•Capitolo 4•

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Benjamin

Immobile a letto e con lo sguardo fisso sul soffitto abbellito dai dipinti dell'artista di corte, non potevo non ripensare a ciò che era accaduto il giorno prima.
Quella ragazza era Lien, ne ero certo, ma ciò che non mi spiegavo era la sua scomparsa sette anni prima e la sua affermazione di provenire dalla Valle di Pietra.

Quel posto era disabitato da secoli ormai, la terra arida ed incrostata non permetteva la coltivazione degli alimenti, di conseguenza i popoli contadini avevano deciso di spostarsi per non morire di fame. Come poteva lei sostenere di provenire da un luogo ormai abbandonato e vissuto esclusivamente da piccoli animali selvatici?

Quella notte non avevo dormito, troppi pensieri e troppe domande.
Ero stato ritrovato dalle guardie Reali privo di sensi ed ero certo che oltre lei ci fosse un'altra persona. La stessa che mi aveva stordito per prenderla e portarla via.

Qualcuno bussò alla porta, destandomi dalle ipotesi che sopraggiungevano velocemente.
Entrò la mia domestica personale con le mani in grembo ed un dolce sorriso.
«Ben sveglio, Principe.»
Si incamminò verso le tende, scostandole e facendo entrare la luce solare. «Sua maestà richiede la vostra presenza.»

Sicuramente voleva chiedermi cosa fosse successo, ma ne avevamo già parlato il giorno prima, poco dopo il mio risveglio, quindi non vedevo l'utilità di quella convocazione.
«Va bene», annuii, «puoi andare.»

La giovane donna fece un perfetto inchino ed eseguii il mio ordine, lasciandomi solo.
Quella mattina avevo forti emicranie e il morale a terra, volevo agire, volevo rivederla, aiutarla, ma partivo totalmente da zero e non sapevo come fare il primo passo.

Una volta aver indossato i miei abiti ed aver sistemato, con una veloce passata di mano, i capelli biondi, mi incamminai nell'unico posto in cui ero sicuro avrei trovato mio padre. Il suo angolo di Paradiso, il suo ufficio.
Bussai alla porta con un colpetto e, dopo il consenso, entrai.

«Hai un aspetto orribile, Benjamin», mi studiò da capo e piedi, assottigliando lo sguardo in una chiara espressione di disdegno. «Non è così che si presenta un Principe ad un colloquio con il Re.»

«Sottolinenado che il Re in questione è mio padre e dovrebbe conoscere perfettamente il mio stile di vita», ribattei a tono. Il rapporto che avevo con mio padre era molto travagliato. In quanto suo primo genito, dovevo succedergli al trono a seguito della sua morte, ma io non avevo mai accetto quel destino.
S

in dalla prima ora di vita, il mio futuro era già scritto, così come tutte le sue tappe: l'inizio agli studi, l'entrata in società, gli allenamenti per la difesa personale, gli incontri Reali.
Non avevo del tempo per me stesso, per dedicarmi a ciò che realmente desideravo e lui non aveva mai capito quanto soffrissi.

Lo sentì sbuffare spazientito, ma non lo vidi, preferivo rivolgere lo sguardo altrove.
«Proprio perché conosco lo stile di vita di mio figlio che mi sorge una domanda spontanea, coloro che si sono intrufolati al Castello, sono scagnozzi di qualche bastardino che hai importunato durante le tue classiche scappatelle notturne?»

Solo allora, colto da un fremito di rabbia, alzai lo sguardo e lo fissai nel suo.
«Per chi mi hai preso? Che gente pensi che frequento? Osare addirittura ipotizzare una cosa del genere.»

«Il linguaggio Benjamin», batté un pugno sulla scrivania, «gente della peggior specie, gente di bordelli, o -spero di no- uomini clandestini.»

«Cosa... Cosa stai dicendo?»

«Non permetto che un ingrato come te mi parli in tono tanto formale, non capisci la gravità della situazione», il suo tono di voce pian piano stava aumentando, «se sono riusciti ad entrare nel castello, a casa nostra, significa che siamo scoperti, siamo deboli, avrebbero potuto aggredire tua madre o tua sorella.»

Scossi il viso, «no, potete dormire sogni sereni», passi ad un linguaggio formale, ciò che lui preferiva. «Non avrebbero mai fatto del male alla mia famiglia, stavano cercando me e in quanto tale, è un mio problema.»

«Ancor peggio, se stavano cercando l'erede al trono, significa che vogliono arrecare danno alla corona. Non è una faccenda che puoi risolvere da solo.»

Abbassai il viso colpevole, aveva ragione. Nonostante io mi ostinassi ad affermare il contrario, mio padre aveva ragione: da solo non potevo far nulla, ero inutile, impotente persino nei confronti di una faccenda che mi riguardava nel personale. Non ero adatto a governare, non lo sarei mai stato.
«Avete ragione», esclmai sorprendendolo, «da solo non posso far nulla, soprattutto se c'è di mezzo lei.»
Forse avevo commesso un errore a confessarglielo, ma se lei era viva, dovevo assolutamente trovarla.

«Lei chi?»

«Una mia amica d'infanzia, sicuramente non la ricorderete, si chiama Lien ed è-»

«Lien? La figlia del capoclan dei Semen Mali?»
Sorpreso, non feci altro che annuire, possibile che realmente se ne ricordasse?
«Non è possibile, è morta.»

«Non è morta, è scomparsa, insieme a tutto il suo clan.»

«Il suo clan è stato sterminato, Benjamin.»

«Sì, ma molti di loro non sono mai stati ritrovati. Era lei che mi ha aggredito, ne sono certo, i suoi occhi rossi non mentono.»

Sgranò gli occhi, quasi in una espressione di terrore. Impossibile che il gran Re temesse qualcosa, o qualcuno.
«Occhi rossi... Se ti ha aggredito, significa che non ti considera più suo amico, è nostra nemica.»

Scossi il viso, «no, lei non ricordava nemmeno il suo nome, penso abbia perso la memoria e ad oggi sta lavorando per qualcuno che risiede nella Valle di Pietra.»

«Quel posto è disabitato da tempo-»

«Lo so, ma lei ha detto di provenire da lì. Se posso, suggerirei di mandare qualcuno a controllare, un innocente giro di ronda per assicurarci che sia tutto nella norma. La valle è enorme, sicuramente balza all'occhio qualsiasi cosa che non sia terreno ardio.»

«E sia, agiremo in questo modo. Non sapendo da dove partire, penso che sia la soluzione migliore», prese una delle pergamene ancora vuote ed iniziò a scriverci su. «Consegna questa al capo guardie e digli di recarsi oggi stesso, è una questione urgente.»

«Sarà fatto», annuii felice che almeno una volta, mio padre aveva creduto alle mie parole ed aveva agito di conseguenza.

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