Capitolo 28

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Tara

Non ho mai provato le emozioni che Chris mi scatena dentro. È come la musica per il mio corpo, lo sento dentro, nel profondo e sono attratta da lui, dalla sua forza, vorrei permettergli di farmi danzare come sono certa solo lui sarebbe in grado di fare.

Il suo sussurro mi fa dimenticare dove sono, il telefono fra le mie mani e la persona che mi aspetta fuori.

Folle mi arrendo alla supplica dei suoi occhi avvicinandomi a lui ancora e ancora fino a quando le sue labbra sfiorano la mia fronte e i nostri corpi sembrano incastrarsi.

Nessuno dei due ha il coraggio di aggiungere altro. Le mani mi tremano per la tensione e stringo i palmi mentre alzo il viso verso di lui.

La sorpresa che leggo nei suoi occhi azzurri e la stessa che provo io per i miei gesti. Ora sono le nostre labbra che quasi si sfiorano e io lo desidero, vorrei cedere...

Il ricordo di una me del passato, piena di sogni e di fiducia verso la vita mi fa compiere quei gesti. Come la mano destra che si alza dal mio fianco per raggiungere il suo petto dove si ferma. Poso il palmo sul suo cuore. Il suono intenso è un ritmo accelerato come la musica che mi rimbomba nella testa.

Trattengo il fiato nell'attimo in cui la mia mano tocca il cotone della sua camicia.

Il calore che percepisco sotto la stoffa mi invita ad aumentare la pressione. Guardo le mie dita posate in quel punto esatto dove il suo cuore mi dimostra che questa follia non riguarda solo me.

In cerca di un appiglio alzo ancora una volta lo sguardo cercando il suo.

La passione che gli vedo negli occhi è così intensa che mi sembra toccarla e lì capisco che è sbagliato. È tutto sbagliato.

Inizio a tremare per la tensione e imbarazzata mi tiro indietro e il suono roco e sofferto che lascia la sua bocca sembra un urlo nella stanza.

«Dovresti uscire.» Mi allontano da lui stringendo a pugno la mano che mi formicola.

«Tara...» è sofferto il mio nome sulle sue labbra. È confuso lo capisco bene, come me del resto. La sua presenza mi fa sentire come quella ragazza che è venuta a Milano la prima volta. Quando tutto sembrava perfetto, ora l'unico che riesce a regalarmi un po' di perfezione è l'uomo che mi sta aspettando fuori da questo locale. Walter riesce ad annullare le mie paure, facendomi concentrare su ciò che conta veramente: la danza e basta.

«Ti prego vai.» Guardo a terra, non ho il coraggio di vedere in lui la stessa delusione che sento in me. Perché nonostante so di essere nel giusto il mio cuore sembra non pensarla alla stessa maniera.

Il suono dei suoi vestiti mentre si muove e del profumo della sua colonia mi passano accanto. Stringo gli occhi sperando così di non sentire niente ma il dolore è intenso quando il rumore della porta mi conferma che è andato via.

Mi libero dell'aria che ho trattenuto e appoggio la schiena all'armadietto. Il tempo di riprendere la determinazione e con gesti nervosi mi spoglio della divisa per poi rivestirmi in fretta.

Quando torno nel locale Andrea mi lancia un'occhiataccia. Non ho il coraggio di chiarire con loro, ma devo farlo perché in questa città sono diventati la mia famiglia ed è ingiusto il modo in cui li ho trattati ieri.

Il telefono suona ancora, alzo gli occhi verso fuori e vedo Walter infastidito farmi gesti che mi invitano a sbrigarmi.

Nonostante so che si arrabbierà per questo mi avvicino al bancone faccio il giro e mi fermo alle spalle di Andrea impegnato con Simona.

«Mi dispiace.» Mormoro.

Le sue spalle si irrigidiscono per poi scendere con un sospiro. I suoi occhi e quelli di Simona mi scrutano preoccupati.

«Mi farai ammattire.» Andrea prende la mia mano e mi stringe a sé. «Stai attenta per favore.»

Anche Simona si unisce all'abbraccio e infine mi dà un bacio sulla guancia. Il telefono riprende a suonare ma lo ignoro fino al momento in cui non sono certa dai loro sguardi che va tutto bene.

«A domani.» Più serena posso andare.

«A domani» Andrea mi lascia andare sorridendomi.

Tra i tavoli due paia di occhi mi osservano. Imbarazzata alzo la mano che Angelo subito ricambia. I miei occhi si posano su Chris ma quest'ultimo si volta verso la vetrata. Non posso biasimarlo se è arrabbiato, ma non c'è un futuro per noi.

«Come devo dirti di non farmi aspettare!» Walter nervosamente mi afferra la mano trascinandomi verso la sua auto.

Il rumore della chiusura centralizzata illumina le frecce. I suoi gesti sono bruschi anche quando con galanteria mi apre lo sportello per poi sospingermi verso dentro.

«Cazzo. Si muore dal freddo stasera?» Accende immediatamente l'auto e il riscaldamento. «Devi per forza fare questo lavoro?» Si lamenta imboccando la strada. «Odio dover uscire a quest'ora così tarda solo per vederti.»

Non credo voglia davvero una risposta e allora resto in silenzio a guardare la strada.

«Possiamo andare da te?»

Lo stomaco si stringe.

«È più vicino. Faremo prima.» La sua mano corre alla mia coscia che stringe prima di risalire verso l'alto. «Vorrei indossassi ancora la gonna nera che usi a lavoro sei dannatamente sexy con quella.»

Non ho ancora detto niente ma lui ha già posteggiato sotto casa mia.

«Non c'è la tua coinquilina rompi palle, vero?»

Guardo verso il mio piano e le luci spente confermano quello che già so. «Oggi è di turno.»

«Bene.» In fretta si libera dalla cintura per poi fare lo stesso con la mia.

Cerco la chiave in fretta nella borsa e con lui alle spalle entriamo in ascensore. Quando la porta di casa si chiude dietro di noi. Non ho il tempo di togliere il giubbotto che Walter è già su di me.

La maniglia mi ferisce la schiena mentre con gli stessi gesti del giorno prima mi fa nuovamente sua.

«Non riesco a resistere ora che ti ho assaggiata.»

«Ti prego Walter andiamo in camera mia.» Cerco di tirarmi indietro.

Con un grugnito ignora la mia richiesta.

«Non posso aspettare.»

Le mie mani incerte si posano sul suo capo in cerca di un bacio che non riesce a lenire il dolore che provo.

È tutto un attimo. Il tempo di annullare un altro pezzo di me ed è già andato via.

Sono quasi incredula a ritrovarmi sola a casa. Mi trascino in bagno per una doccia. Sono stanca, irrequieta e la voce di mia sorella al di là del telefono mi appare tremendamente lontana stasera. Vorrei la sua saggezza con me. La sua mano che stringe la mia e che mi dice che tutto va bene.

«Sei già a casa?» sbadiglia mentre mi fa quella domanda e io capisco che è troppo stanca per aiutarmi a capire.

«Sì, non vedevo l'ora stasera.» Con finto tono allegro le racconto ciò che di bello oggi ho fatto.

Valentina ride ai miei racconti e poi mi riempie il cuore parlandomi della mamma e di mio fratello.

«E quindi Anna voleva ucciderlo.» Scoppiamo entrambe a ridere.

«Ma come ha potuto dimenticarlo?» È bello sentire i racconti della mia figlia e quando chiudo mi sento nuovamente io.

Titubante scorro la chat dei messaggi sull'app. Stesa sul mio letto, con la luce del telefono a illuminare le mie dita digito il suo nome sulla ricerca.

Un volto rossidente con luminosi occhi azzurri mi dà la certezza di averlo trovato. Prendo un respiro e apro l'app.

Il cursore che lampeggia scandisce i miei battiti. Indecisa mi mordo le labbra. Il mio pollice accarezza le lettere e alla fine cedo al mio desiderio.

«Dormi?»

Io vedo la tua Luce Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora