Capitolo 20

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Mentre Jimin guidava verso la casa del papà di Jin, iniziò a piovere. Il traffico rallentò, costringendo Jimin a camminare a passo di lumaca mentre imprecava. Sarebbe arrivato tardi?
«Sto arrivando, hyung. Resisti ancora un po'.»

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Il piano di Yon sarebbe andato benissimo... se solo avesse guardato il meteo.
L'aeroporto aveva annullato tutti i voli a causa del maltempo, così il signor Min, dopo aver aspettato qualche ora per vedere se la situazione sarebbe cambiata, era stato costretto a tornare a casa.
Alla servitù era quasi venuto un colpo quando lo avevo visto.

«Deve correre in camera, Signore. Presto!» lo esortò la cameriera, che aveva visto crescere Jin e aveva sempre cercato di proteggerlo.
«Che succede?» domandò confuso, lasciando la valigia davanti alla porta.
«Presto!» lo sgridò.

Per niente felice dell'accoglienza, decise di salire in camera a vedere che diavolo stesse accadendo. Sua moglie si era sentita male?
Aprì la porta della stanza e rimase sconvolto sulla soglia della stanza, per niente preparato a quello che stava vedendo. Sua moglie era a letto con suo figlio nel loro letto!

«Che diavolo sta succedendo qui?!» urlò, sconvolto.
Yon, che aveva appena aperto la patta dei pantaloni di Jin, sobbalzò e quasi cadde dal letto. «Che ci fai qui?» chiese impanicata.

«Che diavolo stai facendo nel mio letto con lui?!»
Jin provò a muoversi, a fargli capire che non voleva, che non aveva colpe, ma suo padre era troppo furioso per prestargli attenzione.
«Posso spiegarti!» Yon si alzò e si avvicinò a suo marito, cercando di impietosirlo.

«Non osare toccarmi, sgualdrina! Fuori da casa mia, tu e quel rifiuto nel mio letto.»
Jin sgranò gli occhi, per quel poco che ci riusciva.
«Mi ha sedotta lui! Ci prova con me da mesi!» si lamentò la donna, cercando di salvare l'insalvabile.

«Non mi sembra che prima fossi stata costretta. Fuori da casa mia!»
Senza aspettare risposta, il signor Min uscì e chiamò il suo autista e la sua guardia del corpo perché si occupassero di suo figlio.

Le cameriere furono ben felici di prendere gli averi della "Signora" e di buttarli fuori dal balcone, tuttavia nessuno poté occuparsi di Jin.
I due uomini lo picchiarono, come ordinato dal padre, e poi lo gettarono senza tante cerimonie in giardino, sotto la pioggia. Nessuno si accorse che Jin non poteva muoversi.

Le sue lacrime si mischiarono alla pioggia fredda mentre rimaneva immobile, mezzo svestito e dolorante, esattamente dove lo avevano lasciato.
Non seppe quanto tempo era passato, quando sentì una voce familiare chiamarlo.
«Sono qui, hyung!» Jimin usò tutta la forza che aveva per trascinarlo fino alla macchina. Gli poggiò sopra una coperta, accese il riscaldamento al massimo e si diresse in fretta verso l'ospedale.

«Va tutto bene, hyung. Sei al sicuro adesso.» sussurrò Jimin, preoccupato.
Ma Jin ormai non lo sentiva più.

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Quando Jin aprì gli occhi si ritrovò in una camera che non conosceva. Gli bastò un'occhiata per capire che era in ospedale.
«Sei sveglio finalmente!» mormorò Namjoon, seduto accanto al letto.
Jin si tirò su, allontanando la sua mano da quella del ragazzo. Namjoon ci rimase male, ma non disse niente.

«Chiamo l'infermiera.» si alzò lentamente, afferrò la stampella accanto a lui e lentamente uscì dalla stanza, sotto lo sguardo attento dell'altro.
Il corpo di Jin aveva smaltito la droga, le ferite erano state disinfettate e curate. Adesso ci sarebbe solo voluto del tempo per guarire e riprendersi da quello che era successo.
«Mi dispiace, hyung. Stavo correndo da te ma la pioggia ha bloccato il traffico e sono arrivato tardi. Se fossi arrivato prima non sarebbe successo niente.» si scusò Jimin, con gli occhi gonfi di lacrime.

In Your Eyes [Namjin - Taekook]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora