8 - La voce della rivolta

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«Fa' con calma, non c'è alcuna fretta.» la rassicurò il medico mentre la aiutava ad alzarsi dal letto.

Joni faceva attenzione a seguire le istruzioni del dottore. Lui le stringeva la mano e la aiutava ad appoggiare delicatamente i piedi sul pavimento freddo della stanza, così lucente da riflettere la sua immagine nelle piastrelle.

Il dolore alla pancia si era attenuato, nonostante le capitasse ancora di provare delle fitte improvvise durante la notte. Non aveva chiuso occhio e lo si poteva notare dalle profonde occhiaie che le contornavano nel palpebre. I dottori dicevano che stava facendo passi da gigante, però.

Joni avvolse l'avambraccio attorno alla vita, coprendosi lo stomaco. Gemette dal dolore e il medico la rassicurò, dicendole che era normale. Il dolore passò dopo pochi secondi e Joni fece un sospiro di sollievo.

Finalmente riuscì a mettersi in piedi e un largo sorriso si fece spazio sul suo volto. Anche il dottore sorrise, fiero dei suoi sforzi. Sapeva che non era facile per lei, non solo fisicamente, quindi era bello vederla riprendersi man mano che i giorni passavano.

Qualcuno bussò alla porta ed entrambi si voltarono verso l'ingresso della stanza. Joni si aggrappò al muro per non rischiare di cadere. Entrarono Hallie e Carter.

«Non è orario di visite.» affermò il dottore, aggrottando le sopracciglia.

«Voglio soltanto sapere se Joni sta bene.» ribatté Hallie, quasi in tono supplichevole.

«Sta meglio. Se continua così, ci sono alte probabilità che possa essere dimessa anche domani.» il volto di Joni si illuminò non appena sentì quelle parole.

«Finalmente una buona notizia.» sospirò Carter.

Joni sapeva che avrebbe fatto meglio a restare dov'era, aggrappata al muro, ma non riuscì a resistere: camminò barcollando verso Hallie e la strinse in un caloroso abbraccio, cogliendo tutti alla sprovvista. Il medico aprì la bocca per parlare ma la richiuse subito dopo.

«Grazie, Hallie. Per tutto.» disse, quasi in un sussurro.

«Grazie a te per non esserti lasciata andare.» Hallie lo pensava sinceramente, in tutti i sensi.

Interruppero l'abbraccio e si guardarono. Hallie si accigliò nel notare una strana malinconia nei suoi occhi. Le chiese se stesse bene, e Joni decise di dire la verità senza girarci intorno.

«Sei l'unica che è venuta a trovarmi, da quando sono rinchiusa in questo posto.»

«Non è venuta neanche Mary?» Joni scosse la testa, quindi Hallie si avvicinò e le accarezzò la guancia «Sono sicura che se avesse potuto sarebbe venuta. Lo stesso vale anche per gli altri.» a quelle parole, la ragazza si limitò ad annuire «Si sistemerà tutto. vedrai.»

Hallie sospirò e tornò da Carter. Salutarono Joni e il dottore, dicendo che sarebbero tornati la mattina seguente. Uscirono dalla stanza e si incamminarono lungo il corridoio gremito di medici e infermieri.

«Le pensi davvero, le cose che hai detto? Che si sistemerà tutto?» domandò Carter, pensando di sapere già la risposta.

«Di sicuro la sua vita non sarà più come prima, ma lo stesso vale anche per noi due.» rispose Hallie e lui non osò ribattere.

Quando uscirono dall'ospedale, entrambi vennero colpiti come uno tsunami dalle grida e dalle parole della gente. Una folla di persone camminava per strada con dei cartelli in mano, bloccando il traffico e creando confusione.

In un sonoro coro collettivo, tutti pronunciavano la stessa parola, dividendola in sillabe: «Cen-su-ra! Cen-su-ra! Cen-su-ra!»

Su ogni cartello era presente una scritta. Alcuni mostravano anche disegni di Ghostface o disegni del logo di Squartati. Alcuni cartelli recitavano stop alla violenza vera nel cinema! oppure censurate Squartati! e così via.

Hallie restò sbalordita nel vedere tutte quelle persone battersi per la stessa causa. Una causa che la riguardava personalmente. Se quella gente si fosse accorta che lei si trovava a pochi metri da loro, probabilmente le sarebbero saltati addosso e l'avrebbero usata per supportare la loro ideologia.

«L'altra uscita. Andiamo.» Carter la prese per mano, risvegliandola dal suo stato di trance, e insieme tornarono all'interno dell'ospedale.

Arrivarono all'appartamento di Hallie un'ora dopo. Avevano dovuto prendere un'altra strada dato che quella principale era bloccata a causa della protesta. La maggior parte di quelle persone sarebbero state arrestate, ma di sicuro a loro non importava. Loro erano la voce della rivolta.

Meredith e Brandon erano seduti al piccolo tavolo rotondo in salotto, gli occhi fissi sullo schermo della televisione. Il notiziario stava mostrando in diretta le immagini della protesta e alcuni poliziotti avevano già preso l'iniziativa.

«Che sta succedendo?» domandò Carter, ancora ignaro del motivo di quella ribellione.

«Vogliono censurare Squartati. Sai, quei film horror di cui tutti parlano. Dicono che fare soldi sulla morte di persone reali è crudele e disumano.» spiegò Brandon.

«Finalmente hanno aperto gli occhi.» disse Hallie per poi togliersi il cappotto e appenderlo all'attaccapanni.

Liam sbucò correndo dal corridoio e la abbracciò. Era così basso che riusciva a stringerla solo attorno alla vita. Hallie lo prese in braccio e gli scompigliò i capelli dorati, facendolo ridere.

Hallie andò a sedersi a tavola insieme a Meredith e Brandon, passando accanto ad uno scaffale su cui erano incorniciate foto che racchiudevano svariati ricordi. I suoi genitori, Randy, Lonny, Troy, una foto tra Meredith e Tania quando lei era appena nata e una foto tra Sidney ed Hallie quando era ancora una bambina. Tutte memorie rese indelebili dallo scatto di una fotocamera.

«Finalmente sarà fatta giustizia.» disse Meredith, stringendo le mani in quelle di Hallie, gli occhi pieni di speranza.

«Non finché quel maniaco si trova ancora là fuori.» ribatté lei, fredda e a tratti ostile.

«Lo prenderanno, vedrai.» Brandon cercò di essere ottimista.

«Non voglio che lo prenda la polizia. Dovrò essere io a farlo. Lo voglio avere tra le mie mani.»

«E come pensi di riuscirci?» Carter, che era rimasto in piedi accanto all'uscita, si intromise nella conversazione «Questa non è Woodsboro. L'assassino potrebbe essere chiunque, anche solo un pazzo qualunque. Magari è un fan di quello stupido film.»

«Ha ragione.» concordò Brandon «Los Angeles è piena di gente fuori di testa, e questo io lo so bene.»

Brandon aveva ragione. Lui sapeva meglio di tutti loro che in città c'erano troppe persone instabili. In fondo era uno strizzacervelli, giusto? Di sicuro era al corrente di molte cose.

Hallie lo guardò come se una lampadina si fosse appena accesa nel suo cervello: «Esatto. Tu lo sai bene. Hai detto che hai a che fare tutti i giorni con i tuoi pazienti.»

«Ti fermo qui perché non conosco nessuno che possa avercela con te. I miei pazienti sono a posto, sotto questo aspetto.» ribatté prontamente lui.

«Hai anche detto che molti dei tuoi pazienti stanno affrontando un lutto. E se uno di loro fosse arrabbiato perché ho ucciso Jim? O Helen o Yara?» Hallie sembrava determinata a togliergli le parole di bocca «Brandon, ti prego. Promettimi che cercherai di trovare più indizi possibili.»

«D'accordo, vedrò cosa posso fare. Ma non ti prometto niente.»

Hallie sorrise, grata per la sua collaborazione. Non poteva fare tutto da sola, aveva bisogno dell'aiuto di altre persone per vincere questa battaglia.

«È meglio che io vada.» Carter ruppe il silenzio e si voltò, pronto ad aprire la porta e andarsene.

«Carter.» Hallie lo chiamò prima che potesse mettere piede fuori «Puoi restare qui con me? Solo per stasera.»

Carter restò fermo dov'era, chiaramente sorpreso da quella richiesta. Forse questo era un segno che le cose stavano cambiando tra di loro. Hallie si fidava di lui, quindi accettò.

Scream - L'ultima chiamataDove le storie prendono vita. Scoprilo ora