CAPITOLO 18. SAN VALENTINO.

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Pov Sana.

Sapevo che ciò che avevo in mente sarebbe stata una strada a senso unico, dovevo solo scegliere: dentro o fuori? Il mio cervello non era molto incline ad aiutarmi e il mio cuore invece sembrava troppo indirizzato su una strada che io non ero sicura di voler percorrere. Non c'era molto su cui riflettere, il 14 febbraio era alle porte e io avevo bisogno di far capire ad Akito che lo amavo, lo amavo davvero. Non volevo più avere paura, volevo che il mio terrore facesse i bagagli e mi lasciasse in pace. Volevo che fosse lui il primo. Volevo che fosse anche l'ultimo.
Non avevo fatto altro che programmare quella giornata nelle ultime settimane. Dopo che eravamo tornati dal nostro week-end apocalittico mi ero ripromessa di non deluderlo più, di mostrarmi sempre sicura del fatto che fosse lui quello giusto per me. E io lo pensavo davvero, lui era davvero quello giusto per me. Lo sentivo dentro ogni volta che mi sfiorava, anche inavvertitamente, quando mi guardava con quegli occhi d'ambra, profondi come l'oceano, quando la sua bocca si incurvava per regalarmi uno dei suoi sorrisi. Lo percepivo, era l'amore a farmi sentire in quel modo.
Ero certa di ciò che lui provava per me, solamente un uomo innamorato avrebbe potuto aspettare tanto prima di avere la propria fidanzata tra le lenzuola, e ormai erano quasi tre mesi che attendeva in silenzio, senza forzarmi, fermandosi quando glielo chiedevo, con un sorriso, come se non soffrisse da morire. Io, d'altro canto, non sapevo come fargli comprendere che le mie paure erano scemate, che ero sicura di voler affrontare questo passo con lui.
Avevo contattato Natsumi, il motivo non lo sapevo, ma le avevo chiesto aiuto, pregandola di trovare un modo di distrarre suo fratello e per allontanarlo da casa per quel giorno. Natsumi mi aveva detto che sapeva già cosa inventare, mi aveva salutato e mi aveva promesso la sua collaborazione. Non sapevo cosa pensare di lei, per tutto il tempo l'avevo considerata un mostro, per lo meno per come l'aveva dipinta Akito, ma mi rendevo conto sempre di più che in realtà era stata solo una ragazza immatura, con un dolore troppo grande per essere spiegato. Il giorno prima mi sentivo emozionata come una bambina alla vigilia di Natale, le carezze di Akito mi facevano rabbrividire sempre di più e non sapevo come controllare tutta quella agitazione.
«Natsumi ieri mi ha chiamato...» disse mentre eravamo comodamente distesi sul divano, a goderci la nostra tranquillità. Mi sembrava di vivere la vita di un'altra, era tutto troppo piatto, tutto troppo calmo e felice per essere la vita di Sana Kurata. Mi voltai a guardarlo, alzando il mento verso di lui e posandogli un leggero bacio sul mento. «E cosa voleva?», lui mi guardò torvo, aggrottando le sopracciglia e rivolgendomi uno sguardo pensieroso. Era ancora combattuto sul rapporto con la sorella, e per un attimo mi pentii di averle chiesto aiuto, ma probabilmente sarebbe stata anche quella un'occasione per vederli uniti.
«Mi ha chiesto di accompagnarla dal medico domani.. Deve fare la prima ecografia e suo marito non può esserci». Lo guardai per un attimo, mettendo il broncio per reggere il gioco. «Ma domani è San Valentino e io le ho detto di no.» disse subito lui, notando il mio sguardo. Io risi, mettendogli un dito sulle labbra. «Chiamala e dille che accetti. E' tua sorella e devi assolutamente esserci.». Lui mi rivolse uno sguardo interrogativo, incerto sul da farsi ma, alla fine, lo convinsi a chiamarla. Per un attimo avevo temuto che avrebbe rifiutato, gettandomi nel panico più assoluto perchè non avrei potuto trovare un altro pretesto per allontanarlo da casa sua.
«Ma ne sei sicura?». Annuii lentamente, stringendomi a lui in modo da sentire il battito del suo cuore. Era forte, sicuro, meravigliosamente armonioso e non volevo che un altro cuore battesse così per me. Mi concentrai su quel ritmo, beandomi della sua vicinanza e del suo calore. Volevo passare in quel modo tutta la mia vita, perchè nonostante il mondo sotto i riflettori fosse meraviglioso, niente valeva come quei momenti.

