Trovai subito il mio posto sull'aereo, rigorosamente davanti accanto al finestrino come avevo sempre fatto. Mi era sempre piaciuto guardare il Mondo dall'alto, le nuvole pannose che attorniavano l'aereo, avvolgendo nel mistero la destinazione e i nuovi capitoli della vita.
Quella volta però era diverso, stavo lasciando dietro di me tutte le persone che amavo di più: Max, i miei amici, Pierre e Charles. Era la prima volta in cui il monegasco non sarebbe stato parte di una delle mie avventure, dal primo giorno trascorso insieme quando eravamo poco più che bambini eravamo sempre stati l'uno al fianco dell'altra, tutto era cambiato ormai, avevo messo la parola "fine" alla nostra storia costellata più di ombre che di luci e potevo finalmente "volare" verso una nuova vita sperando di non perdere nessun altro, soprattutto Max. Aveva cercato di essere forte ma ero sicura che anche lui fosse spaventato all'idea di non avermi con sè ogni giorno.
Pensai ai mesi successivi al mio incontro con l'olandese e a quanto ero stata felice, nonostante le difficoltà, mi ero ripresa tutto quello che la vita mi aveva portato via negli anni precedenti, non sarebbe stato facile vivere a chilometri da casa, da lui ma ero pronta, avevo la forza necessaria per provarci almeno.
Controllai il cellulare un'ultima volta prima di selezionare la modalità aereo e trovai due messaggi: il primo di Max in cui mi augurava buon viaggio e di godermi ogni istante del mio arrivo a New York, il secondo era di Pierre
"Non ce l'ho fatta a venire in aeroporto, non riuscivo a sopportare l'idea di vederti andar via un'altra volta, però credo non ci sia stato un miglior arrivederci tra di noi di quello alla pista dei kart. Ti prometto che verrò prima che tu te ne accorga a trovarti, ti voglio bene Lisa, più di quanto immagini"
Deglutii ispirando profondamente al pensiero di quello che era successo solo pochi giorni prima in quella pista, mi convinsi del fatto che non aveva avuto alcun significato e che la cosa giusta da fare fosse quella di guardare avanti.
Taylor Swift-Welcome to New York
Allacciai le cinture e provai un sentimento a metà tra la felicità incontenibile per il sogno che stavo realizzando e come sempre il timore di mettere da parte il passato. L'aereo iniziò a vibrare e a muoversi sulla pista pronto a decollare verso un nuovo imprevedibile sogno.
Inaspettatamente ero riuscita a dormire durante il volo nonostante l'emozione, guardai fuori, doveva essere circa metà mattina. Slacciai le cinture, ero troppo impaziente, volevo solo recuperare la mia valigia, uscire dall'aeroporto e vedere la città per la prima volta.
Avevo pianificato tutto alla perfezione per riuscire a raggiungere subito l'Academy che si trovava a Manhattan con un taxi, così da vedere il panorama della city, la prima tappa era il colloquio con la direttrice, subito dopo sarei andata all'appartamento, che sarebbe stato la mia casa per i mesi a venire.
Riuscì a recuperare prima del previsto il mio bagaglio e corsi verso l'uscita dell'aeroporto JFK gremito di turisti. Non aspettai molto, riuscì a trovare un taxi libero, il taxista mi aiutò a caricare nel bagagliaio la valigia e lo zaino. Sorrisi pensando a quante volte avevo sognato in una di quelle auto gialle, finalmente non erano più speranze, era la realtà. Sarebbe stato perfetto vedere New York per la prima volta con Max ma non era possibile almeno non in quel momento, se fosse stato con me nel taxi non avrebbe mai lasciato la mia mano e avrebbe continuato ad osservarmi mentre guardavo rapita dal finestrino la città. Mi convinsi del fatto che mi avrebbe raggiunta il prima possibile mentre l'aeroporto spariva alle mie spalle.
