Questione di energie

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Manuel non ha mai amato andare a scuola. Sarà che si è sempre sentito stupido, sarà che lo hanno sempre trattato come tale, sarà che il contesto in cui la sua scuola si inseriva era tutto fuorché stimolante, arricchente, felice.

Manuel non ha neanche mai amato studiare, perché i professori non hanno mai saputo riconoscere il suo impegno. Chissà come mai finiva sempre per fallire, di fronte a un foglio immacolato da imbrattare d'inchiostro o di fronte a un volto severo d'un professore che si aspetta un discorso coi fiocchi.

Manuel però non ha mai smesso di amare la filosofia, la storia, la letteratura. L'ha amata in segreto, tra le pareti della sua cameretta e lo schermo d'un telefono. L'ha adorata, venerata, fatta sua, giorno dopo giorno sempre più.

L'otto gennaio è un giorno come tanti, per chi i giorni non li conta. Manuel però quell'otto gennaio l'ha cerchiato in rosso sul calendario, un bel promemoria stampato su carta del giorno in cui la sua vita sarebbe cambiata.

Vestito dei migliori jeans e della migliore felpa che possiede, Manuel di fronte allo specchio si guarda e si studia, cercando di cogliere dai contorni della sua figura le sbavature di violenza che Yuri gli ha lasciato, ormai venti giorni addietro. La convalescenza è stata lunga e sofferente, nel corpo e nello spirito, perché non solo la sua pelle era livida di ematomi ma anche la sua anima era lacerata, dilaniata, in frantumi. Perché stava per lasciare finalmente quel posto che, per quanto di merda fosse, era l'unica cosa che Manuel avesse mai conosciuto.

Controllatosi a sufficienza, sposta lo sguardo dallo specchio per non perdersi più in esso, quasi fosse il portale per un'altra dimensione che, se attraversato, gli permetterebbe di svanire per non tornare più e di approdare in una versione alternativa della sua vita dove tutto procede bene, con regolarità, senza intoppi.
Magari fosse così semplice, decidere in uno shift di teletrasportarsi in una dimensione alternativa.

Ad ogni modo, pure la sua, di realtà, supera a volte i limiti dell'assurdo: se qualche mese prima gli avessero detto che sarebbe diventato un fenomeno social per la sua poesia e che tramite essa avrebbe conosciuto il suo migliore amico, che avrebbe trovato un lavoro da una signora simpatica e tanto disponibile, così tanto che invece di irritarsi per la sua assenza ingiustificata dal lavoro l'aveva cercato, preoccupata, e poi gli era stata accanto, che avrebbe lasciato Nina e che per sarebbe stato picchiato a sangue e lasciato moribondo sulla strada, e che avrebbe cambiato scuola, non ci avrebbe creduto. Mai.

Eppure in una manciata di mesi la sua vita sembra sottosopra, in un modo così definitivo seppur sempre incerto, in bilico, pericolante. Sente il rischio del tracollo sempre dietro l'angolo.

«Manuel, hai preso tutto?», gli domanda Anita apprensiva, ferma di fronte alla porta di casa, così da bloccarlo dall'uscire. «Anche i moduli da portare in segreteria?», lo incalza.

«Sì, ma', ho tutto», risponde esasperato, mostrando lo zaino stracarico. «Ce manca solo che me porto pure te nello zaino».

«Spiritoso», lo punzecchia, solleticandogli il collo con fare scherzoso. Ma la mano poi si ferma lì e scivola verso l'alto, dritta sulla guancia, che prende ad accarezzare con dolcezza. «Stai tranquillo, andrà benissimo».

Manuel sospira, per nulla concorde con quel pronostico. «Non lo so, ma', me sembra 'na cosa più grande de me...».

«Non lo è, Manuel», sostiene Anita. «Tu sei tanto intelligente quanto tutti quelli là, pure di più. Se credessi in te stesso almeno un decimo di quanto ci credo io...».

Riconoscente, con le cornee che a malapena trattengono le lacrime che hanno preso a bussare insistenti, in uno slancio Manuel abbraccia sua madre.

«Stai sereno», gli ripete ancora lei, mentre lo guarda aprire la porta di casa. Sbuffa un vento ghiacciato e s'infiltra dentro casa, in ogni angolo si deposita un po' di quel gelo. «E poi puoi sempre contare su Matteo. E su Dante».

Il pittore e il poetaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora