Per me e per te, che siamo uguali

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Manuel appare, non è.

Ho costruito un'immagine di sé ad hoc che, lungi dall'essere perfetta, è tuttavia quel giusto mix di mistero, arroganza e supponenza da far cadere ai propri piedi chiunque. È spigliato, è audace, è divertente: fa ridere i suoi compagni, fa disperare i professori, fa dannare la madre.

Questo è ciò che Manuel ha imparato a recitare, per poter essere ben accetto.

Quando nasci povero, con i soldi che ti bastano a malapena per pagare l'affitto di un mini appartamento nella periferia più infima di Roma (e che a volte nemmeno sono sufficienti, per cui ti trovi costretto a scegliere tra il rischio di sfratto e il rischio di morire di fame), fingere di avere ciò che non hai e nascondere quel poco che hai è un naturale meccanismo di difesa.

Manuel negli anni ha nascosto i borbottii di fame del suo stomaco, quando andava a scuola senza fare colazione perché i pasti a casa si dovevo saltare alle volte; ha nascosto la casa da cui proviene, provando un'immensa vergogna (e poi vergognandosi di provare vergogna) nel far sapere a tutti il suo quartiere d'origine; ha nascosto i suoi buoni voti, la sua intelligenza, la sua passione per la poesia per poter passare per quello popolare; ha nascosto che forse (ma solo in via ipotetica eh, non l'ha capito ancora bene neanche lui) anche il sesso maschile lo attrae, alle volte.

Ha finto, indossando le vesti una personaggio, di essere un gradasso pallone gonfiato, ignorante e caotico, amante delle grida e della confusione. Ha finto così tanto che alla fine è diventata realtà, quasi.

Quasi perché in verità qualcosa del vero Manuel, quello occultato sotto strati e strati di pretese e finzioni, compare ancora in qualche forma, ogni tanto.

Manuel ama scrivere, non c'è niente da fare: percepisce quell'urgenza, quelle parole che gli frullano nella testa e attendono solo di essere messe su carta, quel prurito alle mani che bramano una penna per scrivere o una tastiera su cui picchiettare parole alla rinfusa, mai troppo sensate, forse capite solo da lui e da nessun altro alcuno. Non gli importa, non gli importa davvero, che a nessuno a parte sé stesso il messaggio delle sue poesie arrivi forte e chiaro: se fossero anche solo un mezzo di consolazione per sopportare una vita di facciata, dietro alla quale c'è un vuoto cosmico di finzione e pretese, sarebbe sufficiente. Sarebbe una vita degna d'essere vissuta, con uno scopo.

Ad ogni modo, non è per nulla così: le sue poesie piacciono e pure parecchio. Non si aspettava che ci fossero tanti estimatori dell'arte sparsi per la penisola (no, non osa dire il globo perché le sue poesie sono a malapena in italiano, talvolta pure in romano, quindi...) e la cosa l'ha prima lusingato, poi terrorizzato: si tratta pur sempre di mettere in mano a gente sconosciuta i frammenti più limpidi, benché frastagliati e spezzettati, della propria anima.

Ma ha imparato a sopportare questo riscontro positivo della gente... e ha finito pure per piacergli, in qualche modo. Sapere che c'è qualcuno come lui, da qualche parte, lo fa sentire meno solo.

Quella mattina di novembre è in un ritardo clamoroso per la scuola, fuori diluvia tanto che ha dovuto abbandonare la sua preziosa moto - frutto di giorni e giorni di lavoretti estivi, più o meno leciti, perché sua madre paga a malapena affitto, bollette e spesa e di certo una moto, nemmeno una tutta scassata che poi Manuel s'è rappezzato da solo, non se la sarebbe mai potuta permettere - e ha dovuto optare per l'autobus.

Corre senza ombrello per la strada, un orologio biologico gli ticchetta nello stomaco e gli ricorda che sta tardando, immensamente, e che ha già perso forse l'ultimo autobus che lo porterebbe davanti a scuola in tempo. Poco male, perché lui quella scuola la odia: odia i suoi compagni che gli sono tutti amici ma non lo conoscono, odia i professori che lo ritengono un incapace buono a nulla, odia persino la sua ragazza Nina che gli si appiccica come colla ogni minuto di intervallo quando lui vorrebbe solo starsene in santa pace a trangugiare litri di caffè bruciacchiato. Insomma, nulla di quella scuola di periferia lo lusinga particolarmente da invogliarlo ad alzarsi ogni mattina: è la poesia, la cui ispirazione arriva fugace, come un fulmine a ciel sereno, di quando in quando, a dargli un motivo per alzarsi e osservare il mondo con un occhio curioso.

Mentre rincorre l'autobus che vede arrivare all'orizzonte, con lo zaino mezzo vuoto che gli sbatte sulla schiena e le goccioline di pioggia che gli colano lungo la pelle, dentro i vestiti, fino a penetrargli nelle ossa, supera un ragazzino a terra. Non ha tempo di dargli una mano; se potesse lo farebbe, davvero, ma quella mattina ha tutt'altro per la capa.

Quando balza dentro l'autobus, col fiatone a infiammagli i polmoni e la gola, si concede di spiaccicarsi contro il vetro appannato del mezzo e respirare. E pensare. Al ragazzino di prima, che, poveretto, deve essere inciampato e caduto a terra.

Gli ricorda il quadro che ha visto il giorno addietro su Twitter.

Lo ha amato. Era grigio, era nero, era scuro ma non era tetro, era solo... triste, incredibilmente triste. Chiunque ci sia dietro, Manuel ha pensato, deve covare una sofferenza immonda, qualcosa di troppo grande per essere conservato nel proprio animo e che quindi deve essere riversato fuori attraverso l'arte.

Chiunque egli sia è bravo, davvero bravo a trasmettere ciò che prova attraverso la pittura. Così bravo da risvegliare la vena artistica in Manuel, da ispirarlo a scriverci una poesia.

Lo ha percepito sotto pelle, quel quadro. Tremolii di tristezza, brividi di freddo, magone nel petto: per quanto indici di sofferenza, sono state anche sensazioni belle perché gli hanno ricordato che anche lui può sentire qualcosa.

È questa, per Manuel, la magia dell'arte: per soloperme deve essere espressa da tavolozza e pennelli, per sé da carta e penna; ma per entrambi è un'urgenza incontrollabile, che deve estrinsecarsi in qualcosa di materiale che vada oltre la semplice idea e diventi concretezza, sostanza, realtà.

La sente arrivare pure adesso, parte un impulso dal suo sistema nervoso centrale e serpeggia attraverso i suoi nervi, fino a giungere alle terminazioni nervose delle sue dita che impazienti afferrano il cellulare, aprendo le note.

Priva di previa riflessione,
Questa poesia prende vita
Inchiostro sbavato piove
Su carta straccia che lo raccoglie
E si anima di significato
Per me e per te
Che siamo uguali

***

Ecco a voi Manuel ❤️
Non potevo aspettare troppo a rivelarvi l'altra metà di questa coppia di artisti

Pian piano capirete ogni cosa, scoprirete tutto. Per ora non c'è molto da dire, spero solo che il capitolo, Manuel e la poesia vi siano piaciuti.

Ci rileggiamo tra un po' <3 buona giornata!

Il pittore e il poetaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora