Capitolo 29

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Christopher

Deluso varco la porta di casa.

«Fanculo lei e fanculo io.» Lancio la giacca sul divano e mi dirigo verso il bagno.

Non ho il diritto di sentirmi così, niente è cambiato in questi due giorni e forse più che di lei dovrei esserlo di me stesso. Che senso ha tenerci così tanto da starci male.

I rumori del traffico notturno mi fanno compagnia mentre cerco di addormentarmi rigirandomi ancora verso destra. Osservo la leggera luce dei lampioni dalla persiana che ho lasciato aperta. Il suono di un messaggio mi fa voltare verso il comodino. Il telefono si illumina e io indeciso se continuare a dormire o meno alla fine cedo alla curiosità.

Leggere il suo nome mi lascia senza parole. Mi tiro su fino ad appoggiare la schiena alla testate del letto. Indeciso se aprire o meno il messaggio tengo il telefono in mano senza sbloccarlo.

Non posso che sorridere del mio stato. Sono davvero senza speranza. Mi manda un messaggio e già sento il mio cuore accelerare i battiti.

Mordo il labbro ripensando alla sua uscita di scena. Oggi mi ha proprio fatto incazzare. Ha sfidato la mia forza di volontà perché il vederla andare via con lui è stato come un coltello che ti penetra lentamente nel cuore. Ne senti la lama affilata che scivola fra i lembi di pelle e il tuo respiro che rallenta fino quasi a fermarsi. E ora al suo misero messaggio tutto si ricuce.

Che coglione!

«No.» Rispondo al suo chiedermi se stessi dormendo. Invio la risposta e resto in attesa di veder illuminare di blu le due spunte in basso al testo.

Sono proprio un coglione perché, purtroppo, il ricordo del suo corpo vicino al mio, la sua mano sul mio petto e i suoi occhi che mi guardano in cerca della risposta giusta sono più forti della mia volontà.

«Sei ancora in giro?» Non tarda ad arrivare la nuova domanda.

Mordo l'interno della guancia indeciso. Cosa sto facendo? Cosa mi sta chiedendo?

«No, sono a casa.» Ovviamente le rispondo ma poi esco dalla chat come se per me il discorso fosse chiuso. Neanche il tempo di rivedere la schermata iniziale che sono nuovamente dentro a sbirciare la foto del suo profilo. Una Tara di spalle sta facendo un passo di danza illuminata appena. È qualcosa di potente quello che si percepisce in quei chiaro scuri che illuminano i suoi muscoli tesi e l'eleganza del suo profilo e delle sue mani. Resto a guardarla stregato.

Un nuovo bip mi riporta alla realtà.

«Che fai?» Continua.

Il bruciore al petto aumenta. Porto la mano ad accarezzarmi il capo e alla fine cedo premendo il tasto di chiamata.

«Pronto!» La linea sta per interrompersi quando finalmente risponde.

«Scusa ma odio i messaggi.» E volevo sentire la tua voce. Dovrei aggiungere.

«Tranquillo, mi fa piacere.» Silenzio. «Scusa se ti disturbo a quest'ora.» Ancora silenzio.

La mia testa la immagina a letto, con i capelli scuri finalmente liberi dalla solita coda che le vedo sempre in testa. La immagino bellissima e tentatrice. Sospiro.

«Non disturbi lo sai. Sono solo sorpreso.» Decido di essere sincero. E ovvio che mi stia chiedendo dove sia lui.

«Lo so. Scusami, forse non avrei dovuto scriverti.» La sento tirarsi indietro.

«No, non dirlo. E ovvio che mi fa piacere sentirti.» Chiudo gli occhi. «Come mai non dormi?» cerco di iniziare una conversazione. non voglio che lei chiuda, sentire la sua voce a quest'ora nell'intimità della mia stanza mi chiarisce quanto io la desideri.

«Non riesco a dormire. Forse solo troppo stanca.»

«Quante ore di danza fai al giorno?» Basta trattare quell'argomento e la voce di Tara mi appare subito più rilassata. «Mi sembra una follia che dopo dieci ore vai pure a lavorare in un pub. Come fai a tenerti in piedi.»

«Beh è la necessità, devo pur mantenermi.»

Ora capisco quando Andrea insiste a farla mangiare.

«La tua famiglia non può aiutarti?» È ancora giovane, penso abbia l'età di mia sorella e sono ancora mio padre e mia madre a pagarle l'università.

«No!» Percepisco la tristezza nella sua voce. «Mia madre non lavora e mio padre è morto l'anno scorso dopo una lunga malattia.»

«Mi spiace.»

«Grazie. Questo è il mio secondo tentativo, sai?»

«In che senso?»

«La prima volta che sono venuta a Milano avevo quindici anni. È quella l'età giusta per frequentare danza alla Scala, se non prima, ma non ero riuscita a convincere mio padre. Sono rimasta qua fino ai miei diciassette anni, ho ottenuto il diploma ed ero ormai prossima a tutto ciò che c'è dopo, ma mio padre è peggiorato e sono dovuta tornare a casa.» Le trema la voce e io resto in silenzio sorpreso che mi stia raccontando tutto questo. «Mio fratello era ormai prossimo alla laurea in economia e mia sorella aveva appena iniziato medicina e non potevo chiedere a loro il sacrificio di lasciare tutto per aiutarmi con le spese e poi la mia famiglia aveva bisogno di aiuto e quindi non ho esitato a tornare da loro.»

«Deve essere stata dura per te.»

«Sì, molto.» Respira lentamente come se qualcosa le stringesse la gola. «Ho dovuto abituarmi all'idea di dire addio a mio padre e allo stesso tempo ho messo di lato i miei sogni per sempre.»

«Avevo capito che lo amassi tanto la prima volta che me ne hai parlato.»

«Sì, lo adoravo e mi manca tremendamente. Lui era come me: uno spirito libero. Mia madre, i miei fratelli sono più realistici, concreti ma lui era animato dal mio stesso desiderio di lasciarsi andare, amava la musica e il vedermi ballare lo riempiva di gioia.»

«Sara felice di vederti qui ora.»

«Lo credi davvero?»

«Sì.»

«Io penso sia arrabbiatissimo con me per tutte le decisioni sbagliate che sto prendendo.»

«Hai avuto coraggio a tornare.»

«Lo credevo anche io ma la verità è... la verità è che mi sono persa.» Il tremore nel suo tono mi fa venire il desiderio di correre da lei. «Io... io non so più cosa sto facendo. Sono salita piena di energia e forza, ma ora...» sento un singhiozzo. «Scusa. Sarà meglio che chiuda.»

«No! Ti prego Tara, voglio sentire. Sono felice di sentire.»

«Ti sto solo annoiando con i miei problemi.»

«No mi stai permettendo di conoscerti e questo è molto importante per me.»

«Okay.»

«Capisco che sei molto legata alla tua famiglia hai parlato con loro di come ti senti?»

«Non posso, non voglio farli preoccupare. Mi direbbero di tornare a casa, ma l'unica cosa che so e che io voglio danzare e là non posso farlo.» Esita. «Valentina sa di Walter e mi reputa una stupida come tutti gli altri.»

«Tu non sei stupida.»

«Davvero lo credi? Davvero? Nonostante io ti abbia lasciato stasera per lui e ora sono qua a parlare con te?»

«Tara...»

«Forse ora devo davvero chiudere. Ci vediamo domani?»

Il pensiero della mia vicina mi fa titubare.

«Domani ho un appuntamento.» Voglio che sappia la verità.

«Hmmm. Bene. Allora a presto.» Chiude senza darmi il tempo di dire altro.

Resto fermo in quella posizione con la foto del suo profilo sullo schermo che cattura i miei occhi e i miei pensieri.

Il sapore di quella telefonata è dolce e amaro. Non riesco a capire come fare. Come fare a liberarla da lui.

Io vedo la tua Luce Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora