Capitolo 29

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Namjoon aveva seguito le indicazioni di Yoongi, sperando di sbagliarsi. Sperava davvero che fosse tutto uno scherzo. Quando arrivò, però, la realtà lo colpì peggio di un pugno in faccia.
Fissò la lapide di Jin con gli occhi spalancati. Non poteva essere vero. Jin non poteva essere morto.

Di solito sulle lapidi era inciso "amato figlio, amato fratello, amato marito" e cose simili, ma quella di Jin recitava "Lo hyung migliore del mondo. Ora in pace e al sicuro dal destino e dalle persone crudeli".

Le gambe di Namjoon cedettero, facendolo crollare sulla terra accanto alla lapide.
«Non è vero. Non è vero!» In preda alla disperazione, Namjoon iniziò a scavare nella terra mentre le lacrime scorrevano.
Il suo Jinnie non poteva essere morto. Non anche lui.

«Namjoon! Namjoon, fermati, non puoi scavare e riportarlo su.» Jackson, che aveva seguito Namjoon insieme a Bambam, corse a fermarlo.
Le dita di Namjoon erano sporche di terra e macchiate dal sangue che usciva dalle ferite che si era procurato nel terreno duro, ma lui non ci faceva caso.

Che importava delle sue dita se Jinnie non c'era più?!

«Lui non può essere morto! Lui... Lui deve urlarmi contro perché gli ho mentito, deve colpirmi, può anche odiarmi... Ma non può morire!»
«Ma è già morto!» gli fece notare Bambam, privo di tatto.

Jackson gli rifilò un'occhiataccia. «Non c'è più niente da fare, Nam. Lo so che fa male, ma bisogna accettarlo.»
«Lui non è morto, me lo sento!»

«Ma sei davanti alla sua lapide!» rispose Bambam, beccandosi un pugno sul braccio dal coinquilino.

«Io... Io l'ho ferito così tanto! Volevo aiutarlo a scoprire che c'è anche del buono nella vita e l'ho ferito di più. Lui ha solo conosciuto il dolore e la tristezza e...»
«E negli attimi con te ha potuto assaporare anche il bello che la vita ha da offrire.» cercò di consolarlo Jackson.

«NO! Io gli ho mentito per tutto il tempo! Tutto quello che avevamo è diventato dolore per lui! Solo bugie e dolore! Lui è morto per colpa delle mie bugie e del dolore che gli ho causato!»

Bambam guardò l'Umano inginocchiato per terra, che piangeva disperato. Gli faceva pena, ma un po' se l'era cercata. Ma che a lui stesse simpatico o no, doveva aiutarlo a tornare con Jin.
«Piangere non lo farà ritornare indietro, né cancellerà il suo dolore.» gli fece notare.

A quelle parole, gli occhi di Namjoon brillarono. «Dobbiamo tornare a casa.»
Si alzò di corsa e tornò alla sua bicicletta, pedalando a tutta velocità.

«Si farà uccidere!» Jackson gli corse dietro, spaventato.
Bambam tirò fuori le chiavi della macchina, pronto a seguirlo. «Non può morire. Vediamo che ha pensato il suo neurone. Quello sguardo non mi piace per niente.»

Namjoon era tornato a casa, era entrato di corsa e aveva preso un pennarello nero, poi aveva gettato in aria il tappeto del salotto e si era messo a disegnare sul pavimento.
«Namjoon?» lo chiamò il suo amico, terrorizzato.
Bambam, quando si rese conto di cosa stesse cercando di fare l'Umano, capì che doveva andare via. Così andò in cucina, nascondendosi dietro un pilastro.
Se la sua identità fosse stata svelata, sarebbe stato un casino.

«NAMJOON!» esclamò Jackson, quando finalmente capì.
Namjoon aveva disegnato un cerchio con all'interno un pentagramma, riempiendo tutti gli spazi vuoti di diverse rune antiche e complesse, per evocare...

«Che cosa vuoi, Umano? Come osi disturbare un Arcangelo?»
Davanti ai due Umani, all'interno del pentagono, era apparso un Arcangelo bellissimo.
La pelle chiarissima e liscia contrastava con le labbra rosee e i capelli neri come la pece che cadevano in morbide onde. L'abito elegante verde scuro, metteva ancora più in risalto la sua carnagione.
In quel momento, Namjoon e Jackson capirono il significato di "bellezza eterea".

In Your Eyes [Namjin - Taekook]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora