CAPITOLO 2. MUTANDINE.

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Pov Sana.

Non avevo idea di dove fosse l'aula di chimica e avrei preferito continuare ad ignorare quella notizia visto che la chimica, così come tutte le materie scientifiche, non era proprio una disciplina che mi andava a genio.Girovagavo per l'edificio in cerca di una faccia amica che mi aiutasse a trovare il professor Micha e la sua aula ma nessuna delle ragazze del dormitorio era in giro e Beth era andata alla palazzina F per la sua lezione di psicologia cognitiva. Voleva fare la strizzacervelli per aiutare gli altri a combattere i loro mostri, così mi aveva spiegato la sera precedente. Avevo subito capito che probabilmente doveva allontanare i suoi mostri prima di quelli altrui.
Trascinata dai miei pensieri continuavo a girare a vuoto per i corridoi non sapendo veramente dove sbattere la testa, avevo chiesto aiuto a dei ragazzi della squadra di football ma si erano limitati a chiedermi l'autografo e a fare i cretini. Ero in ritardo di circa dieci minuti quando, finalmente, una ragazza era stata così gentile da spiegarmi dove fosse l'aula di Micha e l'avevo trovato fuori a parlare con uno studente.
La lezione non era ancora cominciata per fortuna e io cercavo di intrufolarmi tra lui e il ragazzo con cui stava amabilmente chiacchierando. Ero convinta di essere riuscita a scampare il peggio: non ero entrata platealmente e nessuno si era accorto della mia presenza ma, non appena avevo varcato la soglia, il professore mi aveva ripreso per il mio ritardo ed io mi ero sentita una deficiente.
I venti minuti successivi furono piuttosto tranquilli - avevo tentato addirittura di prendere ordinatamente gli appunti anche se, lo ammetto, con scarsi risultati - fino al momento in cui il professore era stato chiamato fuori dall'aula e la persona seduta dietro di me si era improvvisamente alzata per lasciare il posto a qualcun altro.
Sentivo le risate dietro di me e questo mi infastidiva parecchio soprattutto perché sapevo benissimo il motivo di tanta ilarità.
Percepivo la presenza di Akito Hayama dietro di me e non sapevo nemmeno il motivo per cui il fatto che lui fosse alle mie spalle mi provocasse tanto fastidio e al contempo attrazione. Ogni singola cellula del mio corpo era proiettata verso quella sensazione di odio e.. odio, si, che provavo nei confronti di quel ragazzo.
Mi sforzai di allontanare i miei pensieri e di concentrarmi sulla lezione appena ripresa. Il professor Micha stava spiegando la costruzione dei Sali e la mia attenzione era volta totalmente verso quel procedimento che sapevo benissimo non avrei capito senza averlo seguito perfettamente. Mi chiedevo come facesse a sembrare così sicuro di se nell'insegnare qualcosa che a me era incomprensibile.
Sbuffai, sconfitta dalla chimica, sentendomi stupida attorno a quei geni scientifici. Mi voltai ad osservare la classe piena: erano quasi tutti ragazzi, poche donne sane di mente avrebbero scelto chimica come corso extra, io l'avevo fatto perché era l'ostacolo meno alto tra le altre materie visto che mi ero ritrovata a scegliere tra fisica, biologia e matematica. La fisica non faceva assolutamente per me, peggio ancora della chimica. La biologia mi impressionava, studiare il corpo umano e roba del genere avrebbe potuto farmi svenire in tre secondi netti. E la matematica era proprio la materia che detestavo più di tutte, quindi la scelta era stata obbligata.
Dietro di me, intanto, sentivo una mano che si avvicinava alla mia schiena incerta sul da farsi. Stizzita, mi girai e per la prima volta in quella giornata incrociai gli occhi di Hayama.
Avete presente i film? Quelli che nel momento in cui i due protagonisti si guardano, il mondo si ferma?
Bè, scordatevelo. Io e quel cretino di Akito Hayama non eravamo i protagonisti di un film d'amore. Forse avremmo potuto esserlo di un film di guerra: spari e teste mozzate che vanno di qua e di la.
«Hai intenzione di rimanere lì a fissarmi o vuoi chiedermi qualcosa?» dissi incalzandolo e prendendolo alla sprovvista.
Mi rivolse un sorriso sghembo, quasi divertito dalle mie parole. Io non volevo divertirlo, volevo ucciderlo per un motivo che era oscuro anche a me, probabilmente per avermi sfidato qualche giorno prima e aver preteso un ballo che non gli avrei concesso nemmeno per un appuntamento con Orlando Bloom.
Oddio, forse per Orlando...
