Capitolo 18

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ANASTASYA
19 anni


Corro attraverso il tunnel al lato sinistro della caverna e seguo le tracce rosse disegnate sul muro.
Sono certa che da qui a breve mi ritroverò all’esterno della villa.
Funzionava così anche al maniero, solo che da lì non siamo riuscite mai a fuggire.
Stavolta sarà diverso.
La luce lunare filtra dall’uscita della caverna e come volevasi dimostrare sono fuori in breve tempo.
Calpesto le foglie sul terreno umido e fuggo attraverso il fitto bosco.
Cazzo spero di trovare la strada giusta.
Non vedo le guardie di Sascia per cui deduco di essere sul sentiero buono. 
Ho il fiato corto mentre cerco di mantenere l’equilibrio, non mi sono ancora ripresa del tutto dalla tossicodipendenza e a volte la testa mi gira come una trottola.
Dopo venti minuti di corsa sfrenata scorgo le luci della statale e tiro un sospiro di sollievo, ma quel diavolo a quest’ora già deve essersi accorto della mia fuga, non posso perdere tempo.
Il solo ricordo delle bugie che mi ha rifilato mi fa venire l’orticaria e pensare che per lui avrei dato la mia vita.
Si è preso gioco di me, come tutti del resto.
Lo odio, lo odio con tutta me stessa
E odio il fatto di essere così dipendente da lui.
Voglio fuggire e non so nemmeno se ho più voglia di ritrovare il mio passato, vorrei solo sparire per sempre.
Afferro il cellulare nella tasca dei jeans e chiamo Giulia, l’unica che in questo momento può aiutarmi.
«Ana, finalmente! Ero preoccupata per te!» grida attraverso il microfono.
La gola mi si secca e racimolo un po’ di fiato per risponderle.
«Facevi bene, quel diavolo della California era il mio padrone. Mi teneva in ostaggio in casa sua» sputo e mi accascio addosso a un albero per riposare le gambe.
«Cosa?? Stai scherzando vero?»
«Affatto, ma ti prego dammi una mano, ho bisogno di aiuto e di gettare il telefono in un fosso, a quest’ora mi starà già seguendo» scatto con la testa a destra e sinistra cercando di captare qualche rumore ma per fortuna non vedo nessuno.
«Riesci a raggiungere il distributore sulla statale? Quello dove vendono i migliori hamburger di San Diego?» domanda, e provo a trovare serenità dal tono della sua voce. Ma è spaventata almeno quanto me.
«Dovrei esserci vicino» mi sembra di stare a poche miglia di distanza, in genere sono una che riesce a orientarsi alla grande.
«Ti mando una macchina, intanto liberati del telefono e raggiungi il luogo che ti ho detto»
Faccio come dice e dopo aver distrutto il cellulare riprendo a correre a tutta velocità.
Arrivo al distributore e una Mercedes nera dai vetri oscurati mi aspetta sul retro del palazzo.
Riconosco le macchine della mafia e questa è una di quelle.
Spero solo di aver fatto bene a chiamare Giulia e di non averle recato altri problemi oltre a quelli che già ha di suo. Non me lo perdonerei mai, ma purtroppo non avevo scelta.
A parte Alys, è l’unica amica che ho e non chiamerei mai la sorella dell’uomo che odio di più al mondo.
Santo cielo come ho fatto a non capirlo subito? Come ho fatto a non riconoscerlo?
Quei cazzo di occhi mi perseguitano giorno e notte da anni. Mi sono lasciata manipolare come una marionetta e non riesco a capacitarmene.
Devo allontanarmi e disintossicarmi da lui, non merita niente di me nonostante lo abbia implorato più volte di portarmi via.
Pensavo potesse darmi un futuro e aiutarmi con un passato che non ho, ma ha solo fatto peggio.
Mi ha distrutta.
Il mio cuore non può reggere un simile colpo e io non ce la faccio più.
Questa vita mi ha stancata.
Salgo sull’auto che parte alla svelta e imbocca la statale.
Dopo circa venti minuti entriamo in un viale sterrato e varchiamo un cancello che ci conduce in uno dei più lussuosi locali di San Diego.
Lo scopo non era quello di cercare divertimento, ma evidentemente Giulia è incastrata con una  delle sue serate in famiglia.
