Simone fingeva di studiare, sfogliando qua e là le pagine del libro di storia per l'interrogazione del giorno a venire, benché in realtà la sua attenzione fosse fissa al suo cellulare, in attesa di una chiamata - da chi, non lo sapeva nemmeno lui.
Era inverno, la neve aveva preso a cadere e imbiancare le strade come non accadeva da tanti inverni a Roma - una Roma che il cambiamento climatico aveva ormai reso soffocante.
La neve era bella, in teoria, ma era innegabilmente portatrice di una grande e insopportabile malinconia, che Simone non voleva provare. Non di nuovo.Quanto doveva essere sola una persona se, persino con un clima così che dovrebbe invogliare la gente a unirsi, si era ritrovata l'unica, in una casa troppo grande, a sorseggiare tè e fingere di studiare per un interrogazione per la quale probabilmente non sarebbe mai stato pronta, visto l'andazzo degli ultimi tempi.
Che mestizia, che tristezza, che desolazione. Povero Simone.La verità era solo una: la vita di Simone era un gran casino.
E non poteva nemmeno essergliene fatta una colpa, con tutto quello che aveva dovuto passare negli ultimi mesi.Ogni luogo che frequentava e che viveva gli era da promemoria delle persone che non c'erano più o che avevano provato ad abbandonarlo.
Mimmo dov'era? Non poteva fare a meno di pensare a lui e gli scenari non erano mai felici, perché l'ultima immagine che aveva di lui era quella in cui saliva su quella maledetta auto, e da lì non aveva saputo più niente. Si era volatilizzato e Simone non aveva potuto fare a meno di ipotizzare il peggio.
Dunque, in primis, una chiamata da parte di Mimmo sarebbe stata apprezzata, così da alleggerire uno dei tanti pesi dei quali si era dovuto caricare.E poi c'era suo padre, operato d'urgenza e ora in riabilitazione.
Non passava giorno senza che Simone sognasse un mondo senza di lui e si svegliasse madido di sudore, sull'orlo del pianto. Ma tanto, chi avrebbe mai potuto sentirlo? La stanza ormai era diventata singola.
Una chiamata anche da parte sua, giusto per aggiornarlo del fatto che stesse bene e si stesse riprendendo, sarebbe stata altrettanto gradita.... ma chi voleva prendere in giro?
Una chiamata stava aspettando: quella di Manuel.
Manuel, lo stupido Manuel, che qualche ora prima era uscito in moto e ora si trovava sicuramente bloccato chissà dove in mezzo a una tempesta di neve.Gli aveva scritto dei messaggi, lo aveva già chiamato, ma non aveva ancora risposto e Simone era preoccupato.
Perché, malgrado gli spazi tra di loro, Simone non avrebbe mai smesso di preoccuparsi per Manuel.Una chiamata finalmente arrivò e Simone corse verso il telefono, rispondendo senza nemmeno vedere il mittente.
"Manuel?", chiese, già sospirando di sollievo.
"No, Simone, sono la mamma", gli rispose dall'altro capo del telefono, "Ho una buona notizia: dimettono tuo padre. Dacci qualche ora e io e la nonna lo portiamo a casa".
Simone crollò sulla sedia, esausto come avesse corso una maratona, sollevato come gli avessero tolto di dosso un peso da cento chili.
Si concesse di sorridere e di emozionarsi a quella informazione e ringraziò sua madre, tanto, di cuore.Quando chiuse la chiamata, si guardò intorno e si rese conto di non avere nessuno a cui dirlo.
E allora il respiro tremante d'emozione si tramutò in uno di sofferenza e solitudine, mentre nella sua testa rimbombava la domanda: cosa c'era di così sbagliato in lui?

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Spaces between us
FanfictionGli spazi tra Manuel e Simone si sono allargati, sempre di più: sono diventate voragini, buchi neri che hanno risucchiato tutto ciò che di loro esisteva. La "Manuel e Simone Associati" non esiste più, perché, entrambi presi dalla frenesia della vit...