CAPITOLO 4. PROGETTO.

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Pov Sana.


Come avevo fatto ad accettare di andare a pranzo con Hayama? Avevo trasgredito a tutte le regole che mi ero posta giorni prima e l'avevo fatto di mia spontanea volontà. Ero proprio una deficiente.
Passai la serata tra libri e ricerche di storia dell'arte che avrei preferito davvero evitare.
Mi ritrovai a pensare che il prof di arte si divertisse a torturarmi per puro edonismo. Mi aveva chiesto di fare una ricerca sul cinema e su ciò che muove l'immaginazione di uno sceneggiatore. Inizialmente avevo esultato trattandosi in un modo o nell'altro del mio mondo ma in quel momento pensai che avrei preferito una noiosa ricerca su un qualsiasi pittore d'epoca piuttosto che riportare alla mente ricordi di momenti che mi mancavano da star male.
Beth, a differenza mia, trascorreva quasi ogni sera nella biblioteca del campus perché, a detta sua, riusciva a concentrarsi solo nel silenzio più assoluto e, sempre a detta sua, io non collaboravo affatto in questo.
Certo, i suoi studi di psicologia necessitavano un'attenzione particolare rispetto ai miei. In realtà io non sapevo ancora in cosa mi sarei laureata, per questo avevo scelto almeno per il primo anno di frequentare corsi generici. Beth era il tipo di persona che sapeva cosa voleva fare della sua vita: mi aveva raccontato che inizialmente la sua prima scelta era stato il corso di laurea per il giornalismo ma che aveva deciso di fare la psicologa quando suo padre era morto. Sua madre era entrata in una sorta di depressione che aveva rovinato in parte ogni rapporto che avrebbero potuto avere. Ecco quali erano i mostri da allontanare, ecco perché aveva sempre addosso quello sguardo malinconico nonostante fosse una vera festaiola.
Pensai che avevamo molto in comune: mio padre, di cui non sapevo nulla, aveva lasciato la mia madre naturale ancora bambina con in grembo una creatura di cui non aveva voluto sapere nulla. Me l'aveva confessato proprio Keiko, quando mia madre aveva pubblicato il romanzo che mi aveva cambiato la vita per rintracciarla, raccontandomi tutta la sua storia.
La mia madre biologica, appunto, era comparsa e nello stesso modo in cui era arrivata, era andata via.
La mia mamma, quella stravagante donna che mi aveva cresciuto, voleva che andassi con lei perché era giusto,perché finalmente il libro su cui aveva lavorato per anni era servito a qualcosa, ma io mi rifiutai. Chi era quella donna per me? Nessuno, nonostante nelle mie vene scorresse il suo sangue.
In realtà c'erano tante cose che accomunavano me e Beth, non solo la nostra tragica mancanza di una figura paterna, lei per un motivo e io per un altro. Probabilmente era proprio per questo che ci trovavamo così in sintonia. Io non le avevo raccontato quasi nulla di me perché sapevo che la mia storia era stata su tutti i giornali per molto tempo e sarebbe stato inutile e poi perché non avevo voglia di rivangare il passato. Beth aveva capito, per questo mi piaceva.
Mi distrassi dalla ricerca di arte in atto e presi per un attimo il cellulare ormai sepolto da tutti i libri poggiati sul letto.
Avevo un messaggio non letto e mi affrettai ad aprirlo convinto che fosse mia madre preoccupata perché non rispondevo alle chiamate di Rei, il mio – ormai ex – manager.
Appena lo aprì il cuore fece un balzo nel petto.

Ho una notizia da darti...

Era Hayama. Gli avevo dato il mio numero di cellulare perché era stato particolarmente insistente. Ora che eravamo amici – a detta sua – doveva avere il mio numero, quali amici non si scambiano il cellulare?
Risposi in fretta e in maniera quasi telegrafica.

Sentiamo.

Te lo dico domani a lezione di chimica, dormi bene.
  

Che nervi! Aveva capito che ero una eprsona curiosa e cercava di sfruttare quella cosa a suo favore.

Va bene, 'notte.

Nessuna emozione, pensai, così dovevo comportarmi.

Tieni strette le tue mutandine, ci sono tanti malintenzionati in giro. Sogni d'oro.

Non risposi, non perché mi sentissi offesa, anzi ero piuttosto divertita ma perché letteralmente non sapevo che controbattere. Dovevo ammettere che i nostri botta e risposta mi stimolavano non poco e che parlare con lui era piacevole.
Durante il nostro pranzo mi aveva raccontato di non avere buoni rapporti con la sua famiglia, ma non era andato a fondo nel discorso e io non avevo insistito.
Non che non mi interessasse, anzi volevo conoscere la sua storia e capire il motivo per cui era così... stronzo? Ma solamente perché avevo colto in lui un tono triste e, a differenza sua, io sapevo quando star zitta.
Stranamente con lui mi sentivo al sicuro e non avevo paura che potesse farmi del male in alcun modo. Avevo capito che era una bastardo – sentimentalmente parlando – ma sotto sotto era un bravo ragazzo abbastanza simpatico da essermi amico.
Tolsi i libri dal letto e misi a prepararmi un tè alla cannella, il mio preferito tra migliaia di gusti; una volta avevo provato il tè alla banana e per poco non mi ero ritrovata con la testa china sul water.
La serata passò così, prima dell'arrivo di Beth che mi torturò per sapere cosa ci facevo nella macchina di Hayama prima di pranzo. Le raccontai vagamente ciò che era successo e mi parve troppo euforica per esserlo solo per il mio sciatto pomeriggio anche se in realtà era stata una delle giornate più belle che avevo passato da molto tempo. Mi affrettai a respingere quell'idea e ad indagare meglio su di lei.
«Beth, non sono stupida, cos'è successo?». Probabilmente attendeva solo che glielo chiedessi perché non appena glielo chiesi, cominciò a parlare a raffica.
«Ho conosciuto un ragazzo carinissimo, sembrava uno tutto precisino e invece è proprio un gran fico!». Si fermò un attimo e la mia curiosità si accese.
Poi lei continuò.
«Mi ha invitata a prendere un caffè per evitare che ci addormentassimo sui libri. Studia ingegneria ed è... perfetto!»
Ridacchiai. Aveva gli occhi a cuoricino e la invidiavo da morire perché anche io avrei voluto sentirmi in quel modo. Leggera e col cuore che ti scoppia di felicità.
«E come si chiama?» chiesi quasi istintivamente. Mi ritrovai a sperare che non si trattasse di Hayama, visto che anche lui frequentava quel corso di laurea. Ma Beth lo conosceva e sapeva benissimo di doversi tenere alla larga da lui, a differenza mia.
«Tsuyoshi.» rispose Beth mentre si pettinava i lunghi capelli biondi.
«Oh, carino.». Mi fermai per mettermi totalmente sotto le coperte. «Buona fortuna con questo Tsuyoshi.. e buonanotte.» sussurrai prima di ricevere un bacino sulla guancia da parte della meravigliosa compagna di stanza che mi era stata assegnata.
Mentre Morfeo stava per portarmi nel suo regno un pensiero mi balenò in testa.
Tsuyoshi? Tsuyoshi come il migliore amico di Akito Hayama?
O. Mio. Dio.

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