*

Quando me ne andai, spinta più dall'eccitazione che dalla paura, dovetti faticare molto per non rivelare ad Hayama i miei progetti. Il giorno dopo, a quell'ora, sarei già stata sua e non avrei più avuto paura. La paura è per i perdenti, mi dissero un giorno a scuola di recitazione. E avevano ragione, non avrei dovuto temere nulla, non con Akito.
Continuavo a convincermi mentalmente che la mia scelta fosse quella giusta, probabilmente non avrei potuto trovare altre ragioni per farlo e non volevo trovarne. Desideravo fare l'amore con lui e, anche se non ci fossero stati motivi razionali a spingermi tra le sue braccia, non avrei fatto altro che andare avanti col mio progetto. Sentivo dentro di me che era ora di mettere da parte tutto e di dedicarmi solo a pensare a cosa volevo davvero. E, l'unica cosa che desideravo più di ogni altra,era fare l'amore con Akito, fino a far fondere i nostri corpi per crearne uno solo...
Quando, il giorno dopo, Akito uscì di casa per raggiungere la sorella, non prima di avermi dato una scatola di cioccolatini e un bacio meraviglioso, il mio cuore stava per scoppiare.
Preparai tutto, in ogni minimo dettaglio, proprio come aveva fatto lui durante il nostro week-end. Avevo tenuto lontano Tsuyoshi, chiedendo a Beth di portarlo da qualche parte, perchè volevo la casa tutta per me e Akito. Misi le candele, rigorosamente alla vaniglia, visto che aveva imparato a riconoscere il mio odore, e posizionai ogni singolo petalo al centro del letto, formando un cuore. Per l'occasione avevo comprato un completino intimo nuovo, non uno dei soliti, ma qualcosa di speciale, con tanto di autoreggenti. Volevo essere speciale, per lui. Questo suo strano modo d'amarmi mi sorprendeva ogni giorno, voleva che prendessi più consapevolezza di me stessa, lui me lo aveva insegnato, standomi accanto e aiutandomi a credere nelle mie capacità. Provai per un attimo a immaginare la mia vita senza di lui, in un futuro che in quel momento mi parve così vicino, e sentii improvvisamente che il mio cuore stava accellerando il suo ritmo. Di quello, avevo una paura matta. Di svegliarmi, fra qualche mese, e comprendere che tutto quell'amore, tutto quel desiderio, tutta quella voglia di stare insieme, fossero andate via lasciandomi da sola. Immaginai per un attimo che non avrei più incontrato quegli occhi ambrati, maliziosi e dolci allo stesso tempo, e riuscii a stento a trattenere le lacrime. No, non sarebbe successo, non lo avrei permesso. Mentre torturavo me stessa con quei pensieri, mi misi ai fornelli, cercando di abbozzare una cena più o meno commestibile per noi due per poi preparare la tavola, con un tocco di eleganza tutta femminile. Indossai la mia gonna preferita, le scarpe col tacco appena comprate e una camicia di seta che ricadeva morbida sui miei fianchi appena in evidenza. La gonna a tubo fasciava perfettamente il mio corpo, lasciando poco spazio all'immaginazione, e per la prima volta nella mia vita mi sentii estremamente seducente. Sciolsi i capelli, sapevo che lui li preferiva liberi da qualsiasi acconciatura e andai nella sua camera per guardarmi allo specchio. Si, ero decisamente seducente.
Mi voltai a controllare che fosse tutto perfetto, allineai per bene gli oli profumati che volevo usare come preludio per la serata, cimentandomi come massaggiatrice. Tornai in cucina, guardai l'orologio. Sarebbe stato lì a momenti. Una sensazione sconosciuta mi invase lo stomaco, mettendolo in subbuglio e dimostrandomi che tutto ciò che avevo fatto, aveva avuto un'influenza assolutamente positiva su di me. Tornai a guardare le lancette. Tic, tac, tic, tac. Ogni rumore nella mia mente era fortemente amplificato, e mi sentii quasi sopraffatta da quello che stavo provando. L'attesa era estenuante. Ma, come diceva qualcuno, l'attesa del piacere è essa stessa il piacere.

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