3 - L'odore della morte

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Il risorante, come al solito, era pieno di gente, nonostante fossero le undici passate. Era un edificio grande, illuminato da luci soffuse che contribuivano a creare un'atmosfera piacevole. Sembrava tutto tranquillo, tutto normale. Il mondo era ancora ignaro della tragedia.

Seduta ad un tavolo con un calice di vino tra le dita c'era Hallie Prescott. Erano passati soltanto due anni ma era cambiata moltissimo: aveva tinto i capelli di rosso e li aveva tagliati a caschetto. Aveva finalmente trovato lo stile che più si addiceva alla sua personalità.

Davanti a lei c'era Carter Portman che la fissava con un largo sorriso stampato sul volto. Hallie bevve un lungo sorso di vino per poi appoggiare il calice vuoto sul tavolo. Si pulì le labbra con un fazzoletto e spostò lo sguardo su di lui.

«Adesso che abbiamo finito di mangiare, posso farti qualche domanda?» chiese Carter, assumendo un tono dolce e pacato.

«Mh-mh.» annuì Hallie, più fredda e distaccata rispetto a lui.

«Da quanto tempo vivi qui in città?»

«Qualche mese. Inizialmente non mi convinceva l'idea di trasferirmi in una grande città, ma non volevo lasciare mia zia e mia cugina da sole. Tu, invece?»

«Io vivo qui da tutta la vita. Non mi sono mai spostato, non ne ho mai sentito la necessità. Però scommetto che si vive meglio in una piccola cittadina. Confermi?»

«Dipende. Ha i suoi pro e contro, come tutte le cose. Io mi trovo molto meglio qui. Prima tutti mi riconoscevano facilmente, ovunque andassi. Adesso, invece, vengo trattata come una persona qualunque.»

«Come fai ad essere così forte?»

Hallie aggrottò le sopracciglia: «Che vuoi dire?» in realtà sapeva perfettamente di cosa stava parlando.

«Cioè, dopo quello che ti è successo uno si aspetterebbe che...»

Lei lo interruppe prima che potesse portare a termine la frase: «Niente. Non faccio niente di speciale. Cerco di sopravvivere.»

Calò subito un silenzio imbarazzante tra di loro. Carter abbassò il capo, passandosi una mano tra i capelli. Hallie distolse lo sguardo, mordendosi il labbro inferiore e pensando a qualche argomento di cui parlare per rompere il ghiaccio.

«Scusa, non volevo sembrare offensivo.» Carter fu il primo a parlare. Quando Hallie tornò a guardarlo, si rese conto che era diventato rosso come un pomodoro.

«Non fa niente, non sei il primo che mi fa domande di questo tipo. Un giorno anche mio figlio me lo chiederà.» rispose lei e Carter sembrò restare perplesso dalle sue parole.

«Tuo figlio?»

«Sì, si chiama Liam. C'è qualche problema?»

«No, certo che no. Nessun problema.»

Calò nuovamente silenzio. Questa volta, però, non parlarono più. Si alzarono dal tavolo e si diressero al bancone. Hallie insisté per pagare la sua parte ma alla fine Carter pagò per entrambi. Infine uscirono dal ristorante e Carter si offrì di accompagnarla a casa.

Quando arrivarono davanti al condominio, Hallie gli disse di fermarsi. Carter fermò l'auto davanti all'edificio e attese che lei uscisse. Restò a guardarla mentre saliva i gradini che conducevano all'ingresso.

Carter si sentiva come se avesse rovinato la serata. Non lo avrebbe mai ammesso davanti a lei, eppure era vero. Se solo non le avesse fatto quella domanda, adesso Hallie gli avrebbe chiesto di uscire una seconda volta. E invece se ne stava andando. Doveva cogliere l'attimo.

«Hallie.» la chiamò dall'auto e lei si fermò davanti alla porta del condominio, spostando la sua attenzione verso di lui «Volevo soltanto dirti che ti stimo molto. Sappilo.»

Scream - L'ultima chiamataDove le storie prendono vita. Scoprilo ora