La fuga

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Peeta inizia ad ansimare, la sua gamba finta non lo aiuta a correre ne tantomeno la sua età. Ormai non siamo più dei 16enni. Entrambi cerchiamo di non fermarci per arrivare il più lontano possibile dal palazzo presidenziale. D'un tratto sento una fitta al cuore e penso ai miei bambini, Prim e Ryan, cosa gli sarà successo? Staranno bene?
-Basta! Katniss basta! Non c'è la faccio più.- dice Peeta chiaramente esausto.
Si piega su se stesso e si siede sotto un albero poi mi fa cenno di sedermi accanto a lui. In silenzio mi siedo e guardo la zona cercando di trovare una via per lasciare Capitol City.
Non vedo più case o palazzi quindi immagino che ci troviamo in una sorta di bosco. Di solito sono proprio i boschi a separare i vari distretti quindi forse siamo vicini al distretto 1. Il problema è arrivare al 12.
Peeta distende le gambe e controlla quella finta per stringerla.
-Scusa... Abbiamo corso troppo.- dico in tono sommesso.
-No, tranquilla. Dovevamo correre per forza in quel modo.- dice con un sorriso. -Ce ne capitano di tutti i colori. Siamo proprio un disastro insieme.- dice sorridendo.
-Però siamo uno splendido disastro.- dico dandogli un caldo bacio sulle labbra.
-Forza incamminiamoci. Non voglio che Prim e Ryan vengano catturati.- dice Peeta adesso serio.
-Si, andiamo.- dico.
Ci alziamo e torniamo leggermente indietro per vedere in quale città o distretto siamo. Da dietro un albero scorgo un anziana signora e decido di chiederle informazioni.
-Scusi, dove siamo?- chiedo gentilmente.
-A Capitol City.- risponde.
-Capisco...- dico mordendomi il labbro. -Sa se c'è un treno o qualcosa che mi possa portare al distretto 12?- domando speranzosa.
-Li c'è una ferrovia ma non so fino a che punto vi possa aiutare.- risponde indicando con il vecchio dito la ferrovia alle sue spalle.
-Grazie.- dico.
Afferro la mano di Peeta e ci dirigiamo presso la ferrovia. Fortunatamente è aperta e riusciamo a vedere tutti gli orari di partenza. Per nostra sfortuna la partenza per il 12 è prevista nel tardo pomeriggio.
-Che facciamo?- dico girandomi verso Peeta.
-Dobbiamo aspettare. È inutile andare a piedi, potremmo perderci e non arrivare mai. Nascondiamoci nei boschi e aspettiamo.- dice.
-Va bene.- dico tristemente, consapevole che in quelle ore Gaio sarebbe potuto andare al 12 senza problemi e prendere i miei figli se non l'avesse già fatto. La paura diventa parte di me, e il tempo sembra non passare mai. Ogni minuto è come una nuova minaccia e l'ansia inizia a invadermi. Peeta cerca di restare calmo ma capisco dalla sua espressione che è preoccupato quanto me.
Il tempo trascorre lento ma finalmente sembra essere arrivato il momento di andare, così io e Peeta ci alziamo in direzione della ferrovia.
Mentre camminiamo notiamo nei muri le nostre foto con sotto la scritta "Ricercati. 1.000.000 a chi me li riporta VIVI!"
'Cavolo' penso nella mia mente. Quello li darà tantissimo denaro a coloro che ci riportano da lui vivi. Siamo ricercati! Come faremo a prendere la ferrovia senza che ci riconoscano?
-Tranquilla. So a cosa pensi. Ma sono stati appesi da poco, se ci sbrighiamo il capo della stazione nemmeno se ne accorgerà. Su andiamo.- dice Peeta che riesce sempre a trovare le parole giuste per confortarmi.
Saliamo sul treno e chiediamo della partenza per il 12.
-Si, parte fra tre minuti. Andate a sedervi.- dice il capo treno.
Io e Peeta ci sediamo agli ultimi posti, io gli cingo la vita e lui mi accarezza dolcemente i capelli. Finalmente stiamo andando al 12, le mie paure iniziano ad essere più leggere, ma il senso d'angoscia continua a martellarmi senza sosta. Dopo una buona mezz'ora arriviamo a destinazione e io per istinto lascio Peeta e schizzo fuori dal treno in direzione del villaggio dei vincitori.
Noto Peeta che cerca di starmi dietro ma io sono più veloce. Svolto l'angolo della piazza centrale e arrivo al villaggio. C'è una macchina parcheggiata all'esterno di casa mia.
Trasalisco appena vedo il sigillo di Capitol City. Credo di avere un mancamento perché Peeta mi afferra giusto in tempo prima che io cada all'indietro.
-Capitol City?- dice Peeta perplesso.
-Peeta è lui! È Gaio! È venuto a prendere i nostri figli!- grido mentre le lacrime iniziano a rigarmi il viso.
-Calma, calmati.- dice Peeta.
Dopo pochi istanti vedo un uomo con un bambino biondo in braccio, è Ryan.
-Lasciatemi, lasciatemi!- inizia a gridare una voce familiare.
-Mettetemi giù!- è Prim.
Automaticamente sbalzo Peeta all'indietro e corro verso l'auto.
-Lasciate subito i miei figli, maledetti!- gli urlo con il viso ormai distrutto dalle lacrime.
Con tutte le forze che ho in corpo colpisco l'uomo che tiene Prim, ma nulla sembra scalfirlo.
Peeta arriva alle mie spalle e inizia a fare a pugni con i due uomini.
-Bravi, complimenti.- dice qualcuno applaudendo alle mie spalle.
Mi volto e vedo il sorriso malizioso di Gaio che mi fissa con aria soddisfatta.
-Adesso siete tutti e quattro miei prigionieri.- dice. -Portateli via!- ordina ad altri due uomini che scendono dall'auto e sollevano me e Peeta da terra.
-Perché?! Perché stai facendo tutto questo!- gli urlo distrutta dal dolore.
-Forse è solo divertimento.- risponde iniziando a ridere.

Spero che il capitolo vi sia piaciuto! Votate e commentate❤️

Primrose e Ryan MellarkDove le storie prendono vita. Scoprilo ora