È giovane, e di sicuro i suoi fratelli staranno cercando già un modo per farla sposare con qualche pezzo grosso della mafia.
Funziona così quando fai parte di alcune famiglie criminali e le tradizioni della sua, difficilmente vengono interrotte.
Giulia mi aspetta all’entrata e mi avvolge con un lungo abbraccio.
Le lacrime non la smettono di rigarle il viso e dopo essersele asciugate, torna a guardarmi come ha sempre fatto.
Con amore.
«Vieni dentro» mi prende per mano e trascina all’interno del locale dove le luci soffuse e la musica in sottofondo mi fanno barcollare.
Non sono abituata a questo trambusto.
Le mie Vans atterrano morbide sul pavimento laminato mentre un uomo della sicurezza ci scorta fino al privè, dove tre divanetti in pelle sono separati da bassi tavolini strapieni di cestelli con ghiaccio e champagne.
Quattro uomini vestiti con abiti di alta sartoria sono seduti davanti a noi insieme a due donne succinte che mi guardano di sottecchi, tranne uno che mi rivolge un ampio sorriso: Tony Colombo, il fratello di Giulia.
Lascia scendere dalle sue ginocchia la donna bionda e si avvicina a me.
«Ana, che piacere rivederti» mi prende la mano e con le labbra sfiora le mie nocche senza mai distogliere gli occhi dai miei «non so cosa sia successo ma qui sei al sicuro» si stacca da me e torna a sedersi.
Bofonchio un lieve «grazie» e lui annuisce per poi tornare a divertirsi con la bionda di prima che si ancora immediatamente al suo collo.
Distolgo lo sguardo e mi siedo accanto a Giulia, nel divanetto di lato. Indossa un vestito lungo che le risalta i fianchi e il suo esile corpicino slanciando le sue gambe. È davvero molto bella e mi piace vedere le sue lentiggini libere sul suo viso.
«Come stai?» mi domanda.
Arriccio il naso prima di risponderle, ho paura di avere un brutto odore dopo tutta quella corsa sfrenata e in questo luogo mi sembro l’unica vestita poco adatta alla serata.
«Sto bene, per ora» continuo a guardarmi intorno come se da un momento all’altro potesse sbucare lui, ma la mia amica arriccia le sue dita intorni alle mie e mi distoglie dai pensieri.
«Raccontami tutto» sussurra vicino al mio orecchio.
Mi lascio andare in un lungo racconto che lascia Giulia a bocca aperta man mano che passano i minuti. Cerco di parlare a voce bassa, ma dubito che qualcuno ci stia sentendo visto il chiacchierio continuo e la musica alta.
«Cazzo, Ana. Quel diavolo non ti lascerà andare così facilmente, ha ucciso per te. E non solo tuo padre, quello adottivo intendo» sospira e stringe la mia mano tremolante.
«Chi altri ha ucciso?» dovrei forse sapere cosa fa Sascia in mia assenza? Perché da come mi guarda la mia amica è come se ignorassi qualcosa.
«Non fare la finta tonta. Quel tizio morto nel bagno della tavola calda, quello che hanno trovato impiccato con la cravatta, non ti dice nulla?»
Inarco un sopracciglio «Si è suicidato, Giù.»
Lei sbuffa «Certo, come no. A volte sembri davvero ingenua. Sascia ha lasciato il suo fratellino a fare da vedetta mentre lui entrava nel bagno e uccideva il ragazzo che ci ha provato con te davanti ai suoi occhi più di una volta» potrebbe avere senso, ma perché ucciderlo?
«Non lo so, Giù. Sembra surreale» le rispondo con un sospiro e lei fa spallucce.
«È quello che succede quando sei un criminale, Ana. Riconosco il tipo di uomo capace di una roba del genere»
Forse ha ragione.
Ma perché aspettare un anno per portarmi via con lui, spiarmi da lontano e prendersela con chiunque osasse avvicinarsi a me?
«Quel biondino che stava con lui era suo fratello?» le chiedo.
«Sì, il gemello di Alys. Si dice in giro che la sua fidanzata si sia ammazzata e lui sia uscito fuori di testa»
«È terribile, cazzo. Perché si è suicidata?»
A un tratto è come se avessi un bisogno irrefrenabile di saperne di più.
«Una brutta storia. Pare che da piccola vivesse in Spagna e alcuni rapinatori abbiano ucciso suo padre e violentato sua madre davanti ai suoi occhi. Poi lei ha squartato uno di questi tizi con un uncino per le unghie. Dopo di che è arrivata la polizia e i rapinatori se la sono data a gambe portandosi dietro sua sorella. Era su tutti i giornali»
All’improvviso un nodo mi stringe la gola e il senso di nausea diventa pesante.
«Devo andare in bagno» mi porto una mano davanti alla bocca e mi alzo di scatto.
«Tutto bene?» chiede confusa.
«Sì, torno subito» ho bisogno di acqua fredda sulla mia pelle che lenisca il vuoto dentro di me e mi riporti in vita.
Scendo un paio di gradini del privè con gli sguardi puntati addosso, me li sento dietro la schiena roventi e mi ustionano a ogni passo. Respiro a fondo ed entro nei bagni delle donne aggrappandomi con ferocia al lavello.
L’acqua fresca zampilla sulle mie braccia mentre chiudo gli occhi e i ricordi della mia infanzia mi vorticano confusi nella testa.
Trixy, ti voglio bene.
Non lasciarmi, sorellona.
Mai, piccola libellula.
Una lacrima rotola sulla mia guancia e la scaccio con il palmo della mano.
Vorrei essere forte e riuscire a superare questi momenti che mi strozzano come un cappio intorno al collo che tira e non si ferma mai, ma non ce la faccio.
Sono stanca di essere ingannata, presa in giro.
Non sono un cazzo di burattino o una bambola di pezza da mettere in bella mostra sopra uno scaffale.
Mi asciugo le lacrime e mentre percorro il corridoio per tornare nel privè da Giulia, vengo fermata da un giovane ragazzo di bell’aspetto.
Gli occhi neri come la pece e lo sguardo profondo lasciano intravedere la sua aura di mistero aleggiare intorno a lui.
Questo locale puzza di criminalità e lui non è da meno, nonostante i suoi abiti eleganti e il suo aspetto da damerino.
«Non ti ho mai vista qui, sei un’amica dei Colombo?» annuisco senza proferire parola e le sue labbra carnose si muovono insieme alla sua mano tesa verso la mia «piacere, sono Salvo Gambino» me lo dice come se dovessi conoscerlo.
«Piacere, Ana» ricambio la cortesia e mi presento, anche se il mio corpo inizia a mettere in moto strani meccanismi di difesa.
Giulia si accorge di me e dalla sua faccia deduco che devo svignarmela e tornare da lei, ma quando lo faccio Salvo mi afferra per un gomito.
«Non così in fretta, dolcezza. Fatti offrire da bere» mi strizza l’occhio e mi spinge verso di lui.
«Non ne ho voglia, grazie. Ora lasciami il braccio altrimenti…»mi incupisco e gli ringhio contro. Non ho il mio uncino dietro, cazzo.
«Altrimenti cosa?» stringe con i polpastrelli e con la coda dell’occhio vedo Giulia alzarsi. I suoi fratelli non si sono accorti di nulla e mi rendo conto solo adesso che questo luogo è il posto meno sicuro rispetto al resto del pianeta.
«Altrimenti te lo spezzo» una voce profonda vibra dietro le mie spalle facendomi arricciare perfino le dita dei piedi «anzi, ho deciso di rompertelo in ogni caso»
L’ombra di Sascia si avventa sul ragazzo e la sua mano si stringe intorno al suo braccio piegandoglielo e spezzandoglielo proprio come gli aveva detto.
La folla si accalca intorno a noi mentre Giulia e i suoi fratelli corrono nella nostra direzione.
«Kovalenko, lascialo subito» Toni Colombo sbraita con una pistola tesa in direzione di Sascia e altri dieci uomini puntano le armi verso di lui «come hai fatto a passare la sicurezza?» gli domanda ancora mentre le dita di Sascia non la smettono di stritolare il braccio di Salvo che piagnucola e si contorce dal dolore.
Come diavolo ha fatto a trovarmi?
«Mi sottovaluti così, Colombo. Ritieniti fortunato che non abbia dato fuoco all’intero locale» gli risponde con calma.
«Avevamo un accordo, non dovevi mettere piede nei nostri locali e noi non li mettevamo nei tuoi. Ma a quanto pare per il nostro avvocato non valgono più le regole» Toni tende di più il braccio e si avvicina di qualche passo a Sascia.
