Capitolo 32

72 7 1
                                    

Tara

«Puoi per favore smetterla di guardarlo!» Non so più cosa fare con la mia coinquilina che non ha più distolto gli occhi dal tavolo della bionda e del moro. «Dai Manu.» Capricciosa insisto.

«Lo faccio per te tesoro. Tu non puoi guardare, ma io potrò raccontarti nei minimi particolari come quella vuole portarselo a letto.» Manuela beve un sorso dal suo bicchiere pieno fino all'orlo intenta ad osserva al microscopio i due ragazzi.

«Ma quanto la stai facendo bere.?» Mi volto verso il mio collega che se la ride. «Dai Andrea, non ti ci mettere pure tu ma ti sembra il caso» Sembro mia madre quando si lamenta di me e dei miei fratelli che litighiamo.

«Io voglio sapere, ma visto che devo lavorare è utile avere qui Manuela.» Lui se la ride alla grande.

«Ma cosa diavolo vuoi sapere?» Sono ormai al limite tra i miei amici e quella provocante bomba bionda che non smette un secondo di accarezzarlo. Odio vedere quelle unghia rosse scivolare su di lui e odio lui che non mi ha più guardata.

Scuotendo la testa non posso fare altro che continuare a lavorare. Sbuffo ogni volta che torno al bancone, ma ovviamente il mio malumore viene totalmente ignorato da quei due.

Solo verso l'una ho un momento di pausa, mi defilo in un angolo vicino l'ingresso della cucina e porto una bottiglietta d'acqua alla bocca. Manuela è andata via da poco, nonostante avesse le occhiaie nere per gli sbadigli e io posso finalmente sbirciare non vista verso quel tavolo.

La ragazza sta parlando gesticolando elegantemente e nel farlo si avvicina al tavolino e a Chris, che non le toglie gli occhi di dosso. È davvero una bella donna, sembra risplendere fra tutte e devo ammettere che non ha niente di eccessivo, è solo perfetta. Cazzo!

A disagio guardo la punta delle mie scarpe con i tacchi e porto indietro i capelli che ormai incorniciano il mio volto stanchi di stare costretti nell'elastico.

Amaramente sorrido di me stessa e di questa situazione, non c'è niente in me che lui possa preferire a lei. La dolcezza di quella ragazza è evidente come lo è l'interesse che Chris ha nei suoi confronti. Ed è così che il mio sguardo dalle dita di lei che stringono il bicchiere di vino proseguono verso quelle di lui che giocano con la bottiglia di vetro come tante volte gli ho visto fare.

Il polso è coperto appena dal maglione grigio perla e il collo muscoloso dalla camicia azzurrina che fuoriesce dal girocollo del maglione. La mandibola squadrata è distesa come le labbra che spesso sorridono alla donna davanti a lui. Ed è questa la prima cosa che mi colpisce e poi i suoi occhi che la guardano divertiti, con me non è mai stato così. Quando guarda me, quando parla con me sembra sempre allerta, sembra studiare me e le mie reazioni, non è mai stato rilassato, come se io fossi qualcosa di complicato, un groviglio spinoso di rovi, mentre lei è un limpido torrente di montagna.

Una fitta mi colpisce al petto.

Il locale piomba nel silenzio.

L'unica luce accesa è quella su quel tavolo.

Improvvisamente tutto mi sembra più chiaro.

È tutta colpa mia.

Per questo tutti mi lasciano andare.

Per questo tutti mi abbandonano.

Mio padre.

La danza.

Improvvisamente non riesco a riscaldarmi con l'amore della mia famiglia. Sono sempre stata un problema. Ho sempre chiesto sacrifici a tutti.

Andrea guarda per la sala e sono certa mi stia cercando ed è così, perché quando i suoi occhi mi trovano si fermano a osservarmi con quella classica espressione di chi teme possa essermi accaduto qualcos'altro. Anche per lui e Simona o Manuela sono una bambina da proteggere. Non mi fanno mai pesare i miei ritardi, la mia distrazione o la mia mancanza, come un cucciolo tutti mi accudiscono.

E poi c'è Chris, mi conosce appena, ma anche lui mi tratta così.

