Capitolo 26

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CARPE DIEM

Una volta seduta al tavolo del ristorante, feci un profondo respiro.

Posizionata davanti a me c'era mia madre, con le spalle rivolte alla hall, mentre, Andrey, si trovava alla mia destra.

Cercai di non fargli rendere conto che fossi agitata.

Tra le luci splendenti della sala e le voci dei numerosi clienti seduti ai diversi tavoli, con una finta disinvoltura, presi il telefono dalla mia borsetta per scrivere un messaggio a Cole.

«Rose! Non si usa il telefono a tavola!» esultò mia madre.

"Non uscivjdkd". Questo è quello che inviai a Cole. Non feci in tempo a scrivere la frase che, sussultai alla sua solida affermazione.

«Sì, scusa» risposi, rimettendo il telefono nella mia borsetta pallettata.

Sperai che Cole capisse ugualmente.

Cercai di mostrarmi più rilassata, seppur fingendo. Nel frattempo, arrivarono i piatti che avevamo ordinato.

Cominciammo a mangiare e, anche se tentavo di risultare "normale" ai loro occhi, la mia mente era un turbinio di pensieri.

«Allora Rose, quando uscirà la prossima collezione?» domandò mia madre, portandomi alla realtà.

«Beh, stiamo lavorando sui prossimi abiti, ma probabilmente, passerà un anno prima di renderla pubblica.»

«Capisco. A proposito, è molto simpatico il tuo collega, come si chiamava?»

«Tom.»

«Tom. Mi piace anche Ana, è una ragazza in gamba» continuò ad affermare mia madre.

«Sì sono fantastici! Siamo andati d'accordo fin da...»

Sgranai gli occhi, non portando la frase a termine, quando vidi la testa di Cole affacciarsi dalla scalinata.

Mia madre, voltata di spalle, si girò per capire cosa avessi visto.

«Cos'hai visto?» mi domandò, confusa.

«No, niente. Pensavo di aver visto la direttrice.» Mentii un'altra volta, mentre Andrey continuava a guardare in quella direzione.

Dopotutto, era stato proprio lui a dare il mio indirizzo a Cole, però, non mi aveva mai chiesto se fosse venuto.

«Vado un attimo al bagno» dissi.

Mi alzai dal tavolo e mi diressi verso le scale, dove lì vicino era presente il bagno.

Mi nascosi dietro una parete che divideva la hall dalla sala del ristorante e presi il mio telefono per mandare un messaggio a Cole.

Mentre le mie dita digitavano le lettere della tastiera, qualcuno mi prese per il braccio e mi trascinò in uno stanzino buio, chiudendo all'istante la porta.

«Chi sei?» urlai, prima di avere la bocca tappata da una mano.

Scalpitai e, senza pensarci due volte, conferii un morso, provocando un gemito alla persona che mi aveva sequestrata.

Nel medesimo tempo, si accesero le luci.

«Cole!» Esclamai, abbandonando le mie spalle tese. «Pensavo fossi in camera tua!»

«Mi hai quasi staccato una mano» rispose, con un'espressione dolorante.

«Scusa, fammi vedere.» Presi la sua mano fra le mie.

«Così ti ricorderai di me» dissi, per sdrammatizzare, rivolgendogli un mezzo sorriso.

«Non serve, lo faccio già.»

Nel mio cuore. Custode dell'amore.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora