•Prologo•

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Sette anni prima

Ricordare... cosa significava ricordare? Riportare alla mente eventi piacevoli o spiacevoli? Remembrare volti, i nostri cari, i momenti passati con loro?
Come si poteva ricordare?
La mia intera esistenza era racchiusa in quattro mura, una stanza priva di porta, ma con spesse sbarre ad impedirmi di fuggire e raggiungere la libertà.
Il mio nome era ignoto, il mio clan pure. La mia specie dimenticata, o forse trasformata in storie per bambini ed adolescenti.
La mia identità era ormai codice 002, la seconda bambina ad essere portata lì: in un negozio clandestino di vendita non di oggetti o arredi per la propria abitazione, bensì di persone.

Eravamo in tutto 200, anche se non ci conoscevamo tutti. Il primo piano, il mio, era riservato ai bambini speciali; quelli forti, i prescelti, i dotati di sangue puro. Il nostro prezzo era elevato e più si saliva di piano, più diminuiva il marchio di vendita.
Quelli dell'ultimo erano gli esclusi, non avevano nemmeno un codice, o forse sì. Fatto sta, nessuno sapeva che fine facevano coloro che venivano condotti lì.
Io ero fortunata, perché grazie a me i superiori potevano incassare belle quote e di conseguenza ricevevo un trattamento migliore, se così potevamo definirlo.

Ero piccola, ingenua, orfana, sola. Non ricordavo nulla della mia vita passata, quindi ero facilmente raggirabile e credulona.
Il mio unico obiettivo era sopravvivere, come? Imparando quel nuovo meccanismo di vita, andando avanti per inerzia e sperando di raggiungere la vetta e di poter riscrivere un futuro che era stato già segnato da tempo

 Il mio unico obiettivo era sopravvivere, come? Imparando quel nuovo meccanismo di vita, andando avanti per inerzia e sperando di raggiungere la vetta e di poter riscrivere un futuro che era stato già segnato da tempo

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Nel frattempo, alla Capitale

Poco lontano potevo scorgere la valle di Pietra, chiamata così per la sua insolita formazione terrena. Oltre di essa si estendeva il nulla, o forse il tutto.
Seduto sulla torre est, potevo osservare l'intera Capitale ed oltre.
La mia casa, ai cancelli due guardie, loro erano la mia protezione, ma anche la mia condanna.

Ero piccolo, un sognatore, un amante dei viaggi, un avventuriero, ma imprigionato tra quattro mura con una massiccia porta in legno pregiato.
Ricchezza, lusso, sfarzo, giochi, avevo di tutto, ma in cuor mio non avevo nulla.
Non volevo sopravvivere in quella vita patetica, io volevo proprio vivere e l'unico modo per farlo, era fuggire di lì, a tempo debito, sperando di poter scrivere da me il mio futuro.

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