Quando è accaduto? Quando ho iniziato a impietosire gli altri?

L'aria mi spinge al pavimento ed è lì che mi sento precipitare.

L'odio per me stessa mi investe atterrandomi e risvegliandomi allo stesso tempo.

Andrea sembra leggermi dentro. Preoccupato si rivolge al ragazzo che lo aiuta al bancone e in poche falcate è al mio fianco. Vedo appena le sue scarpe scure accanto alle mie. Il respiro mi brucia la gola, i suoni sono attutiti, lontano sento l'eco del mio nome. Alzo il viso verso l'alto. Lo vedo troneggiare su di me, così mi rendo conto di essere lentamente scivolata e ora sono rannicchiata sulle gambe a terra.

«Tara!»

Leggo il mio nome sulle sue labbra.

Prova ad abbracciarmi per sollevarmi, ma mi scosto come scottata e allora torna in alto, è sempre più serio allunga una mano verso di me e resta in attesa.

Le dita si tendono e restano lì speranzose in una mia reazione. Sento pungere in me l'odio per me stessa e solo il suo sguardo saldo mi convince ad allungare il mio braccio e a lasciarmi tirare su da lui.

«Cosa ti succede?» Mormora e la sua voce è piena di tensione.

La sua stretta mi conforta e quando appoggio il mento sulla sua spalla vedo gli occhi di Chris guardarmi allarmati dalla cassa. È evidente come vorrebbe venire da noi, se ne sta immobile con la carta di credito a mezz'aria. Il mio collega cerca di attirare la sua attenzione, che riceve dopo vari tentativi e solo per il codice da inserire nel pos.

Mi rendo conto dell'assurdità della mia reazione. Imbarazzata mi scosto da Andrea.

«Sto bene. Stai tranquillo.» Gli sorrido indossando una maschera che mi sta sempre più stretta.

«Sarà meglio che vai.» Non sa se credermi.

«No, tranquillo. Mangio un cioccolatino e riprendo, dammi un attimo.» Cerco di sembrare addirittura allegra e alla fine lo vedo cedere poco convinto.

«Okay.» Insieme ci avviciniamo al bancone e subito Andrea prende una tavoletta di cioccolato amaro che tiene per i cocktail fra gli ingredienti. Me la passa e dopo un ultimo sguardo preoccupato, che io ricambio fingendomi serena, torna a lavorare.

Raggiunge Chris, che è ancora fermo alla cassa senza motivo. Il moro gli chiede qualcosa e sono certa di essere io l'argomento del loro discorso, nonostante entrambi evitino di guardarmi. Fingo di non farci caso e dopo aver strisciato i palmi fra loro per pulirmi dalle inesistenti molliche riprendo il vassoio. Lentamente posiziono le bevande da servire, non ho il coraggio di passare davanti a Chris e allora aspetto il suo ritorno al tavolo.

Poso l'ultimo bicchiere di birra dell'ordine e lo vedo aiutare la bionda a indossare il cappotto. Lei gli sorride felice delle sue attenzioni e svelta fa scivolare il suo braccio sotto quello di lui.

Stringo le labbra a quel gesto e mi decido a portare le ordinazioni al tavolo.

Le gambe sembrano gelatina a ogni passo, non mi sono ancora ripresa, cerco di prendere più aria possibile e stringo i denti come tante volte ho fatto durante le ore estenuanti di allenamento.

Sulla porta si arresta e lo vedo cercarmi nel locale, non riesco a evitare le sue iridi né il fremito alla schiena per quello sguardo intenso e pieno di domande. Vacillo sui tacchi e riprendo a servire solo quando è costretto ad accontentare la sua compagna che lo invita ad andare via.

Quando la porta si chiude alle loro spalle il locale sembra riempirsi di ossigeno. Dovrei temere cosa accadrà fra loro stanotte? No, ovvio che no.

Io e lui non siamo niente.

E la conferma è là fuori.

I capelli biondi sono tirati indietro. Il petto è in fuori e le spalle sono dritte a dimostrare come lui sia pieno di se.

I due uomini si osservano.

Il giorno e la notte.

La luce e il buio.

Io vedo la tua Luce Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora