11. DA COSA FUGGI?

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Juliette

Romeo fermò l'automobile in una via buia. Non avevamo parlato durante il viaggio. Mi sentivo nervosa e non potevo evitare di pensare al messaggio. Doveva essere uno scherzo. Afferrai la manica dell'abito e la tirai. 

-Non mi hai ancora detto da cosa fuggi- la voce di Romeo echeggiò nell'abitacolo.

-Perché dovrei fuggire da qualcosa?- lo stomaco mi si chiuse. Avevo la certezza che Romeo potesse vedere dentro di me. Potesse leggere quello che si nascondeva nella mia anima.

-Hai l'aria di chi fugge- si spinse avanti. –Allora? Dicono che confidarsi faccia bene-

Come potevo rivelargli tutto? Come potevo mettermi a nudo davanti a uno sconosciuto? Peggio. A un nemico. –Tu ci hai mai provato?-

-Non si risponde a una domanda con una domanda, principessa- allargò il ghigno.

Mi sentii messa all'angolo. Una preda che non poteva scappare dal proprio predatore. –Non lo so se sto fuggendo- ammisi. Dal giorno dell'incidente la mia intera vita aveva preso una svolta che non riuscivo a comprendere. Una piega che mi confondeva.

-Io fuggo da quando sono nato-

Lo guardai, sorpresa dalla sua onestà.

-Non mi sono mai sentito a mio agio, le persone sono così... banali- fece una smorfia, quasi avesse imprecato –io non mi sento banale, io sono unico, solo che l'unicità non viene sempre accettata- c'era dolore nelle sue parole? O stavo vedendo quello che avrei voluto vedere? –Lo sai cosa faccio quando voglio fuggire da ogni posto?-

-Cosa?-

-Vieni- scese dall'automobile.

Mi affrettai ad aprire la portiera e a seguirlo. La realtà sempre più sgranata.

-Eccoci- si fermò davanti a un edificio dall'aria anonima. Un insieme di mattoni con finestre quadrate. Una scritta al neon troneggiava sulla porta d'ingresso di legno, a due battenti. Era in un alfabeto che non conoscevo.

-Cosa significa?- domandai.

-Che ogni realtà è possibile qua dentro, è un luogo in cui vanno le persone che fuggono- Romeo si strinse nelle spalle. -O quelle eccentriche-

La sua mano toccò la mia. Un gesto casuale che mi provocò un brivido. La bizzarra sensazione che la sua mano fosse al suo posto nella mia. Elettricità che sfrigola nell'aria.

-Mi rifugio qua quando ho bisogno di pensare- c'era un sussurro triste nella sua voce. -Ma tu puoi capirmi, non ha mai pace il capo che detiene la corona... o chi è vicino a chi detiene la corona- si strinse nelle spalle.

-Mi stai dicendo che abbiamo molte cose in comune?-

-Più di quanto ne pensi- un filo di tristezza gli raschiava la voce. Estrasse una tessera dalla tasca. -Niente chiave qua- la passò sulla serratura del portone che si spalancò con un cigolio. -Si apre con la tessera-

-Mmm, sembra comodo- lanciai uno sguardo a destra e uno a sinistra. Chi mi aveva mandato il messaggio mi guardava?

-Soprattutto quando si smagnetizza- entrò nell'ingresso buio, la moquette rosa che frusciava a ogni passo. Mi affrettai a seguirlo, il cuore che mi pulsava in ogni parte del corpo. -Cosa che succede abbastanza spesso-

Percorremmo un breve corridoio fino all'ascensore. Romeo premette il pulsante di chiamata. -Non mi hai ancora detto perché mi porti qua-

Si appoggiò alla parete. -Un pizzico di pazienza-

-Almeno mi puoi dire da cosa fuggi- possibile che sapesse qualcosa di Nathan?

-I demoni- piegò le labbra in quel ghigno che ormai avevo capito essere una sua caratteristica. -Con i loro artigli lunghi che affondano nella carne-

-Demoni?- scherzava? O mi prendeva in giro?

-Non pensi che li abbiamo tutti? Solo che nella maggior parte delle persone stanno acquattate in qualche parte ombrosa dell'essere... e spuntano fuori così, all'improvviso-

Non l'avevo mai pensata in quel modo. Eppure non potei fare a meno di ricordare Nathan, di ripensare a com'era prima e di com'era diventato dopo. Come se davvero qualcosa fosse uscito dalle tenebre. Come se i suoi demoni fossero venuti alla luce. –Ne hai molti?-

-Non immagini nemmeno quanti-

L'ascensore si spalancò con un cigolio. Uno spazio angusto, mi resi conto, un brivido che mi scivolava gelido lungo la schiena. Là dentro in due ci saremmo stati stretti. Per un attimo assaporai l'idea di voltarmi e andarmene. Quando Romeo entrò compresi che non potevo tirarmi indietro. Presi fiato ed lo imitai. Il suo respiro mi graffiò la pelle. Sfiorai con l'orecchio una delle sue cuffie. Eravamo troppo vicini. Se Romeo avesse voluto avrebbe potuto baciarmi. Ma che cosa pensavo? E chi era lui per provocarmi quelle sensazioni?

L'ascensore partì con un gemito e un sobbalzo che mi fece traballare. Allargai le braccia per cercare di tenermi, ma persi l'equilibrio e caddi avanti. Contro il fianco di Romeo.

-Ehm, scusa- la pelle mi andava a fuoco.

-Quest'ascensore è vecchissima- si girò e mi fissò. Quegli occhi di ghiaccio resero le mie ginocchia di gelatina. Avrebbero dovuto essere illegali cose simili.

-Davvero?- la parola mi uscì tremolante e fragile come aria. Ma che mi veniva in mente? Davvero avevo detto davvero? Denotava una mancanza di fantasia terribile.

-Penso spesso ad Ellen-

Quell'ammissione da parte di Romeo mi sorprese. -Succede così quando le persone scompaiono nel nulla- mormorai.

-Tu capisci, anche tuo fratello è scomparso-

Il riferimento a Nathan mi provocò un senso di colpa misto a dolore. Lui era scomparso e io non potevo fare a meno di pensare a quanto fossero fantastici gli occhi di Romeo.

-Credo che dovremmo indagare su Ellen e Nathan- mi era vicino, tanto che bastava un movimento per urtarci a vicenda. La pelle mi bruciava.

-Non crederai che siano fuggiti insieme?- non poteva pensarlo. Perché se l'avesse pensato voleva dire che c'era una possibilità che fosse vero e non ero sicura di poterlo sopportare.

-Voglio smentire proprio questo- si sporse avanti e d'un tratto il suo petto mi premette contro. Il respiro mi mancò. Perché doveva essere così complicato? Perché l'ascensore non era più grande? Non c'era un unico punto di me che non andasse a fuoco.

Le porte si spalancarono. Corsa finita. Un mare di stelle e di ferro mi si presentò davanti. Romeo mi superò. -Nessuno vuole indagare su di loro, nessuno vuole credere che non ci fosse nulla tra di loro- mi porse la mano per aiutarmi a uscire dall'ascensore.

La ignorai e uscii.

-Dovremmo farlo noi-

-Indagare?-

-Capire che fine hanno fatto, se è una coincidenza che siano scomparsi insieme-

Razionalmente sapevo che aveva ragione. Ci doveva essere un motivo per cui se n'erano andati a distanza di ore. -Credi che qualcuno gli abbia fatto del male?-

-È una possibilità-

La sua schiettezza mi fece sentire meglio. Non avrebbe dovuto essere così. Avrei dovuto essere terrorizzata da quelle parole, invece mi sentivo sollevata perché qualcuno stava pensando a quelle possibilità.

-Dobbiamo collaborare-

Una Capulet e un Montayne? In un'altra circostanza avrei riso, ma in quella non ci riuscii. Ero troppo coinvolta.

-Che ne dici? Possiamo mettere insieme i pezzi- un sussurro carico di speranza e terrore. Aveva paura che non accettassi?

-Non credo che... -

-Ti prego-

Romeo non era il tipo che pregava, ma lo stava facendo per Ellen. Per sua sorella. Non c'era niente che potessi capire di più.



NOTE DELL'AUTRICE:

Ciao!

Con un po' di ritardo ecco il nuovo capitolo.

A presto

Laddove s'incontrano gli amanti (a Romeo and Juliette story)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora