28. MORDI LA MELA

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Juliette

Affondai i denti nella mela. Il frutto scivolò via, rotolò nell'acqua e si allontanò. Le urla d'incoraggiamento di Cloe si mischiavano con la musica. Era l'unica che faceva il tifo per me. Mi spinsi avanti, le mani legate che mi rimbalzavano sulla schiena, i polsi che mi bruciavano. Cloe aveva usato la sua cintura di tessuto, ma a quanto pare l'aveva stretta troppo. Mossi le dita che mi formicolavano.

Dovevo prendere almeno una mela. I frutti rotolavano via. Più tentavo di prenderle, più se ne andavano. Intorno a me si levavano le risate. Il mostro mi raschiò dentro. Conoscevo quelle stupide risate. Sapevo che erano rivolte a me. Alla mia costituzionale incapacità di fare qualsiasi cosa. Le vecchie risate.

-Sei una perdente, Juliette, ti puoi nascondere dietro qualsiasi cosa, ma sei una perdente- Ellen che rideva, gli occhi azzurri crudeli, la testa inclinata di lato. Avevo pensato che tanta bellezza fosse ingiusta su una ragazza così cattiva. Ellen era un film horror in cui si scopre che l'assassino ha l'aspetto di una venere.

Mi ritrassi. Un capogiro mi fece traballante. Nelle luci offuscate sentivo gli occhi di tutti addosso. Spilli. Mi pungevano la pelle in mille punti diversi. Non potevo più stare sotto quegli occhi. Non potevo reggere quell'attenzione. Era dolorosa. Tanto da farmi mancare il respiro.

Era meglio che Romeo non fosse venuto. Non volevo che mi vedesse in questo stato. Una perdente.

Qualcuno mi prese per il braccio, mi fece passare tra le persone, mi sussurrò che andava tutto bene. Era tutto un gioco. Il solito gioco, quello giocato mille volte. Alle elementari, alle medie, al liceo. Lo stesso stupido gioco. Ancora ora. Conoscevo gli insulti. Sapevo come fosse sentirsi diversi. Il mostro si contrasse dentro di me. Voleva uscire. Voleva la vendetta che mai avrebbe potuto prendersi. Sentii la pressione della corda intorno ai polsi diminuire.

-Sono degli stupidi- Cloe mi posò le mani fresche sulle spalle. -Enormi stupidi-

-Non avrei dovuto giocare, lo sai che non sono capace- un'eufemismo per non dire che sono sbagliata, che dentro di me c'è qualcosa di rotto.

-Non è vero- una protesta debole. Cloe non era fatta per le bugie. Lei era attimo, verità, divertimento. Se vuoi un giudizio schietto puoi rivolgerti a Cloe. -Forse un pochino, dovresti impegnarti di più, tutto qua-

Come quando da bambine cercava d'insegnarmi a correre veloce, a non essere sempre l'ultima, la sbagliata. Dimenticava che io ero sbagliata. Qualcosa in me si era rotto. Nathan era stato l'unico a capirlo e ad accettarlo. Spostai lo sguardo, le mani sudate. Dovevo rifugiarmi in camera mia, dov...

Il ragazzo con il teschio. Feci un passo indietro. Mi venne incontro. Il cuore mi sfarfallò nel petto. Le ginocchia tremarono. Il respiro mi s'incastro. Era paura? No, aveva il sapore di qualcosa di viscido e bollente. Possibile che...

-Juliette!-

-Che c'è?- mi costrinsi a spostare lo sguardo su mia cugina.

-Sono dieci minuti che ti dico che sei rossa e tu non rispondi- un guizzo nelle iridi.

-Rossa?- andavo a fuoco. -Ho solo caldo-

-Dovresti bere qualcosa... di non alcolico possibilmente- Cloe mi passò un braccio intorno alle spalle. -Vuoi che... -

Qualcuno la chiamò. Le sfuggì un sospiro. -Mai un attimo di pace-

-Sei la regina della festa-

-Sai che roba, come se me ne venisse qualcosa, Blake organizza le feste e poi sparisce- s'immerse nella marea d'invitati, l'abito che le oscillava intorno. Di nuovo quella voglia di prendere il suo posto, di essere come lei, non sbagliata. Doveva essere bello potersi mischiare con gli altri. Senza l'inadeguatezza, senza il mostro. M'infilai nella prima stanza che trovai.

Laddove s'incontrano gli amanti (a Romeo and Juliette story)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora