"Ciao, mi chiamo Jake. Sembri un po' preoccupata, tutto bene?" domandò il ragazzo seduto accanto a me, attirando la mia attenzione.

Aveva i capelli castani arruffati e occhi marroni vivaci. Il suo sorriso cordiale mi colpì immediatamente, e non potei fare a meno di ricambiarlo.
"Oh, ciao Jake. Sì, è solo che è la mia prima volta a New York, e sono un po' nervosa," risposi, cercando di nascondere la mia ansia.
"Capisco, ma New York è incredibile. Vedrai che ti piacerà. Cosa ti porta lì?" chiese lui, mostrando sincero interesse."Sto per iniziare l'università," dissi, abbassando leggermente lo sguardo. "È un grande passo per me."
"Fantastico! Anche io sto andando a New York per motivi di studio. Che coincidenza! In che campo ti specializzerai?" chiese lui, il suo entusiasmo contagioso."Letteratura principalmente" risposi, rilassandomi un po'. "Ma ho notato che offrono anche corsi di fotografia. Amo catturare momenti e raccontare storie attraverso l'obiettivo. E tu?"
"Giornalismo," rispose, accennando un sorriso. "Adoro raccontare storie, quindi direi che siamo collegati, in qualche modo."
Continuammo a parlare delle nostre passioni, di cosa ci attirava di New York e di cosa, invece, ci spaventava. Mi accorsi di iniziare a rilassarmi, dimenticando l'iniziale tensione."Sai, Ava," disse Jake scherzando, "la prima regola di New York è avere un compagno di avventure. Che ne dici se facciamo squadra per esplorare la città?"Risi timidamente. "Uh, sono un po' una giramondo solitaria," risposi, ricordando che non ero mai stata fuori dall'Illinois. "Ma grazie per l'offerta. Sarà difficile staccarmi dalla mia macchina fotografica."

Jake, con un sorriso giocoso, rispose: "Immagina quante storie potremmo raccontare insieme! Una squadra imbattibile."
" Forse," dissi, continuando a scherzare, "ma la mia squadra ideale è composta da me, la mia macchina fotografica e un buon libro. Nulla di personale, Jake."
Lui rise. "Accetto la sconfitta, ma se mai cambierai idea, sarò qui. Vedrai che l'avventura è molto più divertente in due."
Mentre continuavamo a chiacchierare, la mia timidezza si affievolì sempre più. I dialoghi leggeri mi permisero di dimenticare l'ansia iniziale, rendendo il volo molto più piacevole.A un certo punto, Jake mi osservò con un sorriso giocoso, scrutando il mio viso con attenzione. Mi chiesi cosa avesse in mente, dato che non riuscivo a capire il senso della sua analisi.

"Sai, Ava," disse infine, "i tuoi occhi verdi sono come boschi incantati. Quando li guardo, sembra di perdersi in un'avventura magica. È come se raccontassero storie."Risi, sentendo le guance arrossire. "Boschi incantati? Interessante metafora, Jake. Forse ho una foresta di segreti nei miei occhi. Chi lo sa," risposi facendo spallucce."Ecco," replicò lui con un occhiolino, "allora sarò pronto a esplorare quella foresta segreta quando sarai pronta a condividerla. 
"Nonostante fossi un po' imbarazzata, trovai la stranezza della sua metafora talmente divertente che scoppiammo a ridere."Grazie, Jake," dissi. "Mi hai tranquillizzata. Sarà bello affrontare questa nuova avventura con qualcuno accanto."
"Assolutamente," rispose Jake. "Se avrai bisogno di consigli su New York, sai dove trovarmi. Guarda, stiamo per atterrare!"
Mi resi conto che il tempo era passato velocemente. Mentre l'aereo si avvicinava alla pista, provai un senso di sollievo. Era stato confortante condividere il volo con qualcuno che, in qualche modo, provava la mia stessa emozione.Mentre l'aereo iniziava la sua discesa, guardai fuori dal finestrino, col cuore che mi batteva forte. "Jake, guarda!" esclamai. "È davvero enorme, una foresta di acciaio e vetro."   Senza rendermene conto, avevo afferrato il braccio di Jake, come se cercassi un appiglio sicuro in quel nuovo mondo sconosciuto.

"Credo tu stia per farmi venire un livido, Ava!" scherzò lui, ridendo. "Ma sì, è uno spettacolo unico."Ridemmo insieme, mentre l'aereo atterrava. La gioia di quel momento mi fece dimenticare per un istante l'ansia, e mi concentrai sulla meraviglia di essere finalmente arrivata a New York.

Dopo aver raccolto i bagagli, Jake e io ci incamminammo verso l'uscita dell'aeroporto. Nonostante la mia natura riservata, con lui sembrava esserci un'armonia spontanea. Mi colpiva il modo in cui la sua personalità si rifletteva nella mia, quasi come se ci fosse una sorta di affinità naturale."Sai, Ava," disse Jake, grattandosi la nuca, "spero non ti dispiaccia se ti chiedo il numero. Chissà, magari ci incontreremo di nuovo."Esitai per un momento, poi glielo diedi. "Ehm, eccolo. Ma non sono solita fare queste cose," ammettei, arrossendo leggermente."Lo capisco," disse Jake, sorridendomi. "Grazie mille. Spero di vederti presto. Magari per mostrarti un po' di questa città."

Ci salutammo con un abbraccio, un gesto che mi colse di sorpresa. Non ero abituata a tale spontaneità, e sentii il calore diffondersi sulle guance mentre lui scherzava sulla mia timidezza. Mentre ci allontanavamo, riflettei sul fatto che forse New York mi avrebbe riservato più sorprese di quanto avessi immaginato.

Corsi verso un taxi, con le valigie in mano. "Si fermiii!" gridai, salendo frettolosamente sul sedile posteriore.
Mentre il taxi si muoveva tra il traffico caotico, chiamai la mia famiglia per informarli che ero arrivata sana e salva."Ciao, mamma! Sono arrivata," dissi con entusiasmo. "Tutto bene finora, il volo è stato tranquillo. Ho incontrato un ragazzo di nome Jake, molto simpatico, mi ha invitato ad esplorare la città insieme."

"Esplorare la città insieme? Da quanto lo conosci, due ore?" domandò mia madre, con la sua voce tanto squillante che dovetti allontanare il telefono dall'orecchio."Sì, mamma," risposi ridendo. "Ma non c'è nulla di cui preoccuparsi."Dopo la chiamata, mi appoggiai al finestrino, osservando la città che scorreva davanti a me. Le luci brillanti, i grattacieli che si innalzavano verso il cielo, tutto mi sembrava così surreale. Sorrisi. New York, la città che avevo sempre sognato, mi aspettava, e io ero pronta a scoprire ogni angolo di quella vasta metropoli.Arrivata al campus, mi fermai un attimo a osservare l'ambiente circostante. Il campus appariva magnifico, pieno di vita, e l'aria vibrava di opportunità. Mentre mi avvicinavo agli edifici storici, notai gruppi di studenti: alcuni impegnati nello sport, altri intenti a discutere sotto l'ombra degli alberi.

Il mio sguardo si posò su un gruppo di ragazze bellissime, con lunghe chiome bionde e un'eleganza naturale. Mi sentii fuori posto, con le mie curve morbide e i capelli castani semplici. Sembravano modelle uscite da un catalogo, mentre io mi sentivo come una fotografia candida: reale, ma imperfetta.Mentre mi perdevo nei miei pensieri, venni leggermente spinta da un gruppo di ragazzi che giocavano a basket. Uno di loro, alto e moro, si scusò con un sorriso malizioso. Tuttavia, la situazione cambiò rapidamente. Il gruppo mi accerchiò, e mi sentii vulnerabile sotto i loro sguardi giudicanti."Come ti chiami?" domandò il ragazzo moro, il tono vagamente sprezzante.
"Ava" risposi a bassa voce imbarazzata.
"Ava, huh? Non hai un nome più... eccitante?"  Le risate del gruppo mi colpirono come lame, ma feci del mio meglio per non mostrare debolezza.Le loro battute si fecero più pungenti, commentando il mio abbigliamento semplice e insinuando che ero lì solo grazie a una borsa di studio.
Sentendomi umiliata, alzai il mento e risposi con fermezza: "Sì, sono qui grazie a una borsa di studio, e ne vado fiera. Ho guadagnato il mio posto."

La loro sorpresa per la mia risposta fu evidente, ma continuarono a deridermi, ridendo del mio nome e del mio aspetto. Le risate si fecero più fragorose, e io mi sentii sempre più sopraffatta.Poi, una voce profonda e sicura ruppe l'aria tesa. "Sebastian, penso che dovresti smetterla. Non è bello prendersela con qualcuno più debole."Quella voce misteriosa mi fece sentire improvvisamente protetta. Chiunque fosse, aveva posto fine a quel tormento, e io mi sentii sollevata e curiosa di scoprire chi fosse la persona dietro quelle parole rassicuranti.

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