mi prometti che resisterai e che non piangerai? Lo sai che odio vederti piangere."
"D'accordo, grazie ancora." Tiro su col naso e cerco di asciugarmi le lacrime dal viso.
"Arrivo." Detto questo, Mattia riattacca.

Non so come farei, se non ci fosse lui.
L'ho conosciuto dopo tre settimane dall'arrivo in Italia.
Quando sono tornata a casa, le cose sono peggiorate in un batter d'occhio.
La seconda settimana è stata la peggiore.
Volevo nascondermi, nasconderci ancora per poco... il tempo di trovare un lavoro e riuscire a trasferirmi. Ma le nausee continue mi hanno ingannata, messa allo scoperto.
Mia madre non si è nemmeno premurata di prepararmi le valigie e mio padre, dopo avermi tirato un ceffone, uno di quelli da farti girare la testa... mi ha sbattuta fuori di casa.

Non sapevo dove andare, cosa fare e come riuscire a proteggere la meraviglia che cresceva dentro me.
Ero stanca, affranta... ma non mi sarei mai arresa.
Ho vagato per la città, per ben sei ore sino a quando... non mi è venuto in mente il convento.

Una volta messo piede lì dentro, come sospettavo mi hanno accolta a braccia aperte. Mi hanno offerto un alloggio, del cibo e degli indumenti puliti.
Saremmo stati bene, o almeno... così credevo.

La mattina, mi svegliavo e dopo aver sistemato le camere di tutte le sorelle, correvo a messa.
Ma, un bel giorno mi sono scontrata con Mattia, il giardiniere. Quasi non cadevo a terra, ma lui prontamente mi ha afferrata, evitandomi una caduta disastrosa.  È così... siamo diventati amici.
Tutti i giorni, nel pomeriggio raggiungevo Mattia in giardino e parlavamo tantissimo.
Dopo due mesi, non riuscivo a farne a meno di lui. Mi faceva star bene e sopratutto cancellava il dolore che provavo per Blake.

Ero riuscita anche a confidarmi con lui, a raccontargli tutto.
Le cose sembravano migliorare con il tempo... fino alla mattina del sei ottobre.
Ricordo solo le coperte tinte di rosso, un dolore lancinante al basso ventre e il mio cuore distrutto completamente.
L'avevo perso... avevo perso il mio bambino  e l'ultimo appiglio alla felicità.
Suor Lucrezia, era accorsa nella mia stanza dopo avermi sentita gridare e aveva chiamato un'ambulanza.
Speravo, pregavo che riuscissero a salvarlo... ma inutile dire, che così non è stato.

E allora ho smesso... ho smesso di credere in Dio e in tutto quello che lo riguardasse. Perché se fosse esistito, dopo tutto quello che avevo perso, il mio bambino non me lo avrebbe portato via.

Ero entrata  in un tunnel fatto di dolore costante, Mattia veniva più spesso in convento quasi da passare tutta la giornata e le giornate con me, al mio fianco.
Mi ha spinta a rialzarmi, a farcela perché per me non era ancora finita.

"C'è la farai, sei forte Nadine. Vedrai che il meglio deve arrivare. Quindi, aggrappati alla vita, aggrappati a me e andrà tutto bene." Mi ripeteva ogni giorno, e così... l'ho fatto.
Mi sono aggrappata a lui con tutte le mie forze, e alla fine sono riuscita a respirare, non a vivere.

Ma almeno, ad oggi sono qui.

Mi alzo da terra, e raggiungo la camera di Nerissa, sperando di non averli fatti preoccupare.
Prima di aprire la porta, mi stampo il sorriso più finto che possa esistere, sulla faccia. Che, rischia di svanire non appena apro la porta e noto Blake e Celine mano nella mano.
Con mani e gambe tremolanti, cerco di fingere indifferenza e dopo aver richiuso la porta rimango come un stoccafisso immobile vicino ad essa.

"Beh ragazzi... io e Celine vi salutiamo. Andiamo a casa. Ethan, per qualsiasi cosa chiamami e Jace... ci vediamo."

Io e Celine... andiamo a casa.

Sento lo stomaco rivoltarsi e, il cuore quasi uscirmi dal petto.

Vivono assieme?
Non dovrebbe importarmi, cazzo.

Quando li vedo venire nella mia direzione, cerco lo sguardo di Blake, ma lui non mi calcola minimamente. Mi superano e vanno via.

A fanculo, spero.

You Are My Drug 2Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora