11 - Il film continua

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Il cortile del Williamson College, avvolto dall'oscurità, era stato assediato da una folla di studenti che guardavano sconvolti la barella che veniva trasportata fuori dall'edificio. Il cadavere di Janet si trovava all'interno di un sacco nero, chiuso con una zip.

Alcuni ragazzi sussurravano ipotesi ai propri amici, altri piangevano e altri ancora erano arrabbiati. Erano arrabbiati perché il signor Stacey aveva fatto promesse avventate. Il loro preside, colui che avrebbe dovuto proteggerli e aiutarli non solo nel percorso di studi, aveva mentito.

L'attenzione sul sacco nero fu subito spostata verso qualcuno che si faceva spazio tra la folla. Era impossibile non riconoscere il volto di Hallie Prescott, che restò a guardare la barella mentre veniva trasportata all'interno del furgone del coroner.

«È tutta colpa tua, Hallie!» esclamò una persona dalla folla.

«Sei un parassita!» disse un altro ragazzo.

«Vattene dalla nostra città!» disse una ragazza.

Hallie li ignorò: non era la prima volta che qualcuno le diceva simile cattiverie. Inizialmente quelle parole le facevano male, ma col tempo aveva imparato a fare spallucce e non dar loro troppo peso.

«Non è vero.» qualcuno le toccò la spalla e lei si voltò di scatto. Era Michael «Non è stata colpa tua, non starli a sentire.»

Michael non aveva pianto una singola lacrima. I suoi occhi non erano rossi né lucidi e sembrava il meno scosso dalla tragedia. Hallie restò a riflettere sulle sue parole e capì che stava mentendo. Era tutta colpa sua se le persone stavano morendo.

Quando aprì la bocca per ribattere, vennero interrotti dalle urla di un uomo. Tutti i presenti, compresi Hallie e Michael, si voltarono: il signor Stacey si dirigeva piangendo verso la folla mentre la figlia lo aiutava a reggersi in piedi. I suoi lamenti erano strazianti.

«Gli avevo detto di chiudere la scuola, glielo avevo detto. Ma lui non mi ha ascoltato.» sussurrò Michael nell'orecchio di Hallie.

Il signor Stacey vide le porte del furgone del coroner chiudersi. Il padre della vittima si inginocchiò sull'erba del cortile, singhiozzando come un bambino. Mary si inginocchiò accanto a lui e lo strinse in un abbraccio, piangendo sulla sua spalla.

Hallie non ce la faceva più, doveva allontanarsi da quel posto. Era come se fosse ritornata a Woodsboro, il giorno in cui Stella Young fu brutalmente uccisa all'interno della scuola. Ricordava ancora la disperazione di Dylan quando si ritrovò sulla scena del crimine.

Hallie uscì dal cancello del Williamson College ed entrò subito in macchina. Adesso che non c'era nessuno a guardarla, poteva finalmente lasciarsi andare. Allora pianse. Pianse fino ad esaurire tutte le sue lacrime. Era tutta colpa sua.

Fu interrotta dallo squillo del cellulare. Hallie si asciugò rapidamente gli occhi per poi afferarre il dispositivo riposto sul sedile del passeggero. La chiamata proveniva dal cellulare di Tania. Poteva significare solo una cosa.

«Che c'è?» domandò, con la voce rotta dal pianto.

«Ciao, Hallie. Ti godi lo spettacolo?» l'assassino rise di gusto.

«Vaffanculo!»

«Che volgarità.»

«Che piacere ci provi in tutto questo? Qualsiasi cosa tu voglia da me, vieni qui e affrontami!»

«Ma così che divertimento c'è? Sarebbe troppo affrettato passare direttamente al terzo atto. Prima bisogna intrattenere gli spettatori.»

«Ma di che cosa stai parlando?»

«Questo è il gran finale, Hallie. L'ultimo capitolo della tua tragica storia perché non ci sarai per fare il numero quattro. Ti squarterò come ho fatto con quella puttana di tua cugina, ma quando lo deciderò io. Fino ad allora, il film continua.»

La telefonata terminò qui. L'assassino riattaccò e in auto calò un rumoroso silenzio. Hallie non riusciva più a trattenere lo tsunami di emozioni dentro di lei e lanciò il cellulare sul cruscotto, in preda alla rabbia.

Quel vigliacco non si sarebbe fermato mai. Questa volta era tutto diverso: la morte era sempre dietro l'angolo.

* * *

L'indomani, alle prime ore del mattino, gli studenti uscirono tutti in cortile per dirigersi al cancello della scuola con i bagagli alla mano. Il Williamson College era stato finalmente chiuso per volere della polizia e non c'era stato niente che il signor Stacey potesse fare per impedirlo.

Michael si trovava proprio davanti al cancello con due valigie, pronto per voltare le spalle alla scuola e andarsene. Prima, però, c'era qualcosa di importante che doveva fare. Restava lì ad aspettare, dando un'occhiata agli studenti che passavano, le braccia incrociate al petto.

Quando apparve Tony, zaino in spalla e trolley in una mano, Michael non poté ignorarlo. Si avvicinò a lui e con tutta la sincerità del mondo disse: «Tony, mi dispiace tanto.»

Il ragazzo si fermò dopo aver sentito quelle parole. Serrò la mascella, voltandosi lentamente verso Michael che aggrottò le sopracciglia. C'era qualcosa che non andava.

«Ti dispiace?» disse Tony, quasi in un sussurro.

«Certo che mi dispiace. Non riesco nemmeno a immaginare come ti senti ora che Janet...» Michael non riuscì a terminare la frase che subito si ritrovò spalle al muro.

«Io ti ammazzo, cazzo! Ti ammazzo!» urlò Tony, in preda all'ira, mentre non osava rilasciare il colletto della t-shirt di Michael.

«Tony, basta! Fermati!» Mary si intromise e prese il ragazzo per un braccio, allontanandolo dall'altro ed evitando una rissa.

Mary gli ordinò di calmarsi e lui annuì, facendo dei respiri profondi. Non osava staccare i suoi occhi da lupo da Michael, il quale restava a debita distanza da lui. Per la prima volta aveva paura di quel ragazzo all'apparenza timido e riservato.

«Non finisce qui.» lo ammonì Tony per poi afferrare il suo trolley e camminare via.

Mary rivolse un'occhiata dispiaciuta a Michael, uno sguardo che diceva fin troppo. Non aveva bisogno di parole per fargli capire che anche lei sospettava di lui. Alla fine la ragazza si allontanò e raggiunse Tony nel parcheggio.

L'unica cosa positiva di quel giorno era che finalmente Joni poteva essere dimessa dall'ospedale. Quest'ultima, accompagnata da Hallie e il medico, uscì dalla stanza che l'aveva ospitata per troppi giorni.

«Se senti dolore, prendi una di queste pillole. Mi raccomando, solo se senti dolore.» le spiegò il dottore e le porse le medicine in un barattolino «Non ti trascurare, Joni.»

La ragazza si sforzò di sorridere, successivamente Hallie le cinse la vita con un braccio e insieme salutarono il medico. Si incamminarono lungo il corridoio, lasciandosi quella stanza alle spalle.

«Non ero molto amica di Janet.» ammise Joni «Non l'avevo mai sentita davvero parte del nostro gruppo: se ne stava sempre in disparte. Quando ci sarà il funerale?»

«Non lo so, non mi sono informata. Però, Joni...» Hallie si fermò non appena uscirono dall'ospedale «... cerca di non pensarci troppo, va bene? Cerca di goderti questa giornata.»

«Hai ragione, scusa. Ah, un'ultima cosa. Mi vergogno un po' a chiedertelo, ma... posso venire a stare da te? I miei genitori non ci sono e non voglio stare da sola.»

Hallie sorrise: «Va bene, così potrò essere certa che sei al sicuro.»

Scream - L'ultima chiamataDove le storie prendono vita. Scoprilo ora