La musica si è fermata e tutti ora stanno osservando la scena e proteggendo le spalle alla famiglia Colombo.
Giulia sta nascosta dietro la schiena di suo fratello che la tiene lontana e mi guarda con aria terrorizzata.
C’è una faida tra queste due famiglie e io ho combinato un gran casino.
«Le regole saltano quando nei vostri locali c’è qualcosa che mi appartiene e che a quanto pare qualcuno di voi ha osato toccare» gli occhi di Sascia si posano prima su di me e poi tornano su Salvo piegato in due dal dolore.
«Nessuno ha toccato niente di tuo, ora vattene prima che ti faccio saltare il cervello» Toni ci mette il carico e non lascia la presa dalla sua arma mentre Sascia non ha il minimo timore. La sua faccia è pietrificata, trasmette gelo e rabbia, se potesse annienterebbe perfino me.
«Non prima di aver ripreso la mia futura sposa e aver rotto le ossa a questo fottuto pezzo di merda che non sa dove mettere le mani» lo dice con pacatezza, troppa.
«Adesso basta, Sascia. Andiamo via per favore. Non è successo nulla» intervengo io con una mano sul suo braccio per provare a calmarlo ma continua a ignorarmi «Giulia scusami, scusatemi tutti» chino la testa mortificata.
«No cazzo, Ana. Non ti lascio andare con quel diavolo, non sei obbligata» Giulia obietta la mia scelta e mi fissa con gli occhi lucidi «non farlo, per favore»
«Attenta a come parli, signorina Colombo. L’ultima volta non è andata molto bene. Se non erro la tua famiglia prima ti ha gettato nella fossa e poi ti ha lasciata lì, non siete migliori di me» Sascia non perde un colpo e non gliele frega niente se da un momento all’altro un proiettile potrebbe perforargli il cranio, se ne fotte e per come la vedo io, sembra sia fin troppo sicuro di sé.
È un uomo tutto d’un pezzo e incute più terrore lui che gli uomini intorno a noi.
Qualcuno bisbiglia, altri vociferano ma è il silenzio tra Sascia e Toni che ora si stanno fissando come lupi, a creare un frastuono assordante.
«Kovalenko ora basta. Non sapevamo che l’amica di mia sorella fosse la tua futura sposa. Sarei intervenuto personalmente. Mio cugino si scusa» Toni va verso Salvo e gli afferra il braccio sfilandolo dalla morsa di Sascia. Gli posa la mano sulistallato bancone del bar e gli rivolge uno sguardo severo «è questa la mano con cui l’hai toccata?» suo cugino balbetta un sì e Toni gli spara sulle dita.
Le urla di Salvo echeggiano nel locale e tutti fanno ancora silenzio. Il rimbombo del proiettile mi lascia a bocca aperta e i miei occhi si appuntano su Giulia pietrificata.
Mimo con le labbra un lieve ‘scusa’ e scuoto la testa. Le lacrime mi pizzicano gli occhi e odio pensare di aver creato problemi a un’amica che per me c’è sempre stata.
Toni si volta e si rivolge a me «Se un giorno avrai ancora bisogno di noi, saremo qua. Ma non prima che tu abbia risolto le cose con il tuo futuro marito. Fino a quel momento allontanati da mia sorella, Ana. Stalle alla larga perché non ho nessuna intenzione di riaprire la faida con i Kovalenko» faccio sì con la testa mentre Giulia si precipita tra le mie braccia
«Mi dispiace» mi dice singhiozzando «mi dispiace davvero, Ana»
«Tranquilla Giù, hai fatto anche troppo. È meglio che vada ora» ricambio l’abbraccio e Sascia stringe le dita intorno alle mie per spronarmi a chiudere la conversazione e ce ne andiamo tra il vociferare dei presenti e gli sguardi puntati su di noi.
Sono spacciata.
Una piccola marionetta alla quale vengono tirati i fili senza aver modo di obiettare.
Salgo sul Cayenne nero con il magone in gola e il cuore in mille pezzi, non c’è niente nella mia cazzo di vita che riesco a controllare.
È tutto fuori posto e io mi sento morire.

𝖂𝖊 𝕬𝖗𝖊 𝕮𝖍𝖆𝖔𝖘 - 𝕾𝖆𝖘𝖈𝖎𝖆 - 𝖛𝖔𝖑. 3Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora