Capitolo 18

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Look into my face, then look again

We are not the same, we're different

To tell your tales and fables, you couldn't wait

You need a new clean slate without the dents

A place to put your pain, your consequence

When you look into the mirror, are you even there?

(Bad Omens, Like A Villain)

Lucrezia si alzò, impugnando saldamente la spada che puntò alla gola di Matilde, costringendola ad alzare la testa e a guardarla, senza tentare di scappare:

‹‹Hai paura a guardarmi?››

Matilde aveva il respiro affannato, già stanca da quella confessione che doveva ancora essere pronunciata. Artemisia, impaurita, non capiva; Lucrezia ne seguiva i movimenti, le espressioni, i gesti nervosi che la madre compiva e non riusciva a credere come fosse così ingenua, come ciecamente si fidasse di quella donna da non dubitare, ancora.

‹‹Ti farò una domanda, è quella che ho rivolto in tutti questi anni a coloro che interrogavo e che non arrivavano a vedere la luce dell'alba di un nuovo giorno. Arianna, alle risposte a questa domanda, è sempre stata testimone. È la stessa che rivolsi anche ai nipoti di Ottavio Malaspina: chi c'era dietro le Guardie Nere che il tre febbraio di quattro anni fa fecero irruzione nel territorio dei reali, rapirono me e Cesare Rovere uccidendo mio fratello maggiore Adriano Vicario con sette pugnalate e diedero alle fiamme il casolare circondato dall'olio santo?››

In quel regolamento di conti fra sole donne, in cui nessun uomo poteva più legiferare, prendersi uno spazio o, ancora peggio, un potere che a loro non spettava, piombò un silenzio raggelante, una sentenza già pronunciata nella domanda.

Matilde guardò prima Ginevra, poi Artemisia. Arianna, che non sapeva, non si mostrò per niente sorpresa: la ragazza intercettò lo sguardo di Cassandra che la osservava come a capire quale fosse il suo ruolo nella storia. Ginevra tratteneva il respiro: la madre, di sicuro, conosceva cose che nessuno di loro conosceva.

‹‹Vorrai risparmiarmi la fatica di raccontare quello che c'è scritto in quei diari, vero Matilde? Tu conosci, molto bene, cosa raccontano quei diari.›› gli occhi di Lucrezia si spostarono su Ginevra, finora rimasta quasi invisibile per l'amica. Ginevra trasalì, i suoi occhi erano spalancati, per nulla lucidi. L'espressione nel suo sguardo era indecifrabile, non era dato capire se fosse sconvolta, spaventata o in uno stato di shock tale da non poter neanche piangere, per quanto volesse. ‹‹Ginevra...›› riprese Lucrezia, tramutando in dolcezza il tono della sua voce. ‹‹Mi hai detto che avresti perdonato le mie bugie, ma non la morte di tuo fratello a causa mia. Tua madre ha giurato di non perdonarmi, ma Edoardo non morirà a causa mia...ma a causa di tua madre.››

Ginevra sussultò. I suoi occhi saettarono sulla donna che cominciava a non riconoscere.

‹‹Te lo ripeto di nuovo, Matilde: chi ha venduto Cesare alle Guardie Nere? Chi ha tradito il segreto di mia madre?››

‹‹Io.›› disse. Artemisia barcollò, Ginevra afferrò il braccio di Cassandra per non cadere a sua volta, cercando un appiglio. Cassandra le strinse le mani come se fosse tutto lì il conforto che aveva da offrirle. ‹‹Ho portato Edoardo, con me, da Erode Guerra. Ettore era a conoscenza di tutto: non soltanto della natura di Cesare, ma anche della sua discendenza...››

‹‹Matilde...›› disse Artemisia, in lacrime. Lucrezia si addolorò per come il cuore della madre si stesse spezzando e lei ne fosse la causa, ma quelle lacrime le provocarono un brivido di malvagia soddisfazione e non riuscì a nascondere un sorriso sulle sue labbra. ‹‹Come faceva Ettore a saperlo, cosa significa...che hai portato Edoardo da Erode? Da quanto tempo Ettore sapeva?››

I Sussurri delle Botteghe Oscure, vol. 1 "La Strega della Rabbia"Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora