Capitolo 10

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Lorenzo Rovere era scomparso dai suoi sogni; certe volte, aveva creduto fosse frutto della sua immaginazione. Eppure la sua forza era viva, vivida, presente, come lo era la realtà e un corpo in carne ed ossa, non soltanto la proiezione delle sue nostalgie o dei suoi sentimenti più nascosti. Fortunatamente, aveva abbastanza fiducia nelle sue capacità da saper distinguere cos'era in grado di fare – o riconoscere – la sua magia e cosa, invece, non era frutto dei suoi poteri. Quando c'era di mezzo Cesare, però, aveva paura di illudersi sempre troppo.

In quella settimana in attesa del venerdì alle Botteghe Oscure, tutto era rimasto sospeso in un silenzio carico di tensione. In quella pace sinistra, Lucrezia non riusciva neanche a chiudere un occhio; non voleva, né poteva distrarsi. Aveva la sensazione che, da un momento all'altro, sarebbe accaduto qualcosa, lo sentiva al centro del suo stomaco, un groviglio di nervi che la agitava. Dando ascolto alle parole di Arianna, per la prima volta stava semplicemente aspettando. Attendeva che fosse la verità ad arrivare da lei; doveva soltanto stare ferma. Era strano per lei, che aveva smosso e scosso mari e monti pur di trovare il principio delle cose. Abituata a prendersi tutto quanto, quando e come voleva, l'attesa era per lei una tortura. Stava sperimentando il lento, inesorabile, scorrere del tempo per la prima volta nella sua vita: capiva adesso perché taluni accostassero l'aggettivo "logorante" al termine attesa.

In mezzo al libro delle evocazioni teneva il foglio d'appunti. I diari non li aveva portati con sé. Una delle sue piante carnivore faceva da guardia al cassetto: chiunque si fosse avvicinato avrebbe perso una mano e, qualora fossero arrivati ad aprire i cassetti, sarebbero morti asfissiati.

‹‹Perché non mi dici più niente, Lorenzo Rovere?›› disse, ascoltando il vociare e le risate provenire dal mercato magico, mentre lei restava chiusa fra il suo tendone e i suoi artifizi, in attesa dei suoi clienti. ‹‹Dov'è nascosto tuo figlio?››

Ma dal vuoto a cui si rivolse non ricevette alcuna risposta, com'era prevedibile.

Cassandra fece il suo ingresso rumoroso interrompendo i suoi silenzi. Era su di giri, le guance arrossate, come le sue labbra. Aveva l'aria di chi aveva appena baciato qualcuno e sentiva di volare appena un palmo dal suolo per la gioia. La sua mano sinistra era intrecciata a quella di un'altra persona alle sue spalle, che riconobbe subito dal sorriso innamorato che rivolgeva alla ragazza davanti a lei.

‹‹Eccole qui, giovani, belle, innamorate...›› disse Lucrezia, ironica.

‹‹Quanto tempo, Lucrezia De Angelis, sei sempre così tenebrosa con il passare dei...mesi.›› scherzò Arianna, calcolando rapidamente quanto tempo avrebbe potuto essere trascorso dal loro ultimo incontro, senza intermediari, per renderlo più credibile a Cassandra.

‹‹Mi adatto al contesto.›› rispose Lucrezia. ‹‹Allora Cassandra, cerchi una copertura per svignartela da qui senza che nessuno se ne accorga?››

Lucrezia si accorse che anche quella volta Cassandra stava osservando il libro nero, particolarmente incuriosita e soltanto dopo diversi secondi di silenzio rispose: ‹‹Di certo non passeremo qui tutta la notte, ma siamo passate per rallegrati un po'. Quello è...un grimorio?››

‹‹Una specie, sì.›› disse Lucrezia, dicendo anche una parte di verità.

‹‹Deve essere interessante, non sento però una magia nostra provenire da lì. A chi appartiene?››

Arianna osservò Lucrezia senza sembrare allarmata, certa che Lucrezia fosse brava a tessere menzogne anche da sola.

‹‹Non ne ho idea, è quello che sto cercando di capire.››

I Sussurri delle Botteghe Oscure, vol. 1 "La Strega della Rabbia"Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora