CAPITOLO 41

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ECCO A VOI UN NUOVO CAPITOLO!

BUONA LETTURA,

ALE


Se c'era una cosa che odiavo di più erano i segreti. Un po' perché avevo la mania di avere sempre tutto sotto controllo e un po' perché odiavo che mi tenessero all'oscuro da determinate situazioni.

Era un po' come se mi prendessero per il culo. Come per le bugie.

Tutto ha un prezzo, tutto ha una scadenza e la verità viene sempre fuori.

Non so se le mie intuizioni erano veritiere o semplicemente avevo preso un abbaglio. Fatto sta che ogni cosa, mi riconduceva a Giovanni. Cominciando dalla trasfusione e finendo a quel bambino nell'album raffigurato insieme a me nelle foto e che Bea aveva notato quanto fosse simile a suo fratello da piccolo. La situazione era molto ingarbugliata. Parlarne con mio padre o mia madre, o peggio con Bea, era fuori discussione. Dovevo prima accertarmi di certe cose e poi agire.

Lello stava cercando di capirci qualcosa, insieme alla questione Varriale e Forcella. Quel ragazzo era così oberato di lavoro che avrei dovuto dargli un aumento.

«Lè, tiè» gli passai il pacchetto di Marlboro offrendogli una sigaretta.

Eravamo appostati fuori alla villa al Vomero, attendendo che mia madre uscisse per andare in chiesa. Eravamo nascosti dietro a dei cespugli, invece l'auto l'avevamo parcheggiata nella curva più sopra di casa siccome mamma sarebbe scesa verso giù.

«Sì sicur' ca' tua mamma va in chiesa stammatina?» controllò l'ora sul rolex. Eravamo lì da più di mezz'ora e la messa sarebbe cominciata nel giro di dieci minuti.

Feci spallucce. «Pe' forza. Non salta mai».

Essere appostato fuori casa mia a spiare mia madre, era una delle cose che mi mancavano dalla lista. Agire in quel modo era davvero l'unica soluzione per non accendere allarmi e fare in modo che se avessi avuto ragione, mio padre avrebbe avuto modo di rimediare o fare peggio.

Mentre guardavo alcune email dell'hotel che erano arrivate, Lello mi strattonò indicando con il mento i cancelli della villa che si aprirono mostrando la 500 rossa di mia madre uscire all'esterno.

Feci cenno al mio informatore di non muoversi nemmeno di un millimetro. Mia madre era pur sempre la moglie del boss di Napoli. La prima cosa che faceva quando usciva, era aspettare che il cancello si chiudesse.

«E mo comme facimm?» si disperò Lello girando su sé stesso.

Tastai una tasca dei jeans sventolando il mazzo di chiavi davanti al suo naso. «Tengo ancora le chiavi».

Mi mostrò il dito medio. «Si nu cazz' e' figlio e' ntrocchia». E non solo... Ero molto di più.

La 500 rossa lasciò l'esterno della villa scendendo verso la parte bassa del Vomero per recarsi alla chiesa di San Gennaro. Di solito era sempre lì che andava, da quando ero piccolo.

Prima di entrare nella villa, dovevo fare in modo che mio padre, ovunque si trovasse, non potesse accedere alle videocamere e scoprire che ero in casa. Avevo già previsto tutto.

Estrassi dallo zaino che avevo sulle spalle, l'iPad e disattivai le telecamere, compreso l'allarme. Solitamente quando accadeva una cosa del genere arrivava un avviso sui dispositivi che avevano l'app per il controllo di esse, ma avevo disattivato anche quella funziona. Mio padre non avrebbe mai dovuto sapere che ero stato lì, soprattutto a cercare una cosa, quella cosa.

Quando fu tutto pronto e mi assicurai che fossi davvero isolati, ci spostammo dai cespugli e attraversammo la strada fino ad arrivare ai cancelli. Inserii la chiave nella serratura del cancelletto pedonale e fummo dentro. Perlustrai in garage per essere sicuri che mio padre non fosse in casa anche se sapevo che fosse così ormai da settimane.

Sotto il cielo di Napoli - Resta con me VL.2Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora