Capitolo 16

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Would she hear me if I called her name?

Would she hold me if she knew my shame?

(Bullet For My Valentine, Tears Don't Fall)


Dentro le porte era sempre buio; non vi era sole, né luce che non provenisse dal puro fuoco. All'interno del mondo sotterraneo dei demoni, sembrava vivere almeno due secoli addietro rispetto alla realtà. La riaccompagnò in superficie, utilizzando lo stesso metodo magico utilizzato per aprire le porte, risalire la scala circondata dal tenue fuoco che riportava al mondo vivo, umano. Lucrezia inspirò l'aria a pieni polmoni, come se fosse stata sepolta viva per sbaglio e si sentiva stanca come se avesse scavato la terra per rivedere il mondo esterno: era l'effetto della magia; nel suo cuore, voleva restare con Cesare, che la salutò con un lungo bacio, affidandola ai suoi tre Abissi più fidati, non degnando Viola di molte parole, ma impartendole solo degli ordini. La ragazza sorrise a Lucrezia, cordiale; quest'ultima sistemava bene le armi sotto ai suoi vestiti, per difendere sé stessa e i mezzidemoni, da eventuali assalti. Avrebbero comunicato tramite il fuoco e il sangue, dunque le raccomandò di dare presto sue notizie.

Rientrando in casa, Cesare ripensò all'espressione di Lucrezia quando la sua mano era scivolata via dalla sua, e la sentiva ancora calda come se fosse ancora con lui, lì a stringerla. Era calma e glaciale, le labbra violacee come chi era rimasta imprigionata nel ghiaccio, ma Cesare – che la conosceva bene – sapeva perché il silenzio di Lucrezia fosse spaventoso: stava già pensando al momento in cui avrebbe stretto Matilde fra le sue mani, da dove non sarebbe più potuta scappare.

Arrotolò le maniche della camicia fino ai gomiti, portò con sé un pugnale in ferro. In tutta la casa riecheggiavano solo i suoi passi e sentiva di essere osservato da quando Lucrezia era entrata: forse, come aveva detto, aveva portato con sé la presenza di suo padre.

Arrivò in fondo al corridoio: al muro, appese ad un gancio, c'era una chiave nera. La rigirò in una serratura e si aprì un altro corridoio.

Due candelabri illuminavano quella prigione, stretta e profonda, nascosta nel vuoto di una casa sotto metri e metri di terra dalla superficie terrestre. Il cigolio delle catene che tenevano le braccia del prigioniero, gli fecero capire fosse ancora vivo. Due Abissi, un uomo e una donna, controllavano l'uomo che Cesare teneva in quella prigione dove i Rovere tenevano i loro nemici e ne facevano la loro tomba. Diede loro ordine di andare con un cenno del capo e i due annuirono, con le mani dietro la schiena. Cesare richiuse alle sue spalle il passaggio e sfoderò il pugnale che puntò al mento dell'uomo costringendolo a sollevare la testa ciondolante.

Edoardo Castellani aprì i suoi occhi verdi, fulminandolo con uno sguardo carico di odio. Aveva addosso soltanto i pantaloni, sporchi di sangue blu e argento: era stato privato delle sue scarpe, dei suoi anelli, della sua maglia color senape. La ferita al ventre non era profonda. Cesare aveva utilizzato qualsiasi strumento in ferro per obbligarlo a parare, per confermare quello che da anni desiderava chiedere ad Edoardo; per quanto si odiassero, anche Cesare non lo credeva capace di essere così cattivo.

Ripensando al cuore spezzato di Lucrezia, dopo averle rivelato chi fossero i traditori della storia, Cesare sentì la rabbia montargli addosso e mentre Edoardo aprì bocca per parlare Cesare gli strinse il viso fra le mani e gli strinse la gola con l'altra mano:

‹‹Dovresti ringraziarmi: non le ho detto dove ti ho nascosto per rimandare la tua morte ancora un po'.››

Edoardo sentiva l'odore forte del sangue nel respiro di Cesare, il suo addome indurirsi temendo la lama che il demone impugnava gli trafiggesse lo stomaco, proprio come all'improvviso avrebbe potuto affilare gli artigli, vedere le sue braccia diventare nere, e strappare gli organi dal suo corpo. Contraeva ogni singolo muscolo per lottare contro la paura, per la sopravvivenza.

I Sussurri delle Botteghe Oscure, vol. 1 "La Strega della Rabbia"Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora