Capitolo 17

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Matilde camminava svelta; la paura faceva rallentare i suoi passi. Per quanto volesse accelerare, si sentiva sempre troppo lenta, ed i suoi nemici alle calcagna. Era in preda al panico, mentre percorreva Via Giulia verso il Ponte Principe Amedeo Savoia Aosta.

Trovò Ettore da solo, appoggiato al corrimano, lo sguardo verso l'ignoto, sereno e al tempo stesso sempre così tetro. I suoi occhi castani persi nel vuoto, verso Castel Sant'Angelo.

Aveva le labbra poggiate all'anello d'argento che sanciva la sua alleanza con i cacciatori, pensieroso non si volse verso Matilde quando lei era vicina ad un passo da lui. Sembrava una di quelle statue che era frequente vedere a Roma in ogni angolo, statue che sembravano vive, che seguissero ovunque chiunque le osservasse. Il suo profilo sembrava scolpito, il suo naso leggermente arcuato, qualche ruga attorno agli occhi, le lunghe ciglia biondo scuro, come la sua barba e i suoi capelli.

Gli prese il viso fra le mani e lo guardò negli occhi, scorgendo tutta la sua preoccupazione.

‹‹La mia colpa...›› disse. ‹‹È quella di essermi innamorato di te.›› Matilde sentì il cuore spezzarsi e morse il labbro inferiore per lasciare che lui parlasse, senza ribattere. ‹‹Ho sempre amato te. Artemisia, invece, mi amava immensamente, così tanto che la mia famiglia non poté sfuggirsi una simile occasione. L'immenso potere di mia moglie era la mia arma, io ero solo intelligente: mia figlia Lucrezia è la mia punizione. Ha ereditato entrambi. Adriano non era come me, lei sì. Ho capito che non potevo piegarla come sua madre quando il demone è arrivato da noi.››

‹‹Questo è ciò che pensi: amarmi è un errore.››

‹‹Sì.›› disse lui, guardandola negli occhi. ‹‹Il più grande errore che io abbia mai commesso. Perché lei adesso ti ucciderà, ed io dovrò uccidere con le mie mani questa figlia maledetta e dannata che ho e che non riesco a non amare e che mi farà soffrire uccidendo colei che amo, come io ho fatto soffrire lei, torturando colui che lei ha nel suo cuore.››

A Matilde venne da piangere e non riuscì a fermare le lacrime. Non aveva mai pianto davanti ad Ettore, sentiva di essere debole se l'avesse fatto, che vedendola piangere lui la percepisse come Artemisia, quella maga che aveva avuto tutto e che non riusciva a farne niente.

‹‹Lei ti odia e sarà lei ad ucciderti se non mi ascolterai. Devi rifugiarti dai Guerra, ottenere la sua protezione e comunicare agli altri reali, al più presto, che siamo in guerra. Ormai credo che lei sappia già cosa abbiamo fatto e verrà a prenderti, Ettore, come ha sempre desiderato, non attendeva altro che farti pagare tutto ciò che hai fatto a Cesare.››

‹‹Mia figlia non doveva, non poteva, amare un demone e doveva pagarla anche lei per ciò che provava.››

Ettore accarezzò il volto di Matilde, le asciugò e lacrime e la baciò, abbracciandola, accarezzando la testa della donna al suo petto. Matilde si aggrappò all'uomo, accarezzando le sue spalle, stringendo la sua giacca blu. Gli baciò il collo e appoggiò la fronte al suo petto scoperto, accarezzando il suo volto stanco e la barba incolta che portava.

‹‹Enrico l'aveva già capito, di me e di te. Credeva che Ginevra fosse mia.››

‹‹No.›› disse Matilde. ‹‹Sono un'abile bugiarda, ma non avrei mai dato pene ai miei figli e non avrei mai avuto con te un figlio che non potevi amare alla luce del sole.››

‹‹Adriano...›› sorrise Ettore. ‹‹Era il figlio che volevi, vero? Lo invidiavi ad Artemisia, ti ho sentita, ti ho vista piangere quando è nato. Le sei stata accanto per questo...perché lei aveva me e tutto quello che a me era legato.››

I Sussurri delle Botteghe Oscure, vol. 1 "La Strega della Rabbia"Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora