CAPITOLO 20. PS. I LOVE YOU.

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Pov Akito.

Non sapevo davvero come far capire a Sana che, se avesse accettato quella proposta di lavoro, non avrei avuto alcun tipo di problema. A patto che Kamura le stesse lontano per tutto il tempo fuori al set. Non ero sicuramente entusiasta all'idea di vederli vicini, né che lui dovesse per forza di cose metterle le mani addosso - a meno che non avesse fatto la parte del mutilato, e dovevo ammettere che l'opzione mi allettava abbastanza, soprattutto se fossi stato io a staccargli le braccia - ma ancora meno mi faceva piacere che lui avrebbe potuto parlarle e, se era stronzo per come lo ricordavo, addirittura ferirla. Decisi comunque di non pensarci, perchè il mio obiettivo era convincere Sana a chiamare il suo manager e accettare quel dannato ruolo. Sarebbe diventata famosissima, più di quanto non fosse già, e io non potevo impedirle di coronare i suoi sogni, solo per una stupida gelosia. Mi rendevo conto anche che, oltre al fatto che non voleva infastidirmi, c'era ancora una parte di lei che temeva la vicinanza di quel maledetto, quindi quella sarebbe potuta essere l'occasione per tagliare i ponti una volta per tutte.
Mi voltai a guardarla, era sdraiata sul mio letto, con quel completino intimo che aveva comprato per me qualche giorno prima. Dormiva ancora, la bocca leggermente schiusa e bagnata, i capelli rossicci abbandonati sul cuscino. Era meravigliosa, in un modo che non avevo mai nemmeno immaginato. Ripensai alla mia vita prima che arrivasse lei a sconvolgerla. Sana aveva cambiato la mia prospettiva, il mio modo di ragionare e di vivere le emozioni. Lei mi aveva cambiato dentro, nell'anima, e mi accorsi che le dovevo tutto.
Le accarezzai dolcemente il viso, cercando di imprimermi quel momento nella memoria, come qualcosa di profondamente epico, che non si sarebbe più ripetuto. Sana fece un movimento brusco e io mi alzai per lasciarla dormire in pace. Mi infilai un paio di boxer e andai in cucina, sperando che, a pancia piena, avrei trovato una soluzione immediata al piccolo problema che si era presentato. Come facevo a farle accettare quella proposta, quando sapevo perfettamente che lei era restia a farlo? In realtà avrebbe dovuto essere lei a scegliere, come aveva sempre fatto, eppure mi sentivo in obbligo di aprirle gli occhi. Se non avesse accettato, Naozumi si sarebbe sentivo in diritto di dire che era stato per lui. Non volevo che quel damerino potesse avere la possibilità di parlare male della mia ragazza. In più, come se non bastasse già il casino che si era creato, avrei dovuto dire a Sana che dovevo frequentare un tirocinio in uno studio di riabilitazione. Non sapevo come avrebbe preso la cosa, passavamo già moltissimo tempo separati a causa dell'università, e se lei avesse accettato il ruolo avremmo finito per non vederci praticamente mai. Comunque ero fiducioso, sapevo che la nostra relazione avrebbe potuto tutto quello e ben altro. Se ero riuscito a farle dimenticare quel damerino, allora potevo sopportare qualsiasi cosa.
Sentii dei rumori provenire dalla camera di Tsuyoshi e, con la mia tazza di caffè fumante, mi diressi verso la sua porta. Non credevo che Beth fosse così... passionale.
Bussai piano e, non ricevendo risposta, aprii la porta trovandoli addormentati. Probabilmente me li ero semplicemente immaginati. Avevo il cervello in autocombustione, pensavo di andare a fuoco da un momento all'altro. Dovevo parlare con Sana.

*

Mi sedetti accanto a lei, a fissarla mentre dormiva. Se si fosse svegliata in quel momento, mi avrebbe gridato di smetterla, odiava essere guardata mentre dormiva. Be, in realtà lei odiava essere guardata sempre, eppure per me era come un antidepressivo, mi aiutava a finire la giornata senza dare di matto. Qualche giorno prima avevo sentito mia sorella, mi aveva detto che la gravidanza procedeva bene e le avevo promesso di andarla a trovare in uno di quei giorni, insieme a Sana. Le guardai la pancia, appena scoperta, e immaginai di vederla col pancione. Incinta di un bambino mio e suo. Fino a quel momento non mi erano mai venuti pensieri del genere, non ero solito essere particolarmente attratto dalle donne incinte, anzi il più delle volte me ne tenevo alla larga, ma con Sana era diverso. Sarebbe stata mia, senza più modo di tornare indietro. Sarebbe stato come una prigione, ma non ero sicuro che lei si sarebbe lamentata. Certo, una gravidanza avrebbe interferito con il suo lavoro e, per quello, non potevo chiederle di fare un passo più lungo delle nostre due gambe messe insieme. E poi ci conoscevamo da così poco. Ci amavamo, veramente, ma non era comunque ora di pensare a un bambino. Magari in futuro, dopo un bel matrimonio. Oddio, stavo divagando. Lei non accennava a svegliarsi e io non riuscivo a farle da sveglia, mi piaceva troppo osservarla mentre era indifesa. Mi feci forza, cercando con tutto me stesso di prepararmi un minimo di discorso nella mente, obiettivo miseramente fallito, ovviamente.
«Sana...» la chiamai, accarezzandole piano l'addome. Era un punto sensibile per lei, quindi sapevo che avrebbe fatto effetto.
«Mmmmm...». Si stava svegliando.
«Avanti Sana, alzati e risplendi!». Mi gettai su di lei e presi a farle il solletico. Lei si svegliò immediatamente e cercò di scappare, ma l'afferrai senza sforzo e la immobilizzai sotto di me.
«Questo sarebbe il tuo buongiorno?». Scoppiò a ridere e cercò di nuovo di fuggire, ma io rafforzai la stretta e lei fu costretta a rimanere lì.
«Perfetto, ora che ho la tua attenzione dovrei comunicarti due cose.». Il suo corpo divenne immediatamente rigido sotto il mio. Doveva essere preoccupata.
«La prima: in vista della laurea dovrò partecipare a un tirocinio. Il professore che mi segue nella stesura della tesi mi ha consigliato un buon centro di riabilitazione quindi da domani dovrò cominciare ad andarci.».
La sua espressione cambiò immediatamente, nei suoi occhi si irradiò una felicità pura. Quella ragazza era così sfiancante. Un momento era in preda ad una gioia inverosimile, il momento dopo aveva le lacrime agli occhi.
«Ma questa è una notizia meravigliosa!!». Cercò di abbracciarmi ma non ci riuscì perchè aveva le mani bloccate dalle mie. Mi fiondai sulle sue labbra e le stampai un bacio che sembrò lunghissimo.
«Sono felice che tu sia entusiasta!».
«Bene, la seconda notizia?».
«La seconda notizia non è una vera e propria notizia.». Non sapevo come dirglielo, alla fine decisi che il modo più semplice era anche quello più efficace. «Devi accettare il ruolo in quel film.» affermai deciso. Era stato facile, con sette parole una dietro l'altra ero riuscito a dirglielo, ma dalla sua espressione capii immediatamente che lei non ne aveva intenzione.
«Akito, no.». Fu tutto quello che disse, mentre io volevo che parlasse, che si spiegasse.
«Se mi ami, lo farai.». Distolse lo sguardo, girandosi dall'altra parte. Poi cercò di divincolarsi di nuovo. «Non vai da nessuna parte, finchè non mi dirai che accetterai quel ruolo.». Io ero serio, nonostante tutte le mie insicurezze sapevo che era giusto che anche lei seguisse le sue aspirazioni. Ma lei non sembrava della stessa opinione.
«Non accetterò quel ruolo, mettitelo in testa e lasciami in pace.».
«Testarda!» gridai, lasciandole le mani.
«Sarò anche testarda, ma almeno mi risparmio mesi e mesi di notti in bianco per il nervosismo. Non ho intenzione di accettare quel ruolo, semplicemente perchè la vita cinematografica non m'interessa più. Troppa pressione, troppo stress. Io voglio una vita tranquilla.».
Le sue parole non ammettevano repliche, quindi decisi di non insistere ancora perchè avremmo finito col litigare seriamente e quella era l'ultima cosa che volevo. La nostra relazione andava a gonfie vele, almeno da quando eravamo arrivati in terza base, se così può essere chiamata, quindi non vedevo il motivo di creare problemi inutili.
In fondo, avevo ancora qualche settimana prima che i registi ritirassero la loro proposta, quindi mi serviva solo trovare il modo di convincerla e, anche se nessuno lo avrebbe mai detto, ero proprio bravo a farle fare ciò che volevo.

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