CAPITOLO 17. IL MEGLIO PER TE.

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Pov Akito.

Per me il Natale era sempre stato sinonimo di malinconia, forse perché non avevo ricordi dell'infanzia legati alla magia di quei giorni di festa. Quell'anno invece avevo vissuto per la prima volta il Natale e, contagiato dall'entusiasmo di Sana, mi ero lasciato stupire dalle illuminazioni e dai colori per le strade, mi ero lasciato coinvolgere nell'addobbo dell'albero e nel piacere di stare riuniti intorno a un tavolo e mi ero commosso davanti al regalo di mio padre, una scatola piena di vecchie foto e filmini di mia madre. Quando la frenesia di quei giorni passò mi trovai a riflettere sul fatto che io e Sana non avevamo ancora passato del tempo da soli, soli per davvero, quindi non appena vidi quella meravigliosa offerta sul sito annunci per un week-end, nei giorni di Capodanno, in uno chalet di montagna, mi fiondai subito a prenotarlo.

Tsuyoshi mi aveva consigliato di non affrettare i tempi, visto che stavamo insieme da poco più di tre settimane, ma avevo veramente bisogno di passare del tempo solo con lei, per poterci dedicare a noi senza il rischio di essere interrotti. Lui e Beth stavano insieme da circa tre mesi, eppure lui non si era fatto scrupoli a farle conoscere la madre durante il periodo natalizio.
Dopo aver chiamato il proprietario dello chalet, mi misi sul divano e composi il numero di Sana.

«Alla buon'ora, Hayama!» rispose lei, senza nemmeno salutarmi.
«Buon giorno anche a te, amore.». Sentii la sua risata, la mia giornata era già di gran lunga migliorata. Com'era possibile che da una persona dipendesse totalmente la mia vita? Avevo sempre allontanato la gente prima che diventasse troppo importante, per non soffrire e privarmi di ogni emozione, positiva o negativa che fosse. Con lei invece era diverso. Forse era l'amore a renderlo un'altra cosa.
«Mi stai distraendo dal pomeriggio tra ragazze che ha organizzato Beth, credo che stia per tirare fuori un fucile o qualcosa del genere.»
«Conosco molti altri modi per distrarti, se ti interessa..» ammiccai prima di tornare serio. «Senti, volevo dirti.. non è che passeresti da me, stasera? Ho una sorpresa.». Feci leva sulla sua inguaribile curiosità, provocandola.
«Mmm..» fece lei, facendomi rabbrividire. «Che tipo di sorpresa?».
«Una bella sorpresa. Tu vieni, al resto penso io.». Quando pronunciai quella frase avvertii immediatamente che l'aria si era raffreddata, perché non rise come avrei voluto. «Non nel senso che pensi tu, cretina. Vieni e basta, e non preoccuparti.» mi affrettai a precisare.
«Ok..» rispose lei quasi automaticamente. «Alle nove sono da te.». Poi chiuse il telefono.

Il fatto che lei temesse ancora che ogni mia gentilezza avesse un secondo fine, un po' mi infastidiva. Io avrei aspettato, avrei aspettato per tutto il tempo che lei mi avesse chiesto, eppure era ancora convinta che avrei forzato la mano. Desideravo fare l'amore con lei, non potevo negarlo, ma sarebbe accaduto solo quando anche lei l'avesse voluto con la stessa intensità...
Preparai tutto per il suo arrivo e, quando Sana bussò alla mia porta, avevo appena finito di apparecchiare. La accolsi abbracciandola, affondando subito il viso nell'incavo del suo collo per sentire il suo odore.
Le nostre labbra si incontrarono e, non appena incrociai il suo sguardo, la mia bocca si allargò in un enorme sorriso e, immediatamente, anche la sua.
«Ciao Kurata..» sussurrai vicino al suo orecchio.
«Dovrei stare più spesso lontano da te, se l'accoglienza è sempre questa.». Ricambiò il mio bacio sorridendo e, immediatamente, la condussi in cucina dove avevo apparecchiato per noi due, soffermandomi su ogni dettaglio. Non avrei saputo spiegare cosa mi avesse fatto, ma quella ragazza aveva cambiato il mio essere in modo radicale, quasi come se avesse riassemblato i pezzi della mia anima.
Passammo la cena in tranquillità, ridendo come facevamo di solito, e prendendoci in giro. Lei continuava a dirmi che, quando mi sarei laureato, avrei dovuto lasciarla lì un altro anno e che la cosa mi avrebbe fatto impazzire. Non sapeva nemmeno quanta ragione avesse, ma il fatto che pensasse ad un futuro con me mi riempì il cuore di gioia. Allora per lei non era solo una storiella passeggera, una di quelle in cui non metti particolari aspettative. Allora, probabilmente, prima o poi si sarebbe sentita pronta per fare l'amore con me. E, se mi avesse dato tanta fiducia, forse il cuore mi sarebbe scoppiato del tutto.
Mi accorsi solo poco dopo che, mentre io ero preso dai miei pensieri, lei continuava a mordersi il labbro nervosamente, come se il fatto di guardare un film, stando abbracciati nello stesso letto la mettesse a disagio. Le passai il pollice sul labbro inferiore e la costrinsi a guardarmi negli occhi. «Smettila, Kurata.» dissi infine, sporgendomi per baciarla. Le sue labbra erano morbide, calde, e mi facevano rabbrividire ogni volta. La sentii sciogliersi tra le mie braccia ma, non appena il bacio sembrò farsi più serio, tornò ad essere rigida. Non riuscivo a capire il suo atteggiamento, sentivo il suo trasporto e il suo desiderio, ma poi, all'improvviso, c'era qualcosa che la frenava.
«Mi vuoi dire cosa c'è che non va?» le chiesi, scostandole una ciocca di capelli dietro l'orecchio. Lei mi sorrise, minimizzando la cosa, e poi mi accarezzò la mascella. «Nulla, è tutto perfetto.» e mi baciò ancora. Sapevo perfettamente che mentiva ed ero sicuro di conoscere anche il motivo di tutto quel turbamento e, anche se facevo di tutto per cercare di evitare il problema, ero sicuro che non avremmo potuto rimandarlo per sempre e che presto o tardi ci saremmo trovati a fare i conti con il fantasma che aleggiava da sempre tra noi e che, da quando stavamo insieme, era diventato una presenza costante.

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