Capitolo 7

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A tre settimane di convivenza forzata, Damian non era più sicuro di niente.

Dopo due mesi, neppure.

A quattro mesi non avevano ottenuto nulla. Zero assoluto. Almeno non dal punto di vista della sua mutazione, che sembrava essersi fermata a una manciata di scaglie e un paio di corna. Vance era sicuro che con un po' di impegno sarebbe arrivata anche la coda, ma Damian aveva i suoi dubbi.

"Sono un fallimento" disse. "E se fosse tutto qui quello che riesco a fare?"

Vance sollevò lo sguardo dal libro rosa che stava leggendo. "Vorrà dire che è tutto qui, Damian."

"Non so come fai a prenderla così alla leggera. Mio nonno si incazzerà da morire" rispose, massaggiandosi gli occhi. "E poi che cazzo stai leggendo? Sei un maschio, quella è roba da femmine."

Vance chiuse il libro di scatto e lo appoggiò con delicatezza sul tavolino. Il suo sguardo era freddo e temette di averlo offeso. Non gli piaceva quando Vance era arrabbiato con lui. "Roba da femmine?"

"Mi dispiace, non dovevo dirlo" rispose, abbassando lo sguardo.

Merlino, era patetico.

"Hai paura di me, Damian?" Vance si alzò e si piazzò di fronte alla sua poltrona. Gli sfilò la Switch dalle mani e la mise a far compagnia al libro. "Rispondi sinceramente."

Damian scrollò le spalle, come faceva quando non voleva rispondere a qualcosa perché la risposta gli era sgradita. Altrimenti avrebbe risposto con la sua solida insolenza tinta di aperta provocazione sessuale.

"Rispondi, Damian. E guardami in faccia."

Damian sbuffò e tirò su lo sguardo a malincuore. Non era neanche infuriato, solo deluso e infastidito. In un certo senso si sentiva anche un fallimento, e non perché la sua mancanza di mutazione avrebbe deluso la sua famiglia - cioè, sì, perché gli avrebbero rotto le palle per tutto il resto della sua vita eccetera - ma perché questo l'avrebbe fatto sentire per sempre difettoso e sbagliato. E un drago non aveva gli strumenti materiali per riprendersi da una sensazione del genere senza mettere fuoco a ogni cosa e abbrustolire i passanti innocenti.

Erano questi momenti in cui Damian rimpiangeva di non poter sorvolare un villaggio e terrorizzarlo con i propri soffi infuocati.

"Non ho paura di te," disse, cercando di essere insolente come sempre.

Vance alzò un sopracciglio. Quei suoi occhi gialli da felino lo scrutavano sempre come se vedessero al di là di ogni sua facciata e lo mettevano sempre più a disagio. Era strano, il fastidio peggiorava di giorno in giorno invece di migliorare. E allo stesso tempo l'unica cosa che desiderava era infilarsi tra le braccia di quell'uomo che per primo gli stava dando veramente una chance e lasciarsi tenere stretto.

"Certo, certo. Allora se non hai paura cos'è?"

Damian scrollò di nuovo le spalle. "Tu non ti fai impressionare da me. Non sono abituato a essere visto per quello che sono, cioè una creatura difettosa."

Fu costretto a distogliere lo sguardo, perché essere osservato così da Vance lo faceva sentire come una farfalla trafitta da uno spillo nell'album di un collezionista.

Il ringhio di Vance, però, gli fece rialzare lo sguardo.

"Difettoso. Non sei difettoso, lucertolina. Sei soltanto un moccioso viziato e capriccioso che non è stato mai educato correttamente. Hai un grosso privilegio e allo stesso tempo ti mancano molte cose, tipo una vera famiglia. Ma non voglio mai più sentirti dire che sei difettoso."

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