.Capitolo 38.

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Salutai Ginevra dalla finestra della sala, contento che si fosse buttata in questa nuova avventura e speranzoso che potesse trovare un fidanzato o un compagno al posto di quel cretino a pedali di Alberto, altrimenti....ci pensavo io a spaccargli le gambe a quello!! No anzi a tutti e due!
Sghignazzai tra me e me a quel pensiero, entusiasta non solo di essere, a breve, lo zio protettivo, ma anche il fratello maggiore.
Feci per tornare in camera mia quando incontrai lo sguardo di Agnese, che era lì, seduta presso l'isola della cucina: era in pigiama, avvolta in una vistosa vestaglia porpora all'apparenza calda e morbida, stava con gli occhiali da vicino leggermente abbassati, a metà naso, per potermi osservare, legati a una catenella fatta di pietruzze e perline che le passava intorno al collo, tra le mani una tazza di thè e la famigerata penna rossa che usava per correggere i compiti.

Un timore reverenziale mi invase le ossa e cercai svelto di togliermi dal suo mirino, senza successo: <<Mi sa che io e te dobbiamo parlare....>> disse, facendomi arrestare nella mia fuga strategica.
Cazzo.
Mi voltai lentamente verso di lei, che con la mano mi invitò ad avvicinarmi.
Obbedii, stranamente con il cuore che a ogni passo iniziava a battere sempre più forte, mettendomi all'altro capo dell'isola di marmo con lo sguardo basso.
<< non abbiamo ancora parlato dei termini del tuo castigo, o sbaglio?>> mi domandò, con una voce calma ma severa, che non ammetteva capricci o risposte brusche.
<<no.....non ancora almeno...>> le risposi a parole, sapendo che un semplice cenno con il viso mi avrebbe solo messo nei guai.

Agnese si alzò, versandomi un bicchiere d'acqua e portandomi le pillole per la serata, che accettai con un sospiro e il cuore di piombo, odiando ogni singolo istante quella coodipendenza forzata alla quale ero costretto. Le presi senza obbiettare, solo per non incidermi la lapide, visto che la fossa me la ero già scavata.
<<suu.... lo so che l'idea di dover dipendere da me per alcune cose, nonostante quello che ci siamo detti, ti fa schifo, ma cerca di resistere fino al controllo con Louis. Parlo io per te, lo convinco io a interrompere la sorveglianza sanitaria, va bene?>> cercò di incoraggiarmi, accarezzandomi il braccio come faceva sempre.

Le sorrisi, cercandola con la mano e stringendole la vestaglia, in una silenziosa richiesta di comprensione.
Lei rimase pensierosa per un pò, per poi dire:<< facciamo così... per quanto riguarda le pillole, ti preparo io le dosi ma le prendi da solo, ti andrebbe bene? Intervengo solo se te ne scordi, ti darebbe un pò di tranquillità in più pensarci tu in maniera indipendente?>> mi chiese, e io annuì con foga. Era ora, un minimo di autonomia!
<< però mi devi promettere che se per caso, ti passasse per la testa qualche pensiero poco carino, o chiami me o Ginevra.... non abuserai dell'accesso che ti ho dato ai tuoi medicinali! Dillo... anche perchè sennò ti smonto le chiappe a schiaffi se non ci lasci le penne!!!>> mi spronò, sgridandomi.

Sospirai un pò di controvoglia, era una bambinata questa! <<se sto male chiamo te o Gin e non abuserò dell'accesso che ho ai medicinali. Promesso! Piuttosto ti vengo a chiedere il permesso se devo prendere altro, tipo se ho mal di testa, almeno stai tranquilla...>> aggiunsi, un pò forzato, pur di ottenere un pò di fiducia da parte sua.
Lei mi fece abbassare, tirandomi per la maglietta del pigiama, solo per darmi un bacione sulla guancia, che mi fece sciogliere in un brodo di giuggiole.
<<bravissimo! Grazie... per quanto riguarda la tua punizione però...>> iniziò a sgridarmi. No, non se ne era magicamente dimenticata...
<< primo, hai da scontare un castigo extra per tutte le volgarità che mi hai tirato dietro...>> mi spiegò, risedendosi al mobile della cucina. La seguii, solo dopo aver rubato un cuscino dal divano per non soffrire troppo su quelle maledette seggioline di plastica, e mi sedetti davanti a lei.

<<sai parafrasare?>> mi domandò così a caso.
<<sì abbastanza....perchè?>> le chiesi, sinceramente curioso di sapere che aveva in mente.
<< ottimo. Ogni sera vorrei che tu prenda il quadernino, sai quale, scegli da una a tre delle frasi che mi hai detto e cerchi di parafrasarla in termini meno volgari e aggressivi, mantenendo il messaggio originale invariato>> mi illustrò, lasciandomi confuso.
<< .....non ho capito.... se il messaggio è negativo così resta negativo! Parolacce o meno...>> le dissi, spaventato dall'idea di ficcarmi in altri casini, ma lei mi continuò a spiegare.
<<ed è anche questo il punto! Ti faccio un esempio: "Agnese, vaffanculo!". Non c'è bisogno di spiegare il perchè mi puoi aver detto una cosa del genere, ti stavo disturbando o stressando, o ti ho fatto notare una cosa che non ti piace. Ed è giusto che questo messaggio, resti! È lecito che io, qualche volta, ti stia sulle palle e ti faccia arrabbiare, è normale. Devi imparare ad usare un altro tono, non ad invalidare le tue emozioni. "Agnese mi stai dando fastidio", "non è una cosa che mi piace che tu mi ricordi" "mi stai facendo agitare"... mi sono spiegata?>> mi domandò alla fine con il sorriso.

Redamancy: &quot;L'Amore che ritorna&quot;Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora