Capitolo 5

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Christopher

Chiudo la porta alle mie spalle e avanzo fino al centro del mio nuovo salotto. La vetrata aperta fa svolazzare le tende bianche portando dentro anche l'odore di erba bagnata dalle piante posizionate ai bordi del piccolo terrazzo.

Sospiro quel profumo che nonostante mi riempi il cuore di malinconia, mi fa anche sentire un po' di terra nella città fatta solo di pece e polvere.

«Bene.» Ammiro con apprezzamento i toni neutri dell'ambiente che mi circonda, è anche per questo che ho scelto questo annuncio oltre il fatto di poter raggiungere la clinica anche a piedi.

Il cellulare suona nelle mie tasche, allungo la mano e lo afferro premendo immediatamente il tasto di risposta. «Pronto.» Passeggio fino alla mia stanza.

«Allora, com'è tesoro?» La voce allegra di mia madre mi fa sorridere.

«Direi perfetto.» Prendo la valigia e la poso sul letto, pronto a disfarla.

«A che ora hai appuntamento domani con il primario? Tuo padre non è più nella pelle da quando ha saputo con cui avrai il piacere di studiare.»

«Alle otto.» Sbadiglio e mi passo la mano sul viso stancamente.

«Allora farai bene ad andare a letto presto. Non puoi arrivare in ritardo il tuo primo giorno.» Come se avessi dieci anni e come se fosse possibile. Io non tardo mai.

«Hai ragione. Salutami tutti.» Il suono del suo bacio anticipa il silenzio, ha riattaccato.

Poso il telefono sul comò dopo aver visto l'ora, sono le sette di sera, ho giusto il tempo di sistemare le mie cose e fare una doccia per poi andare a cenare da qualche parte sotto casa.

Mentre scendo in ascensore questo si ferma al primo piano, una giovane donna con lunghi capelli castani e un cagnolino al guinzaglio mi appaiono dietro le porte.

«Buonasera.» Saluta lei sistemandosi al mio fianco.

«Buonasera.» La ricambio unendo le mani davanti al corpo.

Il solito imbarazzo precede la nuova sosta. Sento i suoi occhi sbirciare dalla mia parte e i pantaloni muoversi per il naso bagnato che è impegnato ad annusare ogni odore dalle mie scarpe. Galantemente la faccio scendere per prima e ricevo in cambio un timido sorriso e lo scondinzolare festoso del cane.

È una bella donna. Mi affretto a uscire dall'ascensore per non venire richiamato a qualche piano e riprendo in mano il telefono con le indicazioni per la pizzeria che ho scelto su un app per ristoranti.

La sera è piuttosto fredda e mi stringo addosso la giacca di velluto marrone che ho indossato senza riflettere che non sono più a Roma e qui fa decisamente più freddo.

La strada è più vuota rispetto al pomeriggio, i suoni sono meno insistenti e i lampioni danno un'aria romantica al marciapiede bagnato. Una piacevole musica jazz di sottofondo mi convince a cambiare direzione. Sento il mio telefono protestare mentre cerca di riportarmi indietro, ma il pub stile inglese che ho proprio davanti mi sembra una buona scelta per passare quelle poche ore prima di andare a letto.

Noto subito che c'è una certa confusione. Uomini e donne vestiti ancora da ufficio scherzano intorno a tavoli con cibo e bevande e questo mi convince definitivamente, ho idea che sia un posto molto rinomato in zona e con decisione spingo la porta a vetri che mi ricambia con una ventata di piacevole aria calda.

Devo girarmi un po' intorno prima di scorgere un tavolo ancora libero in fondo alla stanza, credo vicino alla cucina ma per mia fortuna anche a una vetrata. Mi piace l'idea di poter almeno guardare fuori mentre mangio da solo.

Scosto la sedia e mi sfilo la giacca che poggio sul posto libero accanto al mio. Arrotolo anche le maniche della camicia azzurra. C'è una notevole differenza di temperatura tra dentro e fuori.

Ricambio qualche sguardo incuriosito da parte di due donne sedute al bancone poco distante, come anche la splendida mora che accavalla le gambe sul divanetto di fronte al mio ignorando del tutto l'uomo con cui è accompagnata.

Sono abituato a questa reazione, il mio aspetto fisico ha sempre riscontrato una certa ammirazione nelle donne senza dovermi dare particolare pena.

«Salve.» Vengo richiamato da un suono sexy anche se udibile appena visto la musica e le chiacchiere.

«Buonasera.» Non faccio in tempo ad alzare il viso che sono costretto ad afferrare il menù che mi passa restando in attesa. Noto solo un grembiule nero stretto in una vita sottile da cui fuoriescono i bottoni di un'elegante camicia di raso bianca.

«Sa già cosa ordinare.» Mi affretto a risponderle anche se non c'è nessuna traccia di insofferenza nella sua voce, noto solo un po' di stanchezza e forse è per questo che cerco di scegliere velocemente oppure è per la curiosità di poterla guardare in viso. Mi sento incuriosito da quel timbro di voce e dal tenue profumo di gelsomino che sento da quando lei si è fermata davanti al mio tavolo.

«Vorrei un hamburger dello chef, un'insalata e una birra scura. Grazie.» Alzo la mano con il menù verso di lei e finalmente posso posare gli occhi sul suo viso.

Sento il mio petto trattenere il respiro nel momento esatto in cui riesco a dare un volto a quella voce. Sono sorpreso e questo non mi è mai capitato. Sento il mio corpo accendersi interessato e il mio stupore aumentare, cosa mi prende? I suoi occhi scuri seguono le dita che digitano sul tablet, che tiene in mano, mentre un sorrisino le incurva le labbra carnose. L'impertinenze di quel gesto mi ridesta dalla piacevole sensazione che ho provato nel vederla.

«La faccio sorridere, vedo.»  Le dico divertito mentre soddisfatto ho ora la visuale di tutto il suo viso. Il menù scivola dalle mie mani alle sue e il suo sguardo cade nel mio.

Gli occhi marroni contornati da lunghe ciglia castane sono talmente intensi che sembrano ingabbiarmi dentro di lei. Avvicino le sopracciglia come se volessi comprendere cosa nascondono quelle iridi, i suoi occhi sono così, così misteriosi. Resto palesemente senza parole davanti la bellezza di questa ragazza.

«Mi sembra strano che abbia ordinato l'insalata.» Alza le spalle e si porta le mani lungo i fianchi permettendomi così di vedere la linea snella del suo corpo e delle sue dolci curve. «Sembra quasi voglia redimersi per l'hamburger.» I suoi occhi non hanno lasciato i miei e io ne resto incantato.

«È possibile.» Vorrei trattenerla ancora. Conoscerla, non so bene neanche io cosa. Mi sento smarrito, in pochi istanti è riuscita ad attrarmi a lei come se fosse l'unica ragione per cui io abbia fatto questo viaggio.

Ma che cazzo mi prende. Mi sento perso e non posso smettere di cercare nella sua espressione o nell'atteggiamento del suo corpo qualche segno che mi dimostri che anche lei sta provando tutto questo.

«Magari sarà sufficiente.» Conclude lei, mostrandomi ancora quel sorriso accennato. I suoi occhi abbandonano i miei mentre lentamente si gira per andare via.

Come risvegliato da un sogno sbatto le palpebre e riprendo a respirare spaesato.  Il mio sguardo continua a seguirla.

La minigonna nera le fascia perfettamente il didietro non lasciando nulla all'immaginazione, il movimento ondulatoria attira gli sguardi di molti uomini al suo passaggio suscitando in me un certo senso di fastidio del tutto ingiustificato. La stoffa si alza mostrando le sue lunghe gambe senza vergogna e nonostante io non sia quel tipo di uomo non posso fare altro che guardare la sua grazia mentre con eleganza si allontana fra i tavoli.

Io vedo la tua Luce Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora