Capitolo 12

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Le parve di dimenticare i nomi e le strade della città dove era nata e cresciuta; l'ansia le annebbiava la vista e le contorceva le stomaco. Diversi pensieri le affollavano la mente, come voci che si sovrapponevano fra di loro, rendendola fin troppo distratta. L'Hellfire Shrine poteva essere davvero l'ingresso per gli inferi dal quale Lucrezia avrebbe potuto non uscirne mai più.
Si sentiva insicura e l'insicurezza le provocava quell'emozione più simile alla paura che le faceva tremare le braccia e le gambe.

Per l'occasione aveva deciso di indossare il suo abito più bello, un vestito verde scuro e lungo fino alle punte dei suoi stivali neri, con le maniche ampie, lunghe e velate. Le lasciava la schiena scoperta, a partire dalla nuca. Al collo, rispendeva una collana con un ciondolo d'ossidiana, in contrasto con la sua pelle candida. Sotto quei vestiti nascondeva un arsenale di armi, stavolta non soltanto in ferro: due daghe, una d'argento, erano nascoste negli avambracci; quattro pugnali, due d'argento e due di ferro, nascoste nelle fibbie dei suoi stivali, alla coscia. Di sicuro, qualsiasi cosa sarebbe accaduta, non avrebbe usato soltanto il potere dei suoi occhi, non poteva ucciderne così tanti senza rimetterci, non l'aveva mai fatto prima e non avrebbe rischiato di farlo con i demoni, ora.

Per quanto non amasse l'argento addosso, non poteva neanche affidarsi ai soli fermacapelli: doveva essere armata, fino ai denti. Tuttavia, non perse la sua eleganza. Bella com'era come dono di natura, con il rossetto lucido e rosso che le ravvivava le labbra, sentiva di dover essere bellissima, quantomeno pari al fascino dei demoni. Dovevano percepirla come una loro pari, ma camuffare l'insicurezza con la bellezza stava funzionando poco. Quel tipo di ansia sconosciuta più volte le aveva suggerito di fare dietrofront e scappare a gambe levate.

In ogni caso, se fosse stato quello il giorno da aggiungere alla sua data di nascita, allora doveva lasciare un solo, indelebile ed incantevole, ultimo ricordo.

Prima di entrare all'Hellfire Shrine si guardò attorno: era affollato abbastanza già dall'ingresso e se ne restò in disparte, ad osservare bene chi aveva davanti, finché non avessero smaltito la calca. Sistemò la frangetta, strinse lo chignon con i fermacapelli un'ultima volta, ricordandosi di tutti i motivi per i quali non poteva morire proprio quella notte e perché, in fondo, sarebbe stato proprio un peccato morire essendo così belle.

A passo svelto si avviò verso l'ingresso. Due demoni, alti e grossi, le sbarrarono la strada. Mentre gli umani credevano che quello dei buttafuori fosse soltanto un travestimento, dai loro occhi, completamente neri, Lucrezia realizzò che quelli erano i demoni che non aveva mai visto prima, i demoni sentinella, che eseguivano soltanto gli ordini. Tutti i dipendenti lo erano, se ne accorse poco dopo, quando entrò nel locale e al bar i cocktail serviti dai demoni sentinella agli umani erano veri e proprio mix di morte per non farli uscire vivi da lì.

I demoni non avrebbero ucciso tutti: soltanto quelli che servivano. Fortunatamente, non erano sempre affamati. Bastavano uno o due pasti al mese, l'equivalente di una cinquantina di vite, corpi ed anime. Tirando le prime somme, pensava Lucrezia, c'era il rischio di dimezzare tutto il pubblico. Tra la folla c'erano anche demoni purosangue; si volsero tutti all'ingresso di Lucrezia.

Lucrezia li osservò fugacemente, senza soffermarsi troppo nei loro sguardi. Trovare la ragazza che le aveva consegnato la busta e i due che le avevano fatto da scorta era pressoché impossibile.

Hellfire Shrine era un locale buio e stretto, con un grande palco al centro e altri due ingressi al piano superiore. Alcuni tavoli ed un bancone facevano da bar; vi si radunarono alcuni amici che ridevano e scherzavano fra loro animatamente. Lucrezia vide i loro sorrisi spegnersi quando si accorsero di lei, iniziando a mormorare. Si irrigidirono, diffidenti; nei loro volti apparve un'espressione simile alla paura. Altri, invece, le mostravano il passaggio fin sotto al palco. La folla si divideva al suo passaggio come se l'ospite d'onore fosse lei. Si sentì a disagio, un disagio che preannunciava la necessità di dover tenere gli occhi aperti e alzare la guardia; si sentì più sicura quando l'elsa del suo pugnale arrivò fredda fra le sue dita, come se qualcuno le stesse stringendo la mano, pronto a rassicurarla.

I Sussurri delle Botteghe Oscure, vol. 1 "La Strega della Rabbia"Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora