Ci sono giorni in cui le ore sembrano scorrere più lente rispetto al solito.
Per quanto il tempo oggettivo cadenzi il ritmo della vita come un orologio svizzero, quello soggettivo talvolta sembra partire per la tangente e far durare ore secondi, o secondi ore.Ebbene, quella giornata di scuola, seppur fatta di sei ore, sembra durarne seimila.
L'intera classe è stremata a causa della verifica di chimica e dell'interrogazione di latino - lettura metrica, una strage; Ryan si è pure morso la lingua nel tentativo di leggere un esametro.
Per di più, la pioggia, che incessante batte sui vetri e li fa appannare, ingrigisce l'atmosfera così come l'umore.
Insomma, non è una gran giornata per nessuno. Nemmeno per Manuel e Simone, che quella mattina hanno dovuto abbandonare la moto per prendere i mezzi pubblici. Tutti sono più irritabili dopo mezz'ora di autobus, suvvia.
Come ciliegina sulla torta Dante Balestra ha deciso di spiegare seriamente. Lui, maestro del fancazzeggio, all'ultima ora di una triste e pesante giornata uggiosa si è messo a filosofeggiare e nessuno, tantomeno Manuel che a filosofia sta sempre un po' più attento, sta realmente seguendo.
Dante sta seduto sulla cattedra,
gesticolando e discorrendo di un antico filosofo che ce l'aveva un po' col mondo, quando il bussare alla porta lo interrompe."Prego", esorta Dante a entrare.
La porta si socchiude e ne spunta fuori il bidello. "Professore, può venire fuori un attimo? La preside ha bisogno di lei".
Un mormorio si alza tra i banchi: da un lato perché finalmente, alleluia, la lezione verrà interrotta; dall'altro perché muoiono di curiosità, ché quando c'è di mezzo la preside vuol dire che qualcuno ha combinato qualche casino.
"Ragazzi, state buoni, io torno subito", li ammonisce Dante per poi uscire dall'aula, chiudendosi la porta dietro di sé.
"Simo, tu sai mica qualcosa?", è la domanda, abbastanza prevedibile, che gli rivolge Luna.
Quest'ultimo fa spallucce, disinteressato. "Non so niente".
Potrebbe per una santa volta non riguardare sé stesso né la sua classe, no? E sarebbe un gran risultato, visto che i guai sembrano perseguitarli.
Manuel si propende verso destra per farsi più vicino a Simone e parlargli a sussurri: "Secondo te è 'na roba seria?".
Simone sospira, "Non lo so. Quando torna vediamo come si comporta e lo capiamo".
L'entusiasmo per quella novità scema rapidamente e ognuno prende a farsi gli affari propri fino a che Dante non rientra, passati forse una decina di minuti - che sono volati, maledetto tempo soggettivo.
All'apparenza pare tranquillo, tanto che riprende a spiegare proprio da dove si è interrotto, ma qualcosa sembra averlo turbato. Ormai Simone ha imparato a conoscere suo padre, le sue espressioni facciali e le sue movenze, il modo in cui dissimula e poi bypassa situazioni scomode per non doverle affrontare.
Vorrebbe chiedergli qualcosa a fine lezione, ma sa, conoscendolo, che non gli direbbe una parola.La campanella suona e tutti, con lentezza, prendono a sistemare le proprie cose. Col tempo che c'è fuori nessuno ha veramente intenzione di andarsene da lì.
"Io odio l'autobus", borbotta Manuel. "Dovremmo comprare una macchina", statuisce serio subito dopo.
Simone gli lancia uno sguardo divertito mentre chiude il suo zaino. "Con quali soldi?".
"Vendiamo 'a vespa tua".
"Col cazzo", risponde serio, ma lo sa che stanno solamente scherzando. "E poi coi soldi che faremmo con la vespa ci compriamo a malapena una macchina giocattolo, Manuel".

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Spaces between us
FanfictionGli spazi tra Manuel e Simone si sono allargati, sempre di più: sono diventate voragini, buchi neri che hanno risucchiato tutto ciò che di loro esisteva. La "Manuel e Simone Associati" non esiste più, perché, entrambi presi dalla frenesia della vit...