Eravamo a meno di trenta chilometri da Manhattan ma il tragitto mi sembrò più corto del previsto, una lacrima sfuggì dai miei occhi quando ci ritrovammo nel traffico e il mio sguardo iniziò a scorrere sui marciapiedi pieni di persone che sembravano dirigersi in mille direzioni diverse, sugli altri taxi e i primi grattacieli. Era ancora più mozzafiato di quanto avessi immaginato nei miei sogni da bambina
<<Prima volta?>> chiese l'uomo alla guida
<<Si nota così tanto?>> risposi sorridendo
<<Giusto un pochino>> precisò con gentilezza <<l'ho capito dal suo sguardo>>
<<Ci si ambienta in fretta?>>
<<Io sono emigrato qui circa vent'anni fa quando ero poco più che un ragazzo dal Canada e le posso assicurare che all'inizio non sarà facile ma poi vedrà che si sentirà quasi a casa, i giovani sono molto accoglienti e ospitali qui>>
Sperai che avesse ragione, mi sarei confrontata da subito con persone nuove che avevano avuto accesso alla borsa di studio come me e che molto probabilmente provenivano da posti diversi. Non era la prima volta che decidevo di buttarmi a capofitto in un posto completamente nuovo ma le volte precedenti erano state più semplici: Monaco e l'Italia erano entrambe casa per me.
Il taxista accostò vicino ad un marciapiede, intuì che avessimo finalmente raggiunto la destinazione, non appena scesi dalla macchina la colonna sonora di Manhattan mi investì con tutta la sua potenza tra le persone che conversavano, il rumore delle automobili e i clacson. Davanti a me si stagliava l'ingresso della Academy di New York, l'edificio era costellato di immense vetrate e bandierine che sottolineavano la matrice multietnica e culturale dell'accademia.
<<I suoi bagagli signorina>> tornai alla realtà e lo ringraziai
<<E buona fortuna, per tutto ma non ne ha bisogno, nè sono certo>> mi strinse la mano prima di ripartire
Mi avviai verso l'ingresso con le mani tremanti, strinsi forte la maniglia della mia valigia mentre avanzavo decisa. Le porte automatiche si spalancarono e sentì subito un odore fresco di lavanda, c'era una vetrata, intuì che fosse una sorta di reception accanto ad un'ampia scala bianca in marmo sovrastata da un arco.
Una donna di bassa statura, castana con un paio di occhiali inforcati sul naso, che non doveva avere più di quarant'anni mi accolse con un sorriso
<<Buongiorno! Tu devi essere la ragazza nuova, Lisa?>>
<<Sì esatto, sono io>> risposi porgendole la mano che lei strinse delicatamente
<<Hai un bellissimo nome che profuma d'Italia. Sono Lucinda, però per tutti i ragazzi qui solo Luce. Io di solito sono sempre qui all'ingresso e mi occupo sia dell'accoglienza che dell'orientamento, e di qualunque cosa abbiate bisogno>>
<<Sei molto gentile, grazie. Sono passata subito qui perché il colloquio con la direttrice>> dissi gentilmente
<<Sei coraggiosa, sei venuta subito qui. Spero tu abbia fatto buon viaggio>>
<<Sì a dir la verità credo di dovermi solo abituare alla differenza del fuso orario>> ammisi sorridendo un pò agitata per il colloquio
<<Certo cara, è naturale. Puoi lasciare qui i tuoi bagagli e andare dalla direttrice nel suo ufficio, lo trovi al terzo piano, prima porta a sinistra. E qui alla fine del corridoio abbiamo l'ascensore>> mi diede tutte le occasioni e posò una mano sulla mia spalla <<stai tranquilla, rilassati. Sembra un pò fredda all'inizio ma è una donna con un cuore grande>>
<<Ti ringrazio Luce>>
Premetti il pulsante dell'ascensore cercando di rilassarmi , scrissi un messaggio a Max per dirgli che stavo per andare a colloquio, sperai che stesse dormendo perché avrebbe avuto il Gran Premio di casa sua quel giorno, sentivo già la sua mancanza, avrei voluto che fosse lì ad aspettarmi.
Trovai la porta suggerita da Luce, una targhetta scintillante mostrava il nome di Miss. Wilson, respirai asciugando le mani leggermente sudate sui pantaloni e bussai sperando in una risposta.
Nota dell'autrice
Prossima pubblicazione: la prima parte del quarto capitolo->mercoledì 7.02
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Blue boy
RomanceSEQUEL di The boy in red "I think true unconditional love is like, do you love someone so much that even you would even love them, if they didn't love you anymore? Like that is unconditional love" -T. Swift Rosso era il colore dell'amore, il...