«Allora?» dissi vedendo che non aveva intenzione di rispondermi.
«Mi piaci Kurata, dovremmo essere amici.» Amici? Ma per favore! Non potrei mai essere amica di quest'individuo insulso con il sorriso da sciupa femmine. Okay, forse quest'ultimo commento avrei potuto evitarmelo.
«Non credo sia il caso.» risposi voltandomi di nuovo per ritrovarmi tre secondi dopo con la sua faccia nell'incavo del mio collo. A quel contatto il mio corpo si irrigidì, ero sicurissima che lui se ne fosse accorto e mi colpì l'impulso di ucciderlo all'istante.
«E potrei sapere il motivo?» chiese con fare innocente spostandomi i capelli per poter parlare direttamente dentro il mio orecchio. Sapeva benissimo l'effetto che quello sfiorarsi provocava in una ragazza e, in particolare, in me e sapeva come approfittarne. Dovevo ammetterlo: era bravo.
Questo però non gli dava il diritto di mettere una taglia sul mio letto perché avrebbe incontrato serie difficoltà ad attenderlo all'angolo. Mi girai di scatto consapevole di avvicinarmi pericolosamente alla piega delle sue labbra.
Il mondo stavolta sembrò davvero fermarsi; per questo, farlo ripartire fu ancora più divertente.
«Non verrò a letto con te, Hayama, quindi se questo è solo uno stupido tentativo per infilarti nelle mie mutandine allora puoi cominciare ad abituarti all'idea che no, quello che stai cercando di fare, non funzionerà.»
Terminai il mio discorso con aria soddisfatta mentre lui invece sorrideva come prima e la sua espressione non era cambiata di una virgola. Mi affrettai a ripetere il concetto per assicurarmi che avesse ben compreso.
«Hai capito Hayama? Le mie mutandine sono off-limits per te.»
Abbassò il viso e subito si preparò a rispondermi accostandosi ancora di più al mio orecchio, dicendo le parole in un soffio.
«Sai, Kurata? Non pronunciare mai le parole mutandine e off-limits nella stessa frase in mia presenza. Accresci solo l'eccitazione per la sfida.»
Detto ciò mi stampò un bacio sulla spalla scoperta a causa della t-shirt ribelle e fece per allontanarsi. Poi, di colpo, tornò a sedersi dietro di me e affondò di nuovo il suo viso tra i miei capelli per raggiungere l'orecchio.
«Ah... e, la prossima volta, mettiti una maglietta meno scoperta o non risponderò delle mie azioni. Hai delle spalle così belle.»
Ma che razza di complimento era? Assurdo, certo, peccato che mi aveva fatto avvampare da testa a piedi senza tralasciare un centimetro del mio corpo.
Intanto Hayama si era allontanato e io non avevo avuto il coraggio di girarmi e fare ciò che avrei voluto e dovuto fare – il dito medio, ovviamente – nel momento stesso in cui si era seduto dietro di me.
Finita la lezione, circa dieci minuti dopo, presi la mia borsa e la porta mi sembrò il traguardo del Tour de France: volevo allontanarmi, scappare da quel luogo che sapeva ancora del profumo troppo forte della colonia di Hayama. Mi odorai i capelli per sentire se quell'odiosa fragranza era rimasta attaccata anche lì, come in tutta l'aula.
Si, decisamente si. Lo odiai ancora di più in quell'istante: adesso il ricordo di quei pochi minuti mi avrebbe accompagnata per tutta la giornata.
I corridoi erano strapieni di ragazzi appena usciti dalle lezioni e tutti avevano un'aria totalmente assente, forse per la miriade di informazioni appena assunte. Chimica, biologia, storia, filosofia, inglese, psicologia e calcolo matematico avanzato: ogni ragazzo era alle prese con una materia in particolare che lo stressava e non poco.
Sorrisi nel ripensare ai tempi del liceo in cui le mie giornate erano piene di compiti in classe ma erano felici.
Non avevo più ripensato a Kamura da quando una settimana prima ero arrivata al campus; il periodo delle superiori era stato quello più bello passato con lui, eravamo una coppia appena formata e le cose andavano più che bene. Nonostante questo mancava sempre qualcosa che però non riuscivo a decifrare.
Il nostro rapporto era sempre ad un passo dalla perfezione ma ci si avvicinava solamente, senza mai arrivare a toccarla per davvero. Ripensandoci mi dispiaceva ammettere che in realtà la nostra relazione era piuttosto traballante e che forse Naozumi aveva ragione nel definirla poco stabile.
Camminavo per il campus in cerca di un po' d'ombra per cominciare a scrivere la relazione di astronomia da consegnare la settimana successiva e, magari, anche per continuare a riflettere sulle infinite possibilità della mia rottura con Kamura. Ecco, astronomia era un corso che mi entusiasmava parecchio: da piccola passavo molto tempo sul tetto di casa mia ad osservare le stelle. Avevo imparato a riconoscere alcune costellazioni ma non ero mai riuscita a vedere la stella polare a dispetto della convinzione che sia il punto fermo del cielo.
Dopo essermi seduta vicino ad un albero chiusi gli occhi appoggiandomi al tronco. Stavo bene, nonostante tutto, e questo mi fece sorridere.
«Mi stai sognando, Kurata?» La voce di Hayama risuonò intorno a me come una bomba. Alzai gli occhi al cielo e poi lo guardai, visibilmente infastidita. I capelli gli ricadevano morbidi sul volto e notai che quando sorrideva gli si formavano due fossette ai lati della bocca. Non avevo mai visto una bellezza così singolare prima di allora e mi ritrovai per forza di cose a fare un confronto con Naozumi. Non c'erano storie, Hayama era decisamente più bello. Tuttavia non potevo di certo fargli notare quei pensieri, per il mio stesso bene.
«Piuttosto sarebbero incubi quelli.»
Alla mia risposta aveva sorriso di nuovo sedendosi accanto a me e spostando lo sguardo verso le ragazze di fronte a noi. Quello mi infastidì molto e non per gelosia – no! – ma perché se stava parlando con me fare il pesce lesso con qualcun'altra era decisamente scortese.
Può farlo solo con te il pesce lesso, eh? Urlò la mia vocina interiore che mi affrettai a rigettare nei meandri della mia anima. Stupida oca.
Storsi la bocca poggiando di nuovo la testa sull'albero dietro di me.
«Non essere cattiva con me, Kurata. Voglio solo esserti amico.»
Amico? Ma come avremmo potuto essere amici se era palese che stesse cercando di finire nel mio letto? Sorrisi a quel pensiero e lui ricambiò il sorriso a sua volta. L'avevo visto ridere poche volte sul serio, prima in aula di chimica e poi in quel momento, ma tutte le volte mi lasciava senza fiato.
«Di solito gli amici non tentano di infilarsi nelle tue mutande, mi pare di avertelo già spiegato.» Alzò gli occhi al cielo e quasi automaticamente io feci lo stesso, infastidita.
«Non sto cercando di infilarmi nelle tue mutande.». Si fermò un attimo e chiuse gli occhi. «Se fosse così, credimi, sarebbe già successo.». Che presuntuoso!
Scoppiai in una risata vera, una di quelle che non mi capitavano da un sacco.
«Non sono una delle tue puttanelle, caro. Anche se tu volessi, non accadrebbe.»
Sentendomi pronunciare quelle parole storse la bocca e prese a fissarmi insistentemente. Mi ero accorta di non riuscire a reggere il suo sguardo per più di dieci secondi non per paura ma perché, come avevo notato già alla festa, sembrava riuscisse a leggermi dentro ed era una cosa che non volevo facesse nessuno.
«Primo: non sono le mie puttanelle, altrimenti non sarebbero puttanelle. Secondo: perché non mi guardi mai in faccia? Ti metto in soggezione per caso?».
La rabbia prese a salirmi al cervello, come faceva ad accorgersi di ogni cosa? Girai lo sguardo incrociando il suo e per principio non lo distolsi.
«Ti piacerebbe mettermi in soggezione, così potresti manipolarmi.» risposi infastidita.
«Ma mi spieghi perché mi odi così tanto?»
«Io non ti odio, di per se sarai anche un bravo ragazzo, ma non voglio avere nessun tipo di rapporto con te.». Quelle parole mi uscirono quasi come un insulto, lo avevo trattato per tutto il tempo come un lebbroso e non era assolutamente la mia intenzione: non volevo sembrare l'attricetta che snobba tutti.
«E quale sarebbe il motivo?» mi chiese sinceramente interessato alla mia risposta.
Non sembrava cattivo, avrei anche potuto dargli una possibilità di essermi amico.
Ma no, no che non potevo!
«Conosco i tipi come te, Hayama. E non sono così stupida da farmi fregare con tanta facilità.».
Scoppiò a ridere, mi posò un bacio sulla guancia e si alzò.
«Sta tranquilla, Kurata, non voglio fregarti. Vieni con me.». Stese la mano verso di me e io la guardai titubante; accorgendosene mi rivolse un sorriso malizioso e prese a forza la mia mano.
«Avanti, fra due ore avrai ancora addosso le tue mutandine.»

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