Capitolo 5

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"Ti ho già detto che non ci riesco" ripeté per la milionesima volta.

Vance lo guardò con un sopracciglio inarcato. "Spiegami nel dettaglio quale punto massimo hai raggiunto con la tua mutazione. Nel dettaglio."

"Merlino, che palle." Damian tirò su col naso e si sistemò meglio sulla poltrona dell'area relax in cui Vance lo aveva trascinato la mattina dopo il suo arrivo. "Lo hai visto. Fumo dal naso, qualche scaglia. Talvolta gli occhi diventano gialli, altre volte blu, con la pupilla verticale. Nient'altro, non so come o perché." Damian osservò il colonnello Ross annuire e prendere appunti su un taccuino. Dovette reprimere a stento la voglia di allungare il collo e spiare cosa diamine stesse scrivendo. "Mi sembra di stare dallo strizzacervelli. Non sei uno di quelli, vero?"

"No" rispose secco l'altro. "Non lo sono."

Damian sbuffò e, senza altro da fare - perché per qualche motivo non osava muoversi dalla poltrona su cui Vance lo aveva fatto sedere - si ritrovò a osservare la figura del suo interlocutore con più attenzione del giorno precedente. Il colonnello Ross non doveva avere più di quarant'anni, anche se a differenza dei suoi lunghissimi capelli castani - davvero i soldati potevano avere i capelli lunghi? Non era contro il regolamento? - la sua barba era ingrigita e bianca in alcuni punti. Aveva giusto un paio di rughette ai lati degli occhi, ma per il resto il bastardo pareva in forma perfetta. Non era un ammasso di muscoli, ma era abbastanza grosso da fargli venire caldo. Damian aveva sempre avuto un debole per gli uomini più grandi di lui, sia di età e di dimensioni. Se quello stronzo non fosse stato lì per tutte quelle stronzate ci avrebbe provato con lui per davvero.

Certo che ieri non è andata benissimo, gli suggerì la vocina nella sua testa. Si morse il labbro e allungò il braccio per recuperare il cellulare dal tavolino. Voleva mandare un messaggino a Linda, la sua ex e migliore amica e chiederle se era vero che si imponeva sugli altri. Lei non si sarebbe fatta problemi a dirgli la sua.

"Giù il telefono, non abbiamo finito" gli comunicò Vance, senza alzare la testa dal suo taccuino.

Damian arricciò il naso in una smorfia. "Mica siamo a scuola, siamo in casa mia e posso usare il telefono quando mi pare."

Per tutta risposta, Vance si allungò e glielo sfilò dalle dita. "No. Quando sei con me, devi darmi tutta la tua attenzione."

"Sì, ma ora dillo anche senza piangere."

Vance lo fulminò con lo sguardo, poi le sue labbra si stirarono in un sorrisetto feroce. "Allora questo lo tengo io e deciderò dopo se ridartelo o meno."

Damian boccheggiò, sconvolto. "Non puoi farlo!"

"Certo che posso."

"Chiamerò mio padre e..."

"Con quale telefono, Draco Malfoy?"

"..."

Il colonnello gli sorrise di nuovo e posò il cellulare sul tavolino. "Fai il bravo ragazzo e non dovrò togliertelo."

Damian borbottò qualche insulto sottovoce e si mise a sedere a braccia conserte come un bimbo imbronciato.

"Sei veramente fastidioso," disse dopo un po' in mancanza di risposte ai propri capricci.

Vance scrollò le spalle e continuò a prendere appunti.

"Me ne farò una ragione, suppongo. Ora, non sono né uno strizzacervelli né un medico, ma sono un mutaforma. Ho bisogno di capire quanto riesci a controllare la cosa quando muti parzialmente."

Damian sbuffò forte. Che cazzo ne sapeva lui, succedeva e basta. Non ci aveva fatto caso, se non quando il medico di turno si intestardiva a fargli provare questo o quell'altro esperimento per sbloccare la trasformazione. Era orribile e il solo pensiero gli faceva venire freddo, cosa grave perché lui non sentiva mai freddo. MAI. Era un Pendragon dal sangue rovente, il freddo non era contemplato.

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